Ben più importante della decisione presa dalla Sindaca di Roma di rinunciare alla candidatura olimpica, è stata la presentazione del progetto di Industria 4.0 da parte di Renzi e del ministro Calenda.
Ancora una volta, su questo tema del tutto decisivo rispetto al futuro del Paese, siamo su di una strada completamente sbagliata.
Ci si balocca di nuovo con i super – ammortamenti e le detrazioni fiscali a uso delle imprese senza entrare minimamente nel merito di un minimo di programmazione industriale rivolta ai settori manifatturieri nei quali l’Italia è ormai da tempo del tutto carente.
E’ assente del tutto un’ipotesi – almeno – di programmazione industriale, ci si rivolge a settori nei quali l’innovazione tecnologica ha camminato ben oltre a quanto individuato dai nostri sapientoni : soprattutto un’innovazione tecnologica fine a se stessa, mancando i settori industriali di riferimento.
Quando si legge, da parte del presidente di Federacciai, che l’Italia ha una produzione insufficiente di laminati piani, quando il Governo lascia morire Alcoa principale produttrice di alluminio, quando ci si accorge che i destini della Piaggio, massima industria aeronautica , sono in mano a sceicchi del Dubai ovviamente incuranti di quello che doveva essere lo strategico trasferimento da Finale e Villanova d’Albenga, eseguito in vista di nuovi livelli di produzione, si hanno soltanto piccoli esempi della drammatica situazione in atto.
Ci si trascina ancora nel novecentesco dilemma tra lavoro e ambiente: dall’Ilva di Taranto alla Tirreno Power della martoriata Vado Ligure, mentre a 15 anni dalla chiusura i lagoon dell’ACNA di Cengio sono ancora lì intatti a testimoniare non solo la mancata bonifica ma ciò che è stato e ancora è nel disastro del capitalismo italiano.
Una situazione , quella della nostra industria, che può essere affrontata soltanto attraverso la messa in campo di investimenti pubblici rivolti ai settori strategici nei quali siamo drammaticamente carenti: investimenti accompagnati da una seria e rigorosa programmazione industriale.
Investimenti non rivolti, attraverso gli incentivi, a fare in modo che come al solito la centralità delle imprese come riceventi dei benefici non si risolva (com’è stato ed era facilmente prevedibile) con il job act attraverso il classico “prendi i soldi e scappa”.
Non si vive di speculazione edilizia, turismo, agricoltura (in questo campo si sono illusi un po’ di ragazzi attirati dal ritorno alla vita nei campi: la terra è bassa si diceva un tempo e , in questo quadro, la redditività reale è sottozero.)
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