Questa foto è famosa, tra gli storici e non solo. Mostra un plotone italiano – fascista, perché il regime non era ancora caduto – che fucila alla schiena 5 civili sloveni. L’episodio è stato registrato e conservato negli archivi, mostrato decine di volte – nei decenni intercorsi da allora – per mostrare i crimini del fascismo nell’occupazione della Jugoslavia.
In particolare sull’attuale linea di confine con la Slovenia, nel Carso, i fascisti si abbandonarono ad ogni sorta di nefandezze sulla popolazione civile meritandosi il soprannome di “Italiani palikuca”, letteralmente “bruciatetti”. Non è difficile capire perché.
La pulizia etnica delle province slovene prima della guerra fu effettuata come sempre da stupri, fucilazioni (documentate dalle stesse milizie e dall’esercito, per dimostrare la propria “produttività”), infoibamenti. Come sempre accade, la ritirata di un paio di anni dopo fu segnata da vendette e inammissibili “restituzioni della gentilezza”.
Da decenni storici di grande valore, come Alessandra Kersevan e altri, hanno scavato nella storia delle foibe fino a ricostruire esattamente o quasi le diverse “ondate” – prima gli sloveni e jugoslavi, poi gli italiani – di morti e uccisioni.
Insomma, un vero cultore della tristissima materia “foibe” avrebbe a disposizione materiale a iosa per affinare le proprie conoscenze, o se non altro almeno le informazioni di base. Di tutta la documentazione questa foto è uno dei cimeli più noti, anche perché una delle poche prove fotografiche esistenti, al punto che – evento rarissimo – se ne conoscono persino i nomi: Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec. L’pisodio è avvenuto a a Dane (oggi nel comune di Loska Dolina, alcune decine di chilometri a Sudest di Lubiana), il 31 luglio del 1942.
Già altri fascisti di seconda fascia avevano provato a rovesciare le parti, attribuendo la parte dei carnefici agli odiati “titini”, sventolando la stessa foto e incrementandone la notorietà.
Questa volta è toccato addirittura a una presunta leader del neofascismo nostrano, tale Giorgio Meloni, che ha inveito contro un sindaco che aveva dato il nulla osta a una iniziativa sul tema di carattere storico – non fascista, insomma: «A Orvieto l’amministrazione Pd è impazzita e ha concesso il patrocinio ad una iniziativa negazionista delle foibe. Il sindaco Giuseppe Germani abbia la decenza di dimettersi perché è indegno di ricoprire il suo ruolo e chieda scusa per questo indegno oltraggio al popolo italiano».
Ha fatto il suo comizietto twitter postando ancora una volta la stessa immagine. A dimostrazione del fatto che a lei, della vera storia delle foibe, non interessa sapere nulla. Le basta spremere qualche voto…
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Federico
La Meloni dubito abbia finito le elementari, a me sembra sempre di vedere la Meloni che imita la Guzzanti e non viceversa. Comunque bisogna ringraziarla in un certo senso, perché con la sua bella figura da cioccolataia si è guadagnata le pagine dei quotidiani on-line (anche Il CdS ne ha parlato) e suo malgrado ha contribuito a ristabilire un minimo di verità storica in mezzo a quella valanga di melma da “italiani brava gente” che ci sta piovendo addosso in queste ore.
Federico
E come era ampiamente preventivabile (eh la ragion di stato!) è arrivata pure la scudisciata dell’Ariston, con due penosi figuri – la berlusconide di origine svizzera e l’autista della Barilla – che hanno letto attraverso un gobbo un comunicato sprezzante del giudizio della storia e degno dell’imperialismo da operetta che d’altronde baracconi come quello sanremese perfettamente descrivono.