Un grande successo la tele-iniziativa andata in diretta il pomeriggio di sabato 28 sulle pagine facebook di questo giornale e di tutte quelle locali e nazionali della Rete dei Comunisti, contrassegnato dal numero alto e costante di “spettatori” per tutta la durata degli interventi, sintomo che il tornante storico che il mondo sta affrontando mette davvero in prima pagina la necessità di un dibattito su un’alternativa credibile allo stato di cose attuali.
Nelle oltre due ore di “trasmissione” (i lettori scuseranno il “linguaggio televisivo”, ma la condizione è inedita anche per noi, e allora per semplicità ci appropriamo di termini già esistenti) gli spunti avanzati dalle relazioni di Mauro Casadio e Luciano Vasapollo sono stati molteplici, tanti dei quali meriterebbero un’iniziativa completa a sé. Per una lettura più esaustiva vi rimandiamo ai comunicati/ documenti pubblicati negli ultimi giorni dalla RdC, qui, qui e qui gli ultimi in ordine di tempo, oppure al video della diretta che alleghiamo anche in fondo alla pagina.
Di seguito tracciamo solo alcune “dicotomie” o linee guida che sono emerse durante le esposizioni e che danno un po’ il segno generale dell’iniziativa.
Quella principale è certamente tra crisi e alternativa. La prima si manifesta da molti anni come crisi di egemonia della borghesia dominante (soprattutto sul suolo europeo) incapace, oltre che impossibilitata per sua natura, a contenere le contraddizioni macinate dal Modo di produzione capitalistico (Mpc), le quali emergono veementi proprio nel propagarsi della pandemia da Covid-19.
Le risposte egoistiche e individualistiche messe in campo sia dal mondo anglosassone sia dai membri dell’Ue (chi si allea oggi per una gestione collettiva della crisi tramite la richiesta di emissioni di Euro bond lo fa per coscienza della propria debolezza, non certo per un finalmente trovato “spirito comunitario”) nulla possono per le fette di popolazioni più esposte all’emergenza sanitaria, emergenza che solo un approccio collettivo e di lungo sguardo possono affrontare.
In questa faglia si inseriscono gli aiuti umani e materiali messi sul piatto dai paesi a guida comunista, come Cuba, la Cina o il Vietnam, i quali hanno dimostrato una concezione opposta a quella “occidentale” sia nella gestione interna della pandemia – chiudiamo tutto, blocchiamo il contagio e poi si riparte (particolarmente vero per la Repubblica popolare cinese) – sia in quella esterna con l’invio appunto di risorse di vario a tipo a supporto dei paesi più in difficoltà come il nostro.
In queste scelte naturalmente non risiede nessun filantropismo utopico, ma sono mosse con il chiaro intento politico per porre sotto gli occhi di tutti la possibilità di uno modello di società alternativo a quello basato in ultima istanza sulla competizione sfrenata volta alla massimizzazione del profitto, denunciando le storture su cui si fonda la “civiltà bianca” e ponendosi concretamente come possibilità-altra di intendere i rapporti sociali, politici ed economici.
Tutto questo è possibile esemplificarlo in un’altra coppia di parole in netto contrasto: bisogno e distruzione. Il Mpc ha oramai esaurito quella iniziale spinta civilizzatrice sottolineata anche da Marx, trovandosi nella condizione sempre più frequente di dover distruggere ciò che ha creato per poter riorganizzare un nuovo ciclo di accumulazione.
Nulla di astratto è in discussione qui, bensì tutta la durezza dello smantellamento, tra gli altri, dei sistemi di Stato sociale conquistati con i cicli di lotte della seconda metà del secolo scorso, che ora non possono rispondere ai bisogni della collettività a seguito delle criminali privatizzazioni di cui sono stati fatti oggetti nell’ultimo trentennio dai governi di tutti i colori.
Bisogni dunque, al contrario, come stella polare su cui tarare tutte le scelte collettive, di cui Cuba è ancora l’indiscusso esempio per i risultati raggiunti, specialmente se confrontati con il resto della macroregione di appartenenza, in tema di istruzione, salute e partecipazione alla vita politica.
Da qui, la superiorità della pianificazione rispetto al “libero mercato” (mai comunque veramente tale neanche nelle esperienze del liberismo più spinto). Pianificazione che se è un “modo d’agire” compatibile anche con il Mpc, tuttavia – eccoci alla terza dicotomia – mostra tutta la sua forza come mezzo per la transizione al socialismo se oltre alla centralizzazione delle scelte a un dato livello (che può essere statale come aziendale), si accompagna con la proprietà dei mezzi di produzione da parte dello Stato, qui inteso come strumento nelle mani della comunità (e non delle élite) attraverso cui pianificare appunto le scelte economiche (a 1, 5, 10 o anche 20 anni) in risposta alle necessità emerse in seno alla società. Strumento tutto politico dunque, non mero gesto tecnico di gestione di un dato insieme di risorse.
Detto ciò, come anticipato, per ulteriori approfondimenti, vi rimandiamo alla registrazione della diretta.
Vi diamo appuntamento alla seconda tele-inizativa per sabato prossimo, 4 aprile, in cui assieme a Giorgio Gattei (maggiori dettagli saranno resi pubblici in questi giorni) proveremo a fare un parallelo tra le epidemie occorse nel passato e quella attuale, cercando di comprendere in che maniera quelle abbiano accelerato le trasformazioni sociali e politiche, e perciò, alla luce degli insegnamenti della storia, che prospettive si potrebbero aprire nel nostro immediato futuro.
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