Per molte lavoratrici e lavoratori la cassa integrazione per le chiusure di queste settimane ancora non è arrivata. I politici della Lega e della destra hanno cercato di scaricarne le responsabilità sull’INPS, ma la realtà ha invece inchiodato proprio le regioni, soprattutto quelle del Nord, che non hanno tenuto il passo con le richieste e con il varo dei decreti regionali che sono un passaggio obbligatorio nella concessione della cassa integrazione.
Per superare questi ritardi nella cassa integrazione in deroga, riservata alle imprese con meno di 5 dipendenti e a tutte le aziende che non accedono a quella ordinaria, l’idea adesso è proprio quella di saltare il passaggio delle Regioni. La cassa integrazione verrà pagata direttamente dall’Inps. Di questo si è discusso ieri nell’incontro tra i ministri Boccia e Catalfo con le Regioni teso ad accelerare e semplificare un meccanismo concepito per tempi “normali” e non per quelli eccezionali come quello in cui stiamo vivendo.
L’Inps ha caricato dal 7 aprile tutte le procedure che le Regioni devono utilizzare per l’invio delle concessioni della Cassa Integrazione in Deroga. Ma proprio nei giorni successivi abbiamo assistito alla debàcle delle Regioni che avrebbero dovuto adeguarsi rapidamente. Nelle due tabelle qui sotto osservate con attenzione le date e i decreti regionali varati in rapporto alle domande pervenute.
Solo una regione ha superato il 50% delle domande pagate, e si tratta delle Marche con il 69,45%, mentre ci sono ancora tre regioni al di sotto del 10%. Si tratta della Toscana con il 7% delle domande pagate, seguita dall’Abruzzo e dalla Lombardia, rispettivamente con il 5,43% e il 2,53%.
Di fronte alla proposta che l’INPS paghi direttamente la cassa integrazione bypassando le Regioni, i governatori non hanno fatto alcuna resistenza, anzi si sono detti d’accordo con il progetto di semplificazione. Anche perché è emerso con evidenza come il punto di rallentamento, di fronte all’alto numero di richieste di cassa integrazione, non fosse l’INPS ma proprio le regioni e soprattutto Lombardia e Piemonte.
Si apprende intanto che la cassa integrazione ordinaria, prevista nel nuovo Decreto da 55 miliardi, giunto alle battute finali, sarà modulata in due step: verrà probabilmente prorogata, con 14 settimane fruibili tra il 23 febbraio e il 31 agosto 2020, e quattro settimane dal 1 settembre al 31 ottobre.
Dopo il conclamato collasso del sistema sanitario nazionale prima, durante ed ora in questa fase 2 della pandemia, anche questa debàcle delle Regioni sui provvedimenti d’urgenza sul piano degli ammortizzatori sociali, rilancia con la forza di una fiondata la legittima domanda se le Regioni, il regionalismo, il “regionalismo spinto” del 2001 e l’autonomia differenziata invocata oggi dai governatori di Lega e Pd, non siano piuttosto degli apparati e una ideologia da riporre definitivamente in soffitta.
Parlano di sburocratizzzare? Cominciamo a levare di mezzo proprio le Regioni.
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Andrea B.
È assolutamente evidente a chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale che la regionalizzazione sia fallita. La sanità ne è un esempio incontrovertibile, ma anche sul fronte delle politiche sull’uso e la pianificazione territoriale le regioni hanno dimostrato di essere il più infame dei contesti di rapina.