Strada facendo si è sgonfiato molto, il processo contro i manifestanti arrestati per gli scontri al corteo No Expo del primo maggio a Milano.
Un imputato è stato completamente prosciolto dopo aver passato sei mesi agli arresti (metà in carcere, metà ai domiciliari). Come già spiegato qualche settimana fa, era stato fermato dalla polizia addirittura prima della manifestazione, perché privo dei documenti. Dunque aveva il più blindato di tutti gli alibi (era in questura!), ma questo non aveva impedito ad alcuni funzionari di “riconoscerlo” come autore di una serie di azioni e di scriverci pure un rapporto sopra…
Un colpo molto serio, dunque, alla serietà delle indagini. Questo non ha impedito al gup Roberta Nunnari di condannare a 3 anni e 8 mesi Andrea Casieri (è ancora detenuto in carcere) con la concessione delle attenuanti generiche e per i reati di devastazione e incendio, resistenza a pubblico ufficiale e travisamento. Ma se guardiamo alla richiesta abnorme dell’accusa (per lui erano stati chiesti 5 anni e 8 mesi) si nota come ci sia quasi un dimezzamento rispetto alle richieste.
Casieri è peraltro l’unico per cui l’accusa di “devastazione e saccheggio” sia stata accolta in sentenza. Per altri due manifestanti sono arrivate pene fino a due anni e due mesi per il reati di resistenza a pubblico ufficiale. Si vedrà in appello se anche queste condanne resteranno tali.
Gli avvocati difensori Eugenio Losco, Mauro Straini, Luigi Pelazza e Niccolò Vecchioni, hanno espresso soddisfazione per l’esito del processo, mentre la Procura ha accolto, comunque, positivamente il riconoscimento del reato di devastazione nel processo. Una condanna di “mediazione”, per non stroncare del tutto l’operato della polizia e dei magistrati dell’accusa. Non certo il trionfo della giustizia…
Un quinto manifestante, milanese, è ancora latitante, mentre nello stesso blitz erano stati arrestati ad Atene anche cinque anarchici greci per i quali la Grecia, però, nei mesi scorsi non ha concesso l’estradizione non riconoscendo, in sostanza, il reato di devastazione e quella che l’autorità giudiziaria greca ha ritenuto un sorta di “responsabilità collettiva”.
Singolari e “creative” le condanne al risarcimento per Unicredit (che era parte civile per due filiali danneggiate), ma soprattutto il risarcimento per “danni di immagine” per il Ministero dell’Interno, che era parte civile e che aveva chiesto 300mila euro (ne ha ottenuti “solo” 15.000).
Restiamo in attesa di sapere in cosa consista il “danno di immagine” per un ministero di polizia. A noi sembra che l’episodio dell’innocente accusato di “azioni violente” in strada, nonostante fosse già in stato di fermo in questura, sarebbe sufficiente a distruggere l’immagine di un dicastero anche meglio messo di quello guidato da Alfano.
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