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Riapertura all’avventura, nell’incertezza di un compromesso imposto dalla politica

Il prof. Crisanti, virologo dell’ospedale di Padova, anche questa volta non l’ha mandata a dire. In una intervista all’agenzia Askanews e misurando i termini parola per parola, ha lasciato intendere che procedere alle riaperture delle attività in assenza di garanzie sanitarie certe è stato un compromesso agito dalla politica sotto la pressione delle forze economiche.

Il lockdown sparito d’un tratto, troppo presto tutto insieme? “Vedremo”, dice il prof. Andrea Crisanti, “non faccio l’indovino” e – ricorda -saranno i dati, non quelli di adesso, quelli che avremo tra due-tre settimane, a dirci se ci eravamo preparati bene (e chi lo aveva fatto).

Nel frattempo, ribadisce due, semplici quanto “essenziali ed efficaci” strumenti da usare: mascherine e tamponi. Crisanti, è lo scienziato che sta dietro il successo del Veneto nel contenimento del virus e ora aspetta: “L’impatto di queste aperture lo vedremo. Rimandabili? Ci sono punti di vista diversi: un medico, un tecnico, vede di più l’aspetto sanitario, il politico vede l’aspetto sanitario ma deve in qualche modo anche interpretare le esigenze, le aspettative sociali, quindi sicuramente questa decisione è frutto di questo compromesso”.

Anche sul come riaprire c’è stato un compromesso, da due metri di distanziamento (al chiuso) voluti dal governo, siamo passati a un metro voluto dalle regioni. La distanza di un metro è sufficiente? “Non lo sa nessuno. Un metro, due metri alla fine sono tutti numeri che non hanno nessun riscontro scientifico. Lo vedremo. Al momento non esistono dati scientifici che dimostrano qual è l’aumento di rischio se la distanza da due metri viene ridotta ad un metro. Intendiamoci il distanziamento è essenziale, ma quale sia la misura esatta è da vedere”.

Ma nell’incertezza una cosa che invece con certezza dobbiamo fare, “è mettere le mascherine sempre”.

Alcune regioni come Veneto e Toscana, con le farmacie che le distribuiscono gratis ai residenti, hanno messo l’obbligo di mascherine anche all’aperto, indipendentemente dalla possibilità di mantenere il distanziamento, tagliando la testa al toro. Altre non lo prevedono, così già si diffondono immagini di strade affollate o capannelli di persone senza mascherine (o con mascherine abbassate), dove le distanze si dimenticano proprio perché all’aperto.

“Secondo me le mascherine – sottolinea Crisanti – dovrebbero essere obbligatorie sempre. In presenza di persone che non si conoscono o in presenza di persone di cui non siamo sicuri con chi sono venuti in contatto. Che sia al chiuso o all’aperto. Le mascherine sono importanti, e basta”.

Sotto un altro fronte, tra le misure con cui si dovrebbe contenere il contagio, manca ancora l’App di tracciamento, è un grande problema? “Non conosco i dettagli tecnici dell’App, ma – risponde Crisanti – quello che so, sulla base di ciò che è stato scritto dai media, è che così come è stata concepita ha un’utilità praticamente uguale a zero”. E spiega perché: “Se l’App la scarica solo il 60% della popolazione questo significa che l’App sarà in grado di identificare solo il 36% dei contatti.

Siccome in questo momento i contatti, i positivi, sono probabilmente un quarto, un quinto del totale, bisogna dividere questo numero ancora per quattro, e 36 diviso 4 fa 9. Quindi questa App sarebbe in grado di identificare il 9 per cento dei contatti coi positivi. Mi vien da ridere”. Infatti, dove ha funzionato (Corea del Sud) lo ha fatto perché l’hanno scaricata tutti.

Poi “c’è tutto il problema della governance dei dati una cosa talmente complicata…”. Invece molto più efficace (e che Crisanti non si stanca di ribadire) è “fare i tamponi”: “C’è stata una maggiore sensibilità, con ampie discussioni sui media, nell’opinione pubblica che ha percepito l’importanza di questo strumento non solo come diagnosi ma anche come strumento di sorveglianza attiva per combattere la diffusione dell’infezione. E sono soddisfatto del lavoro fatto, l’appello ha avuto i suoi risultati”.

L’indagine epidemiologica, la sorveglianza epidemiologica è fondamentale per non fasi scappare i nuovi focolai (che ci sono sempre come ricorda anche l’ultimo report dell’Iss) “ma non si improvvisa”, avverte Crisanti. “La scienza – ricorda il professore – è un problema di numeri, non esiste scienza senza misura, laddove non ci sono misure non si può parlare di scienza”.

E qui il problema è duplice: virus sconosciuto e mancanza di dati, e “i dati si raccolgono avendo strutture sul territorio, bisogna avere un servizio di coordinamento, bisogna avere una centrale di analisi dati, bisogna avere gente esperta che fa le anamnesi, bisogna raccogliere questi dati. E’ una tessitura complessa non si può improvvisare. Non si improvvisa in qualche giorno”.

Per quest’avvio di fase 2 “la speranza può essere solo supportata dalla consapevolezza che ci siamo preparati al peggio. Possiamo sperare che tutto vada bene solo se ci siamo preparati per affrontare in maniera aggressiva ed efficace i nuovi focolai, se non ci siamo preparati la speranza viene a mancare”. E ci siamo preparati? “Questo lo vedremo. Io l’indovino non lo faccio”.

Tra due-tre settimane i dati della curva dei contagi daranno l’indiscutibile risposta. Intanto il professore sta avviando le basi per l’indagine genetica sulla popolazione di Vo’ Euganeo, il primo focolaio Veneto di Sars-Cov-2. Il primo studio, quello epidemiologico, ha rivelato il peso (43%) degli asintomatici, da qui la necessità – fondata sulla “misura” di cui sopra – di scovarli (“fare il tampone”) e di prevenzione del contagio (“mascherina sempre”), i due pilastri di Crisanti. Ora il prossimo step: “L’indagine genetica è ancora nelle fasi iniziali, stiamo prendendo contatti con le strutture che devono portare avanti le analisi genetiche, siamo ancora alle fasi iniziali. Ci vorranno mesi”. “Servirà per vedere se ci sono delle varianti genetiche che in qualche modo rendono le persone più protette o più suscettibili. Mi aspetto delle risposte”, aggiunge, ma non si sbilancia. “Vedremo”. Con i dati, con i numeri, ché “non esiste scienza senza misura”.

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