Ho posto alcune domande a Stefano Giordano, Vigile del Fuoco e militante sindacale dell’USB eletto nelle scorse elezioni amministrative genovesi come consigliere comunale tra le file del Movimento 5 Stelle.
I quesiti riguardano alcuni punti relativi all’operato della giunta di centro-destra che governa la città e alcune significative battaglie che sono state condotte – dentro e fuori le sale di Tursi – su diverse questioni.
Il sindaco Bucci con piglio manageriale e fare decisionista ha posto per ora una pietra tombale sulla vendita dell’azienda partecipata che gestisce la raccolta ed il ciclo dei rifiuti Amiu. Il tentativo di privatizzarla, svendendola ad Iren era stata l’ultima pervicace battaglia persa della precedente giunta di centro-sinistra. Una ipotesi che si era scontrata contro la mobilitazione dei lavoratori e una efficace opposizione all’interno del consiglio comunale. Il quadro catastrofico che aveva ipotizzato la precedente giunta Doria per questa azienda municipalizzata non si è quindi realizzato, puoi farci una sintesi del comportamento dell’attuale giunta su Amiu?
Il comportamento dell’attuale giunta è stato quello di proporre-imporre un’unica soluzione per risanare il debito che il Comune ha con Amiu spalmando in dieci anni senza avere un piano di rientro, con un finanziamento a medio termine, dando un po’ di ossigeno immediato con 12 milioni di euro.
Sinceramente ho vissuto prima una giunta Doria blindata da poliziotti e celerini a Tursi nella votazione della delibera Iren Amiu dove si voleva far entrare un soggetto “privato” definitivamente nel business della “rumenta”, oramai trasformata in monete quotate, poi una giunta Bucci che impone scelte vincenti agli occhi del cittadino con il mantenimento del pubblico, ma alle porte ci sono forti dubbi sulla privatizzazione di alcuni rami di Amiu sotto la copertura di “investimenti privati”.
Mi sarei aspettato un rilancio della differenziata con un piano industriale serio che riporti dignità alla nostra amata “Superba”, invece – per ora – ho solo visto un debito nel debito grigio che colora tutti i giorni l’aula rossa.
Inoltre l’aver “regalato” ai cittadini una marchetta con l’abbassamento della quota oraria parcheggi “blu”, una azione di “pubblicità e regresso” che non guarda al futuro con un progetto di trasporto pubblico innovativo che migliori le condizioni di vivibilità è un segnale politico che evidenzia le volontà di una giunta che antepone l’immagine alla sostanza.
Il 31 agosto prima della sospensione del consiglio comunale il Movimento 5 stelle ha presentato un ordine del giorno, votato da tutti i capi gruppo e poi approvato dal consiglio stesso, con li quale è stato impegnato il sindaco ad attivare una serie di misure riguardo alla prevenzione e alla gestione di micro e macro calamità naturali sul territorio. Una delle questioni principale è la proporzione tra Vigili del Fuoco ed abitanti che a Genova sono 1 ogni 14000 abitanti contro una media europea di 1 ogni 1000, la situazione di mancanza di una struttura nel levante genovese, la rete degli idranti anti-incendio e così via… Puoi farci una panoramica di questo delicato aspetto legato alla sicurezza dei cittadini a Genova e le proposte contenute nell’ordine del giorno?
Il tema delicato del soccorso genovese ha avuto la degna attenzione in aula e la nostra proposta con un odg è stata approvata all’unanimità. Ritengo fondamentale l’istituzione di un tavolo tecnico-commissione grandi rischi con lo scopo di analizzare le emergenze e le economie spese, cercando di creare un gruppo di protezione civile che lavori in sinergia con tutte le forze presenti, eliminando competizioni che danneggiano il soccorso. La mia preoccupazione è che quando si consolidano economie sulle emergenze difficilmente si possono poi tramutare in prevenzione e salvaguardia. Oltre a questo punto la giunta si è impegnata la giunta ad investire sulla capillarizzazione della rete idranti antincendio con manutenzione programmata e certificata in quanto la situazione attuale è in stato di abbandono. Per quanto riguarda la struttura del corpo nazionale bisogna che sindaci e presidenti di ogni regione inizino a valorizzare la figura dei vvf all’interno della protezione civile, chiedendo più numeri sul territorio ora più che mai visto che gli incendi boschivi sono passati di competenza dal 1 gennaio dopo la soppressione del cfs, atto di “omicidio politico” che la riforma Madia ha inflitto alla popolazione italiana. Il dato oggettivo dell’insufficienza dei vvf sul territorio sono i numeri: 1 soccorritore ogni 14000 abitanti in un territorio che secondo i dati ISPRA risulta essere nei primi posti di indice mortalità in caso di frane e alluvioni, è impensabile tamponare la situazione di fallimento mediante convenzioni regionali che obbligano i pompieri ultracinquantenni a lavorare continuamente in straordinario, ricattati da un salario vergognoso e una paga oraria straordinaria di €7 all’ora.
