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Coronavirus. Il governo blinda l’Italia, ma non la produzione. L’Oms: “c’è il rischio pandemia”

Con una conferenza stampa diffusa ieri sera con edizione straordinaria sui canali televisivi, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo la riunione con i capi delegazione della maggioranza ha annunciato di aver varato un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il quale “non ci sarà più zona rossa, zona 1 o zona 2, ma l’Italia, zona protetta”. Ciò significa che le misure adottate in Lombardia e le zone limitrofe individuate come le aree di maggiore contagio del coronavirus, vengono estese a tutto il territorio nazionale.

Tra le misure previste c’è quella di limitare gli spostamenti “salvo che per lavoro, necessità o salute” e “il divieto di assembramento in locali aperti al pubblico”. Le nuove misure che trasformano l’intero Paese in “zona rossa” entreranno in vigore questa mattina. E’ un “provvedimento che possiamo sintetizzare come ‘io resto a casa’” ha detto Conte, ma proprio su questo aspetto si palesano contraddizioni evidenti. Al momento infatti non è stata prevista una limitazione dei trasporti pubblici né delle merci: “Non è prevista e non è all’ordine del giorno una limitazione dei trasporti pubblici. Vogliamo garantire la continuità del sistema produttivo, dobbiamo consentire alle persone di andare a lavorare”.

Nessuno ormai sottovaluta i pericoli del contagio del coronavirus, però è indubbio che ci stanno dicendo che qui si esce di casa solo per andare a lavorare e poi ci si rinchiude in casa. Ma in quelle dieci/undici/dodici ore tra lavoro insieme ad altri (molti uffici e store sono ancora aperti al pubblico) e i mezzi pubblici usati per andare al lavoro, forse il coronavirus sospenderà miracolosamente la sua aggressività e le sue possibilità di contagio?

Questo maldestro e tardivo tentativo di fermare il contagio ma di salvaguardare gli interessi privati delle imprese, rischia di fare danni, danni seri.

Sul fronte dell’epidemia in una nota diffusa dall’Istituto Superiore di Sanità si afferma che il 22% dei pazienti positivi al tampone per Sars-CoV-2 ha tra 19 e 50 anni. Dall’analisi emerge che sui 8.342 casi positivi, alle ore 10 del 9 marzo, l’1,4% ha meno di 19 anni, il 22,0% è nella fascia 19-50, il 37,4% tra 51 e 70 e il 39,2% ha più di 70 anni, per un’età mediana di 65 anni. Il 62,1% è rappresentato da uomini. Sono 583 gli operatori sanitari positivi.

Il tempo mediano trascorso tra la data di insorgenza dei sintomi e la diagnosi è di 3-4 giorni. Il 10% dei casi è asintomatico, il 5% con pochi sintomi, il 30% con sintomi lievi, il 31% è sintomatico, il 6% ha sintomi severi e il 19% critici. Il 24% dei casi esaminati risulta ospedalizzato. L’analisi conferma che il 56,6% delle persone decedute ha più di 80 anni, e due terzi di queste ha 3 o più patologie croniche preesistenti.

Con oltre “100.000 casi di Covid19 in 100 Paesi… il rischio di una pandemia è diventato molto reale”  ha affermato ieri in conferenza stampa il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus.

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