Ieri pomeriggio, per la giornata nazionale dei No alle grandi opere che devastano l’ambiente, a Niscemi è ritornato in piazza il variegato popolo No Muos. Un popolo prevalentemente siciliano, che ha mille e una ragione per lottare contro il Muos.
Tra militanti del movimento, dei sindacati di base, di organizzazioni politiche (quelle che da sempre lottano coerentemente contro il Muos), 500 persone circa hanno sfilato per le strade della città, per parlare con la città, passando attraverso le strade dei quartieri popolari, per parlare con chi in prima persona vive sulla propria pelle i problemi creati dal Muos e dalla militarizzazione della regione, di cui il Muos costituisce l’ultimo anello.
Durante il corteo, una troupe di una tv nazionale russa riprende la manifestazione. Anche in Russia hanno voglia di capire…
Nel giorno della festa dell’immacolata, in cui il paese è in festa e in piazza, si continua a parlare con i suoi abitanti per dire che non esistono governi amici nella lotta al Muos, che le promesse del M5S sono state tutte delle balle e che il Muos, come recita lo striscione di apertura, “lo potrà smontare solo la lotta popolare”.
Giunto nella piazza centrale, il corteo si conclude con gli interventi programmati al microfono, dove si alternano, appunto, le mille ragioni della lotta contro il Muos: dalla devastazione territoriale (si ricorda che il Muos è costruito dentro una riserva naturale dove vige il divieto assoluto di edificazione), ai danni delle radiazioni, su cui non sono mai state fatte delle rilevazioni serie; dalla guerra ai migranti contro i quali si alzano in cielo i droni che partono da Lampedusa alla guerra interna contro le classi sociali più deboli, che paga i continui aumenti della spesa militare a danno della spesa sociale, che l’“Europa” (cioè l’Unione europea) non vuole aumentare, altrimenti… Parlano anche gli studenti, quelli di Niscemi, che in un futuro non troppo remoto si vedranno costretti ad emigrare, parlano di di speranza e di lotta, quella che a scuola nessuno insegna loro.
Insomma, quello di ieri è stato un buon corteo e una lezione di resistenza e di resilienza; un corteo che ha cercato di mettere insieme un vasto arco di forze, ma che non si è stancato di parlare con le persone, in primis con quelle fasce di popolazione che subiscono i costi sociali della militarizzazione crescente in Italia e in Europa.
Da tempo il movimento No Muos porta avanti una battaglia che non è più strettamente una lotta territoriale, benché ad essa si colleghi inevitabilmente; è una battaglia contro la militarizzazione dei territori (soprattutto la Sicilia, base militare a cielo aperto degli Stati Uniti); è un battaglia contro la fortezza Europa contro i migranti; ma è anche una battaglia contro la tendenza alla guerra, una guerra rivolta verso l’esterno e verso l’interno, verso chi subisce l’aggressione delle potenze economiche e militari americana ed europee e verso chi ne paga socialmente i costi.
È una battaglia contro la cultura delle guerra e della propaganda militare nelle scuole, perché la presenza dei militari è così invasiva da ricordare in maniera esplicita la militarizzazione delle masse precedente i due conflitti bellici mondiali; è una battaglia contro quell’economia di guerra che vede in un unico legame di natura imperialista (parola più volte usata nei documenti e dai militanti del movimento) che unisce grandi gruppi industriali come Leonardo-Finmeccanica, centri di ricerca, università e forze armate.
Il popolo niscemese, che ha visto per l’ennesima volta l’imperterrito corteo sfilare per le strade della città, guarda ormai con po’ di disillusione e rassegnazione (che i siciliani da sempre conoscono) al movimento: durante il volantinaggio, fermandosi a parlare con anziani, giovani madri e ragazzi magari disoccupati, i discorsi erano sempre quelli: “ormai è stato fatto, e allora?”, “sai quante battaglie abbiamo fatto, e dunque?”, “per buttarlo giù serve una tanica di benzina e un fiammifero”, “ma questo governo che fa?”, ma il ritornello più ricorrente è “dovremmo fare come in Francia”.
Disillusione, sì, ma anche voglia di riscatto, prima di tutto sociale.
Tante ragioni, tante battaglie, tante speranze: il Movimento No Muos può continuare a parlare alle persone, alle fasce più deboli, se mette assieme il No alla tendenza alla guerra in generale e la lotta per i bisogni sociali (lavoro, servizi sociali, acqua, ecc.). Solo così potrà tornare ad essere una lotta popolare.
* Rete dei Comunisti
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