Siamo in quel periodo dell’anno in cui giornali e tivvù ricominciano a parlare (un po’) del terremoto del 2016. D’altra parte, si avvicinano i fasti del triennale della notte che cancellò l’Italia Centrale e la fissazione dei media per le date cerchiate sul calendario è una prassi dura a morire.
Poco male, si dirà, purché se ne parli. È vero. Parliamone un po’.
È complicato farlo, in realtà. Potrei prendere una cosa qualsiasi scritta l’anno scorso (o due anni fa) e dovrei cambiare pochissimo per rendere il tutto attuale. La notizia, si continua a dire, è che non c’è notizia. Persino le istituzioni hanno smesso di produrre aggiornamenti.
Ad esempio, non si sa il numero preciso degli sfollati. C’è chi dice 30.000 e chi dice 50.000, ma sono stime. Né il governo, né la protezione civile, né il commissariato alla ricostruzione appaiono in grado di dare una cifra ufficiale.
Una rimozione sfrontata: è impossibile determinare la dimensione esatta del problema. I terremotati sono tanti (decine di migliaia, insomma), i terremotati sono pochi (cosa vuol dire decine di migliaia su sessanta milioni di italiani?).
Si sa, in compenso, che alcune delle più fosche previsioni degli anni passati si sono trasformate in cupe realtà. Tipo la storia del centro commerciale di Castelluccio, che è in piena attività ed è davvero un centro commerciale (all’inizio negavano pure questo), mentre il paese è vuoto. Le casette provvisorie sono state consegnate solo la scorsa primavera e non sono ancora abitabili.
Lo dicevamo e ci dicevano iettatori: viviamo nella prima epoca storica in cui i negozi vengono costruiti prima delle abitazioni.
Questa cosa delle casette consegnate ma non abitabili, poi, è una situazione piuttosto diffusa nel cratere. La settimana scorsa sono stato ad Amatrice: in una delle frazioni, mi ha spiegato un terremotato, sono state consegnate quattordici casette. Quelle abitate sono appena due.
Come si ammazza un territorio? Così, svuotandolo. Si chiama strategia dell’abbandono, ma già lo sapete. Forse.
Sono dunque passati tre anni. E tre governi. Tre commissari alla ricostruzione. E cosa è cambiato? Niente. Ancora lo scorso giugno il premier Giuseppe Conte si aggirava per Norcia a dire che «non vi lasceremo soli», in una magnifica citazione di Matteo Renzi, che quella stessa frase la disse la mattina del 24 agosto del 2016. Basta dirlo, e tutto andrà bene.
In tre anni abbiamo visto anche due campagne elettorali. Una con ampio traffico di politici e un’altra praticamente senza comizi. Per le politiche del 2018 si sono fatti vedere in tanti, per lo più leghisti e grillini, con quelli del Pd che, forse saggiamente, preferirono nascondersi. Per le europee del 2019 non è venuto praticamente nessuno, anche perché qui è più facile perdere voti che guadagnarne.
Trentamila sfollati? Cinquantamila? In termini assoluti sono pochi elettori, ma che figura farsi contestare in campagna elettorale. Meglio far finta di niente.
Ci sono anche episodi buffi. Qualche settimana fa ad Amatrice c’è andato addirittura Mattarella, per l’inaugurazione del tanto celebrato liceo sportivo. Un dettaglio: ancora non era pronta la palestra, cosa che, ad occhio e croce, dovrebbe servire ad un liceo sportivo. Poco male: tutto secondo copione. In fondo nelle tragedie non manca mai il grottesco. E non lo dico io, ma Aristotele.
Salvini, comunque, cresce nei consensi anche qui. Perché? Semplice, perché se ne strafrega. Ha lasciato la pratica a quei polli del Movimento Cinque Stelle (che hanno avuto la libertà di nominare un commissario e addirittura un sottosegretario, il mostruoso Vito Crimi) e prima o poi passerà nuovamente all’incasso dicendo che il casino è tutta colpa del Pd e dei grillini, cosa peraltro in parte vera. Il gioco non durerà a lungo, ma un po’ sì, e i consensi si lucrano giorno dopo giorno, mica sul lungo periodo.
Giusto? Non fa niente che gli unici, sin qui, ad avere problemi seri con la giustizia per fatti collegati a questo terremoto siano un ex sindaco e attuale senatore leghista e un’imprenditrice che proprio con Salvini si è fatta un bel selfie, ad Ascoli, pochi mesi fa.
Fra tre settimane, dunque, arriva l’anniversario. Vi chiederanno di restare in rispettoso silenzio per le trecento vittime. Rilanceranno pure il mitico hashtag #insilenzio. Verranno con le facce tese e gli sguardi bui, accenderanno lumini, parteciperanno a messe in suffragio, diranno che «non vi lasceremo soli». E tutti bisognerà restare #insilenzio.
O forse, per una volta, anche no.
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