Altro punto l’istituzione di un distaccamento nel levante genovese, zona assolutamente sguarnita che costringe i cittadini a sentirsi più deboli nella risposta del soccorso rispetto alle altre zone cittadine. Ultima questione non meno importante l’impegno di una azione politica che non permetta la chiusura delle mense, una delle continue riorganizzazioni infami che il ministero impone ai pompieri, che obbliga la loro cessazione dove le unità presenti sono inferiori alle 15 unità. È un atto che non tiene assolutamente in considerazione il lavoro atipico del pompiere, licenzia le cuoche con una abilità incredibile, giustificando il risparmio in un giro conto sul riordino delle carriere dove arrivano quattrini soprattutto alla classe dirigenziale che non necessita di mense in quanto basterebbe un gel energetico per un lavoro quotidiano molto sedentario a differenza di chi posa il sedere sui camion rossi. Inoltre siccome le sedi vvf sono a tutti gli effetti di protezione civile in caso di calamità non si possono permettere di non avere una mensa disponibile H24.
Per ultimo, la pulizia delle zone limitrofe delle caserme oramai assaltate dai topi che trovano accogliente dimora in edifici fatiscenti che nella maggior parte dei casi presentano porte non funzionanti nelle zone di entrata, quindi di facile accesso nelle mense e cucine, e una maggiore sensibilità su divieti di sosta perimetrali in quanto punti sensibili.
Tu personalmente come consigliere comunale durante il question time hai esposto il caso di Tullio Rossi, ponendo la questione sul controllo capillare esercitato dalla dirigenza dell’amministrazione Galliera sulle opinioni professate da Tullio sui social network e la rappresaglia nei suoi confronti per il suo puntuale ruolo di denuncia come militante sindacale e attivista del Movimento 5 Stelle. Tullio, che è un militante sindacale dell’USB, ha ricevuto tre contestazioni in un mese e mezzo. Il primo sul microchip estratto dalla camicia che ha portato all’emersione di un probabile controllo capillare dei circa 22.000 lavoratori della sanità interessati, la seconda sul commento al Cardinale Bagnasco e la terza sempre su un commento a Tettamanzi. Puoi spiegarci come hai posto il caso in comune e qual’è stata la risposta alle tue richieste di presa di posizione?
Il problema portato con il question time in aula ha causato reazioni naturali in un ambiente dove le questioni lavorative vengono solo affrontate quando è già in atto un licenziamento.
Mi è stato contestato in aula che è una questione sindacale, sinceramente respingo al mittente la contestazione in quanto non parlo la lingua di quella politica che ha prodotto le condizioni affinché ci sia oggi la possibilità di un licenziamento libero senza giusta causa.
La questione Tullio Rossi invece deve essere discussa dalla politica perché merita un dibatto serio.
L’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà di espressione, non compare nessun articolo a mio avviso nella costituzione che autorizzi organi di polizia aziendali che controllino i suoi dipendenti sulle affermazioni nei social network. Il pretesto di una frase colorata sul cardinal Bagnasco o Tettamanzi sono una scusa per colpire chi ha denunciato uno sperpero di soldi a causa di una privatizzazione selvaggia della sanità pubblica, un progetto demenziale del “nuovo Galliera” che fonde concetti diametralmente opposti come la nascita di appartamenti residenziali con il “nuovo” ospedale che riduce posti letto, distruggendo un edificio storico che la duchessa di Galliera aveva donato ai genovesi.
Oggi molti delegati che dicono verità fastidiose sull’economia malata odierna vengono colpiti nel punto debole: la sopravvivenza economica salariale.
