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1/ Chi vuole spostare la Capitale a Milano? Le campagne stampa contro Roma Capitale

Qualcuno spinge per spostare la Capitale da Roma a Milano? Possiamo liquidarla come un battuta dell’ex sindaco Pisapia di due anni fa, alla quale replicò con algida indulgenza l’ex sindaco Marino. Spostare la Capitale da Roma a Milano sarebbe invece una questione da non liquidare come l’eterna competizione campanilista tra la capitale storica e quella economica. Per un periodo, fino al 1992, Milano volle fregiarsi anche del titolo di “Capitale morale” del paese fino ad essere travolta dall’inchiesta su Tangentopoli. Per anni dunque non se ne è parlato più. Ma da almeno un paio d’anni, il partito dello spostamento della Capitale a Milano ha ripreso vigore.

Le prime reazioni, come di consueto, sono quelle tese ad ignorare il problema, le seconde quelle tese a deriderlo, le terze sono quelle che mettono in moto il combattimento. A fiuto possiamo dire che siamo in una fase intermedia tra le seconda e la terza. Il motivo? Quello economico innanzitutto, ma c’è anche una narrazione ideologica che ha molto a che fare con i tempi che corrono. Eppure, ad esempio, moltissimi hanno completamente sottovalutato il processo di ristrutturazione istituzionale introdotto con le Città Metropolitane nelle principali città italiane. Gli effetti verranno avvertiti non subito ma neanche troppo in là in termini di poteri decisionali, meccanismi elettivi, gestione delle risorse.

La vicenda della giunta Raggi è diventata, suo malgrado o “a sua insaputa”, paradigmatica dell’offensiva tesa a spostare la Capitale da Roma a Milano. Sta diventando ormai evidente come dietro l’attenzione spasmodica alle vicende della giunta e della sindaca, si stia delineando qualcosa di più e di peggiore. Certo c’è anche la voglia di ricatto e/o ritorsione dei costruttori e dei comitati d’affari che hanno visto sfumare prima le Olimpiadi e oggi vedono uno scontro durissimo sulla speculazione Stadio/Tor di Valle, diventato una sorta di spartiacque sul futuro della città con un valore simbolico a metà tra la Tav in Val di Susa e l’Expo di Milano.

Ma negli attacchi sulla incompetenza o inconsistenza della giunta Raggi c’è anche qualcos’altro, c’è il palese obiettivo di dimostrare l’inadeguatezza di Roma a svolgere la funzione di Capitale europea e di città globale.

Il fuoco di fila è iniziato poco prima dell’avvento al governo cittadino del M5S. L’artiglieria pesante sono stati i giornali della “borghesia del nord” come Corriere della Sera, La Stampa e Milano Finanza. Ma non solo. Ad esempio un recente servizio de L’Espresso ha aperto il fuoco cosi: “Roma è davvero (come diceva Cavour) «necessaria all’Italia»? E se invece ci decidessimo a portare la capitale a Milano? Il tema è antico, e non sempre sono state le menti più scelte a sollevarlo. Ma da qualche tempo è impossibile eluderlo. La catastrofe dell’amministrazione di Virginia Raggi, la voragine del debito e l’indegno abbandono in cui la Capitale versa da anni rendono inevitabile quella domanda”. Subdolo ma prevedibile, anche in questo caso, il ricorso al cosiddetto “vincolo esterno” cioè la dimensione europea. Scrive infatti l’Espresso che “Classifiche o non classifiche, però, sta di fatto che Roma stride in modo cocente non solo con una quantità di capoluoghi italiani, ma con tutte le capitali dell’Europa occidentale, e anche centrale”. (1) Roma dunque non può più reggere il confronto con le altre capitali dell’Unione Europea.

