Proviamo a mettere in fila i ragionamenti che ci spingono a segnalare la tossicità di questa ipotesi di spostamento della Capitale da Roma a Milano.
Abbiamo già detto della battuta di Pisapia dell’aprile 2015. Poi è venuto il modello Expo a indicare nella metropoli milanese un modello sociale e ideologico fondato sulla modernità, la competitività e l’obbedienza alle leggi del decoro, sia umano che urbano. La ripulitura delle scritte contro l’Expo dopo la turbolenta manifestazione del 1 maggio e la predisposizione al lavoro gratuito concretizzata dall’Expo, indicavano nella città un habitat sociale più normalizzato e cooptabile sui parametri fondanti del modello ordoliberista europeo. Un contesto sociale assai diverso da quello rabbioso, resiliente e disincantato della Capitale.
Ma a chi storce il naso sui molti mali di Roma, occorre rammentare le ridotte dimensioni del Comune di Milano rispetto a quelle del comune capitolino, tra l’altro del tutto deregolamentate. La “gentrificazione” di Milano inoltre è avvenuta già da anni. Uniche eccezione le strade degli immigrati di vecchio e nuovo insediamento. Il prodotto è un serbatoio sociale e politico di consenso all'ideologia e agli interessi delle classi dominanti. Lo stesso riscontrabile nei Municipi I e II di Roma, gli unici su diciotto dove il Pd o il SI al referendum di dicembre hanno vinto, esattamente come avvenuto nel comune di Milano.
Ed anche in termini delle spese che i Comuni destinano ai servizi per i loro abitanti è evidente la divaricazione tra Roma e Milano. Il Comune di Roma negli ultimi 18 anni ha realizzato una spesa corrente media pari a 1.200 euro/abitante contro i 1.400 di Milano (1.600 euro contro 1.900 negli ultimi 5 anni).
In alcuni settori questo è particolarmente evidente: nel trasporto pubblico locale, la spesa media di Roma negli ultimi 5 anni è stata di 260 euro/residente contro le 580 di Milano, mentre nel settore mense e servizi scolastici il rapporto è stato di 28 euro/residente a Roma contro 49 di Milano (1)
C’è poi la “Milano vicino l’Europa” come cantava Lucio Dalla, e qui ci avviciniamo di più al bersaglio grosso della ipotesi in discussione.
Da tempo è infatti in corso un processo di profonda ristrutturazione delle aree metropolitane e non solo in Italia. Il modello indicato è quello delle “città globali” pronte ad attrarre e smistare investimenti e flussi finanziari e reti di servizi avanzati. David Harvey e Mike Davis hanno scritto su questo libri di straordinario interesse (2).
Sono ormai numerosi e confermati i dati che dicono come siano le metropoli ad essere diventate il centro propulsore dell’economia capitalistica nella fase della globalizzazione. La preponderante dimensione finanziaria del capitalismo produce una ricerca spasmodica di spazi e occasioni su cui valorizzare l’enorme liquidità cartacea oggi a disposizione. Le città, il loro suolo, i loro flussi, i loro servizi, diventano così un terreno di caccia per banche, fondi di investimenti e multinazionali, le quali spingono per mettere a valore anche il verde pubblico, i rifiuti, gli asili e quant’altro. In pratica si va materializzando una vero assalto e saccheggio ai residui del welfare state anche locale.
L’Unione Europea, ha accentuato enormemente i processi di concentrazione e verticalizzazione dei centri economici e dei luoghi decisòri. Le città devono dunque funzionalizzarsi a questo spiriti dell’epoca. Se in una Unione Europea a due velocità l’Italia vuole essere magari “ultima tra i primi” piuttosto che “prima tra gli ultimi”, non può che dotarsi di una città globale per stare nella competizione. In tale processo, le disuguaglianze sociali nelle metropoli si vanno drasticamente accentuando, anche a livello europeo (3)
Ma l’Italia ha dimostrato più volte di essere un paese fortemente asimmetrico, con una parte di essa (Lombardia, Emilia, un po’ di Piemonte e di Nordest) più integrate nel processo di concentrazione produttiva, finanziaria, tecnologica europeo, e il resto del paese assai più arretrato. Milano resta saldamente sul podio della classifica delle città più smart d'Italia. A dirlo è il rapporto ICity Rate 2016, lo studio realizzato sulle città “intelligenti”. La seconda città è Bologna di cui viene apprezzata la qualità della “governance” (sic!).
Scrive il rapporto ICity che “Nella dimensione Economy il capoluogo lombardo si distanzia dalle altre città in maniera decisa: è il luogo con il più alto valore aggiunto pro capite, la maggiore intensità brevettuale, la principale sede di imprese di grandi dimensioni, e ha visto nascere negli ultimi anni il maggior numero di Fablab e maker space. Gli artigiani digitali scelgono Milano, e soprattutto la città sceglie di investire su un modello nuovo di innovazione urbana che sposta l’asse della strategia di sviluppo verso forme nuove di economia collaborativa e social innovation; un modello che si realizza attraverso la concessione di spazi, il sostegno economico a progetti e imprese, la creazione di reti di innovatori e la definizione di nuove ed articolate politiche urbane”. (4)
E il resto del paese? Anche a causa dei continui e profondi tagli alla spesa e agli investimenti pubblici, comincia a pesare una arretratezza oggi accentuata dalla recessione ma anche dai disastri naturali che si sono abbattuti su quell’Italia centrale dei mille e bellissimi borghi ripetutamene devastati dal sisma e destinato allo spopolamento. E poi c’è il Meridione dove tutti gli indicatori produttivi e sociali sono precipitati e ormai si assiste una nuova ondata migratoria verso le città del Nord Italia, ma soprattutto verso il Nord Europa (5)
Ma occorre segnalare come ormai il Meridione si stia allargando come condizione materiale di esistenza e sovrastrutture anche al centro del paese, fino a inglobare Roma, la Capitale.
(Fine della seconda parte, segue)
vedi la prima parte: Le campagne stampa contro Roma Capitale
Note:
- Dati del gruppo Audit sul debito comunale di Roma, Decide Roma
- David Harvey: Il capitalismo contro il diritto alla città; Mike Davis: Le città morte
- Coesione sociale e competitività in sei città europee, Politecnico Milano 2010
- Rapporto ICity Lab 2016
- Rapporto Migrantes 2016
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