La non risposta dell’assessore Fassio rappresenta l’immobilismo politico di fronte alla repressione che tutto il mondo del lavoro subisce.
Un’altra battaglia importante è stata quella contro lo smantellamento della quadra notturna di pronto intervento per ciò che riguarda la manutenzione della rete di distribuzione del gas in mano alla multi-utility Iren. Una questione che intreccia anche in questo caso una vertenza portata avanti dai lavoratori per la tutela delle proprie garanzie e la sicurezza dei cittadini genovesi. Puoi riassumerci la vicenda e dirci cosa è stato fatto in consiglio comunale a riguardo?
La questione della squadra notturna è un braccio di ferro imposto dalla nostra mozione che votata all’unanimità ha posto un problema: il comune ha voce in una azienda partecipata come IREN?
E’ in corso un dibattito dove da una parte l’azienda continua la sua razionalizzazione a discapito dei cittadini che dovranno aspettare insieme ai pompieri in caso di fughe gas ore per l’arrivo dei reperibili.
I continui tagli che dobbiamo subire nella salvaguardia portano solo morte e disperazione e se pensano di zittire il gruppo di opposizione del movimento 5 stelle hanno sbagliato. Siamo pronti a denunciare alle autorità competenti se elimineranno la squadra di pronto intervento, poiché la nostra città ha una conformazione unica e una distribuzione gas particolare e non può permettersi una riorganizzazione che indebolisce il diritto alla vita. Vedremo se il sindaco Bucci insieme all’assessore Campora dimostreranno i concetti di indipendenza decantati durante la campagna elettorale.
Un ultima domanda sull’esito negativo che ha avuto, per mancanza di numero legale, la proposta di intitolare una via a Fabrizio Quattrocchi, operatore di una impresa militare privata della sicurezza in Iraq ed ucciso nel Paese del Medio-Oriente successivamente al suo rapimento il 13 aprile 2004. È da tempo un cavallo di battaglia della destra cittadina, in particolare dei Fratelli d’Italia che attualmente esprimono il vice-sindaco e tre consiglieri comunali. Bisogna ricordare che successivamente alla sua morte, una operazione di ascolto telefonico all’interno di una indagine per comprendere quali canali e quali trafile di interessi avesse portato i 4 body-guard rapiti in Iraq, aveva portato alla scoperta di una sorta di polizia parallela, la Dssa (Dipartimento di studi Streategici Antiterrorismo), a capo del quale c’era Gaetano Saya, fondatore del nuovo MSI. Un personaggio inquietante, all’interno di una vicenda dai tratti poco chiari che l’allora Ministro degli Interni Pisanu stigmatizzò in maniera caricaturale definendo coloro che ne erano implicati un “banda di pataccari”. In realtà il grado di libertà e copertura degli “agenti” del Dssa, tra gli apparati dello stato era quanto meno allarmante così come il loro reclutamento di personale, specialmente tra i Gruppi Operativi Mobili della polizia penitenziaria. Secondo quanto riporta Camillo Arcuri, in Sragione di Stato, un giovane agente inquisito avrebbe così risposto: Mi vuole dire come facevamo a dubitare di queste persone che vedevamo accolte con tutti i riguardi nei nostri capi? In consiglio comunale ha mai parlato di questa oscura vicenda, che non si è potuta chiarire in ambito processuale perché sembra essere stata archiviata…
Le piazze appartengono al popolo e la loro intitolazione spetta a chi ha combattuto per la libertà del Paese. L’Italia ripudia la guerra ma spende 80 milioni di euro al giorno per portare la pace armata nei paesi ricchi di giacimenti, producendo una migrazione continua di disperati in cerca di un tetto per la loro famiglia.
In questo contesto dove il problema è l’immigrato e non la politica internazionale non mi meraviglio che qualche consigliere di destra proponesse l’intitolazione di una piazza a un mercenario. Di fronte alla sua morte si deve comunque portare rispetto ma mi spiace contraddire la proposta, le piazze devono portare nomi di chi ha costruito il paese tramite progresso e prosperità senza intaccare i valori della pace.
Sulla questione porteremo chiarezza in aula per dare quella trasparenza su una vicenda che ancor oggi riporta lati oscuri.
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