Se i suoi spin-doctors gli avevano consigliato di separare il referendum dal suo governo, forse non si erano spiegati bene. L’apertura della campagna referendaria per il Sì di ieri sera all’Obihall di Firenze è il solito one-man show a cui Renzi ci ha già abituato.
Un migliaio di persone per ascoltare l’ex-sindaco, segretario del partito, premier e primo portavoce della riforma costituzionale. Certo non tanti dato che Renzi “giocava in casa” e ci si aspettava il pienone, come dimostra il divertente retroscena filmato da Repubblica in cui vengono portate via dalla sala intere file di seggiole altrimenti destinate a rimanere poco scenograficamente vuote. Se sono segnali di una progressiva disaffezione verso il premier e il governo è ancora presto per dirlo, ma sicuramente le sparate di questi ultimi giorni (tra cui l’evergreen di ogni sparata governativa dal 1864 a oggi: il ponte sullo stretto!) non stanno giovando alla causa “riformista”.
Giusto nella mattina Renzi parlava di conquistare i voti di destra parlando nel merito dei contenuti del referendum, un’affermazione totalmente contraddittoria nei suoi stessi termini, in quanto a rigor di logica se la riforma costituzionale si spiegasse così bene da solo i suoi supporter non sarebbero certo divisi fra destra e sinistra. Il governo, i giornali ma anche molti intellettuali “neutri” sbraitano che una riforma costituzionale è troppo importante per legarla alla tenuta o caduta di un governo, e che bisogna studiarla, discuterla e infine votarla proprio nel merito.
Questo merito appare però raramente nello spettacolo fiorentino, nel cui flusso di coscienza rientrano i funerali di Peres, la legge elettorale, le solite stoccate contro D’Alema, le strumentali critiche all’Europa e lezioni di geografia a Di Maio, dal pulpito di uno che confonde l’eccidio nazista di Marzabotto con una battaglia.
Tutto finisce nel calderone mediatico di Matteo, fino alle sue vecchie foto di quando era sindaco di Firenze, evidentemente anche quelle saggiamente proiettate per “spersonalizzare” il referendum.
Il merito della riforma viene quindi schiacciato nei due video-spot elettorali presentati alla fine del comizio: un’anziana signora che continua a ripetere che si vota sì, se no non cambia niente, e un bambino che chiede all’Italia di cambiare, perché da grande vuole diventare un inventore ma non vuole emigrare, scenetta che richiama – più che le reali lotte dei giovani che si oppongono al furto dei cervelli – un noto sketch di Maccio Capatonda.
L’apertura di Firenze sarà solo la prima di tante tappe che vedranno Renzi girare l’Italia per spiegare la bontà della riforma. Spetterà dunque anche al fronte del NO adeguarsi alla campagna referendaria: se volere continuare a sbugiardare soltanto le falsità che vengono detti sui singoli articoli costituzionali o se impegnarsi per smontare l’intero castello di carte, fatto di minacce e terrorismi vari anche da parte di istituzioni straniere e internazionali, in cui il governo sta cercando riparo insieme alla sua maldestra riforma costituzionale.
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