Ad aprile 2016 , uno dei commentatori più angloliberal del Corriere della Sera, Beppe Severginini, aveva usato come cavallo di troia il New York Times per porre l’interrogativo “E’ Milano la vera capitale d’Italia?”. La risposta alla domanda era ovviamente affermativa. “I milanesi pensano che la loro città sia il vero faro dell’Italia, diventata, nel giro degli ultimi anni, una calamita irresistibile per i giovani da tutto il paese che arrivano in massa per lavorare nel design, nei media, nella moda e nel campo del cibo” scriveva Severgnini

A giugno era la stata la Brexit, con la fuoriuscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna, a solleticare l’euforia della Fondazione Pirelli secondo cui la nuova “city”, la piazza finanziaria della Ue, poteva e doveva diventare Milano, anzi che questa doveva puntare i piedi con Roma per farsi riconoscere come “Città Stato”.

A ottobre invece era stato il quotidiano economico Milano Finanza ad aprire il fuoco usando come copertura le considerazioni di un chef executive officer di un fondo di investimento statunitense: “La Capitale non ha più da anni sistema bancario (tranne BNL che però dipende da una banca francese) e si assiste a un esodo degli imprenditori romani verso Milano. Roma non ha più industria: 20 anni fa la città esibiva un tessuto industriale e finanziario poderoso. Oggi è rimasta qualche sede legale e qualche unità produttiva malconcia. Non dispone di una rete di servizi e trasporti in grado di reggere l’impatto degli abitanti, di decine di milioni di turisti, e dei businessman e uomini politici costretti a venire a Roma. Per fortuna Fiumicino ha fatto giganteschi miglioramenti negli ultimi due anni, ma non basta” (2)

Un elenco di motivazioni molto materiali e molto legate al mondo del business da cui si lascia emergere la necessità di spostare a Milano le funzioni strategiche del comando del paese: “In questi anni si assiste a un trasloco silente di cultura, imprenditorialità, economia, tecnologia verso Milano e oggi anche di famiglie normali che  ragionano dicendo “meglio andare a vivere a Milano”.

Più recentemente è stato il Corriere della Sera, l’esecutore seriale di questa lobby per lo spostamento della Capitale a Milano, a prendere spunto dal trasferimento di Sky da Roma per scrivere in un editoriale: “Diciamo la verità: se oggi doveste decidere fra Roma e Milano per la sede di una grande azienda, scegliereste una città disastrata, insicura e senza trasporti, o una metropoli europea efficiente e ordinata? Per com’è conciata oggi, Roma può attirare al massimo un turismo sempre più accattone: di sicuro non il cervello di una grande multinazionale” (3).

Puntuale come un orologio ( come lo è era stato Pisapia) anche il sindaco milanese Beppe Sala, prendendo a pretesto il trasferimento di Sky,  ha sottolineato la ragionevolezza del trasferimento a Milano anche della Rai: “invito tutti a considerare Milano il territorio più adatto per portare qualità” ha detto ai giornalisti.

E’ evidente come lo spostamento della Capitale da Roma a Milano porterebbe con se anche i finanziamenti statali previsti. Qualcosa del genere è già accaduto di recente con la Legge di Stabilità approntata dal governo Renzi (e approvata da quello Gentiloni) in cui la Regione Lombardia si è vista arrivare cospicui finanziamenti proprio per rafforzare quel modello di integrazione economica ed ideologica di quel pezzo di Italia alla dimensione europea, anche a scapito del resto del paese.

Spostare la Capitale da Roma a Milano sarà innanzitutto una operazione ideologica fondata su presupposti economici. Sarà parte di quella ristrutturazione complessiva delle istituzioni e dell’apparato statale che il processo di gerarchizzazione multilivello dell’Unione Europea va imponendo a tutti gli stati membri, in particolare a quelli che vorranno stare nel nucleo centrale della Ue a due velocità. Nulla di campanilistico o di competizione tra risotto e amatriciana. La posta in gioco potrebbe essere più alta e rognosa di quanto oggi sia visibile. E le cose oggi ancora non visibili o conclamate, non vuole dire che non siano vere.

(Fine della prima parte, segue)

Note:

  1. Espresso 11 gennaio 2017.
  2. Milano Finanza 19 ottobre 2016
  3. Corriere della sera 15 gennaio 2017
  4. New York Times 26 aprile 2016

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