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Una vittoria aiuta a crescere, ma questo potere resta sordo

L’”operazione Macerata” è stata un fallimento per Minniti e Renzi, che avevano puntato tutto sulla criminalizzazione dell’antifascismo. Non si può definire altrimenti il comportamento tenuto dal duo di testa del Partito Democratico (!), che fin dall’inizio ha puntato l’indice – esattamente come la destra più becera – contro la “bomba sociale” dell’immigrazione invece che sul fascioleghismo. Plasticamente rappresentato da quel killer improvvisato, con alle spalle frequentazioni naziste e una candidatura nelle liste della Lega, che aveva cercato la strage nelle vie della tranquilla cittadina marchigiana.

Bisogna aver chiaro però che il fallimento è dovuto a due fattori molto diversi, che solo per caso si sono sommati. La grande – per molti versi inattesa – risposta antifascista di massa che ha portato quasi 30.000 persone a manifestare a Macerata mentre altre decine di cortei percorrevano le strade di tante città d’Italia. Non era scontato perché la complicità politica dei vertici di Cgil, Libera, Arci e Anpi aveva lasciato campo aperto alle minacce del ministro di polizia, impegnato a farsi campagna elettorale (è candidato nelle Marche) con un occhio alle ipotesi premierato post-elettorale (nel caso, sempre meno probabile, di “governo del presidente”, insomma Pd-Berlusconi).

Proprio questa coincidenza ha “costretto” le formazioni in concorrenza con il Pd a obiettare confusamente contro il divieto a manifestare. Cosa che ha indubbiamente facilitato la ribellione della “base” di quelle organizzazioni (Anpi, Arci e quasi soltanto la Fiom in area Cgil).

Non è detto, insomma, che la prossima volta si abbia lo stesso risultato.

Ma politicamente si è avuta la prova plastica del distacco totale tra partiti/istituzioni e coscienza popolare. La prova, insomma, che una fetta enorme del nostro “blocco sociale” non ha più rappresentanza elettorale, ma ancor meno rappresentanza politica. La distinzione è fondamentale, perché sul piano puramente verbale una “sinistra” viene raccontata quotidianamente, ma è la destra di governo che abbiamo conosciuto. Quando si sente la tv definire “sinistra radicale” gente come Grasso e D’Alema si ha la misura dello scarto tra cosa e parola.

Il fiume di gente che ha circondato Macerata esprime un bisogno di politica fatta di valori, non di puro calcolo combinatorio tra varie convenienze. E un bisogno di visione che vada al di là dei ristretti orizzonti tra una tornata elettorale e l’altra.

La risposta fornita su questo piano da Potere al Popolo – protagonista assoluto, ieri, tra la leste elettorali presenti – pone le basi per affrontare il problema, ma non è ancora all’altezza di questa domanda. E’ meglio essere sinceri e non confondere l’entusiasmo con cui in tanti stiamo affrontando questa sfida con la capacità organizzata di fornire tutte le risposte. Siamo partiti bene, controcorrente e con uno spirito decisamente spiazzante per tanti che vivono nella coazione a ripetere. La strada da fare è tanta e il 5 marzo cominceremo anche a misurarla con qualche precisione in più.

Ma la giornata di ieri ha dato anche la misura dell’abisso vergognoso in cui è precipitata l’informazione italiana, mai come questa volta così chiaramente “di regime”. Volevano scontri, black bloc, fuoco fiamme e cariche di polizia. Ma invece di chiedere conto all’ormai imbarazzante ministro dell’Interno (aveva diffuso allarmi senza alcuna base, imponendo il coprifuoco in città), si sono mostrati quasi rancorosi. Non potendo aver gli scontri, si sono concentrati sul coretto pro-foibe di quattro gatti di cui quasi nessuno s’era accorto. Oppure su quello che non c’era e secondo loro avrebbe dovuto esserci: qualcuno avrebbe voluto più riferimenti a Pamela, la ragazza uccisa e strumentalizzata da tutti; qualcun altro avrebbe voluto sentir parlare “più negri”; altri hanno tagliato corto, scegliendo di enfatizzare le dichiarazioni di quelli che a Macerata non ci sono neanche andati (come Grasso, Calenda e politicame vario).

Il “premio Goebbels” va assegnato però al Tg3, che s’è caricato di un lavoro redazionale clamoroso per dare immagini “purgate” da ogni striscione o bandiera sgraditi alla direzione. Per capirci, si son viste da lontano solo quelle di Anpi, Arci, Libera e Legambiente (che c’erano, ma in terribile minoranza). E le “battute” sono state riservate solo ad alcuni “volti noti”. Ai protagonisti della piazza, neanche un secondo.

P.s. Se volete sapere come era, guardatevi i video.

https://www.facebook.com/unionesindacaledibase/videos/1579645002089188/

 

https://www.facebook.com/unionesindacaledibase/videos/1579843428736012/

Tutte le foto sono di Patrizia Cortellessa

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2 Commenti


  • Sandi

    Io credo invece che il coro sulle foibe ci stava e come. A meno di non voler fare proprio il racconto tossico sulle foibe (termine peraltro del tutto improprio) come “massacro degli italiani” “frutto dell’odio etnico” ecc…. Nelle foibe ci sono finiti i fascisti, come dimostrano i dati di fatto, e non “italiani” qualsiasi. O no? E Traini è un fascista. O no?


    • Redazione Contropiano

      Tutto giusto, ma la valutazione sulla tattica è sempre necessaria… Abbiamo a che fare con un mondo (anche il nostro) che fa fatica a superare i 140 caratteri….

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