L’emergenza sanitaria da Covid19 che ha seminato morte soprattutto nell’Italia settentrionale, con Lombardia Veneto ed Emilia-Romagna tristemente in testa per numero di contagi, ha fatto emergere tutta la falsità di una visione e di una narrazione che da anni ci parla delle regioni del Nord Italia, in particolare della Lombardia, come modello di efficienza, competitività e vivibilità, contrapposte ad un Meridione incapace per sua stessa colpa di stare al passo, una sorta di zavorra nel tentativo di rincorrere la competitività della filiera produttiva del nord europa a guida tedesca.
Su questa retorica falsata, si è costruito il mito della regionalizzazione, con la riforma del titolo V della Costituzione che, con particolare riferimento alla sanità, ha creato di fatto 21 sistemi sanitari diversi moltiplicando diseguaglianze tra territori, con fenomeni sempre più accentuati di liste d’attesa infinite, rinuncia alle cure, indebitamento per sostenere le spesa sanitarie e “turismo sanitario” dovuto alla pressoché totale mancanza di accesso a prestazioni adeguate in alcuni territori.
Questa gestione regionalizzata ha poi mostrato tutta la sua inadeguatezza nel corso dell’emergenza sanitaria, a causa di una diversificazione nei modelli operativi e nella capacità di contrasto dell’epidemia da parte delle singole regioni, a fronte invece della necessità di una risposta uniforme e programmata a livello nazionale.
Nonostante sia palese che questo assetto istituzionale sempre più regionalizzato abbia prodotto solo diseguaglianze e sperequazioni, rendendo il Sud sempre più periferico e desertificato e costruendo un Nord dove solo i ricchi vivono bene e in cui comunque i livelli di crescita sono lontanissimi da quelli della Germania che si vorrebbe rincorrere (+0,7% della Lombardia contro il +23% della Baviera nell’ultimo rapporto di Assolombarda), si continua a perseguire la stessa strada con il progetto di autonomia differenziata, voluto sia dalla Lega di Fontana e di Zaia in Lombardia e Veneto che dal PD di Bonaccini in Emilia-Romagna, di cui il Governo Conte ha già presentato la bozza di legge quadro e rispetto al quale anche il M5S ha piegato la testa.
E’ una riforma che andrà a spaccare ancora di più il paese e ad inasprire ulteriormente le diseguaglianze sociali ed economiche lungo l’asse Nord-Sud e tra centro e periferia, senza che neanche siano stati definiti i livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio.
L’epidemia ha quindi squarciato il velo di tutta questa retorica mostrando il vero volto del modello di sviluppo del Nord Italia: dietro il fantomatico mito della “sinergia pubblico-privato” si nasconde lo smantellamento sistematico della sanità pubblica fatto di chiusura degli ospedali, dei servizi territoriali di prevenzione e della rete dei medici di base, a esclusivo beneficio del business della sanità privata che oggi in Lombardia si intasca il 40% della spesa sanitaria regionale.
Il tutto veicolato da una classe politica, regionale e locale, che da anni intreccia i propri interessi clientelari con i grandi gruppi della sanità privata e con quelli di Confindustria: ne sono la dimostrazione l’ordinanza con cui Fontana ha disposto il trasferimento dei malati Covid nelle RSA, venendo incontro alla richiesta manifestata dal presidente dell’Aris, l’associazione delle strutture socio sanitarie religiose, la mancata costituzione della zona rossa nella bergamasca sotto le pressioni di Confidustria e infine il fatto che la Regione Lombardia, pur essendo una delle regioni che ha effettuato il minor numero di tamponi, non ha perso tempo e, appena possibile, ha aperto ai test sierologici effettuati dalle strutture private, offrendo l’ennesima occasione di business alla sanità privata.
Parallelamente, alcuni studi, nell’analizzare le cause della maggiore diffusione del virus nel centro nord hanno preso in considerazione alcuni fattori, quali la maggiore urbanizzazione e i livelli altissimi di inquinamento atmosferico, come agenti idonei ad amplificare l’esposizione alle infezioni polmonari e a creare il contesto ideale per la diffusione del virus.
Tutti fenomeni figli di un modello sociale e ambientale deleterio, soprattutto per quanto riguarda i piani di sviluppo urbanistico e la gestione del sistema dei trasporti.
Da una parte, si lascia mano libera all’urbanizzazione sfrenata, in asservimento totale agli interessi e ai profitti della speculazione edilizia e spesso in spregio ai limiti (peraltro generosi) posti dai piani di governo del territorio.
Milano, al di là della retorica green continuamente messa in campo dalla giunta di Sala è di fatto capofila di questo modello di cementificazione e consumo di suolo, basti guardare ai piani scellerati di urbanizzazione connessi alla riconversione dell’area di Expo, alla costruzione del nuovo stadio e alla messa a profitto degli scali ferroviari in vista delle Olimpiadi.
Dall’altra, si disinveste totalmente nel trasporto pubblico, o privatizzandolo, come avverrà a breve a Milano con il Consorzio Milano Next, o lasciandolo alla malagestione e alle logiche clientelari della commistione pubblico-privato tipica di Trenord che da tempo denunciamo, come Potere al Popolo, con la campagna Sporchi Cattivi & Pendolari.
Il prezzo di tutto questo lo pagano soprattutto le fasce più deboli della popolazione, con un’aria irrespirabile e un costo della vita insostenibile, sia per gli affitti esorbitanti sia per gli aumenti del costo del trasporto; tutte contraddizioni che oggi esplodono nella drammaticità della crisi sanitaria, sociale ed economica.
É evidente quindi che anche la classe dirigente del Pd che governa nelle città chiave della Lombardia, come Milano e Bergamo, e che ora cerca di rifarsi una verginità politica puntando il dito contro la Lega di Fontana, è altrettanto responsabile politicamente di quello stesso modello di sviluppo in nome del quale da anni si taglia la spesa pubblica sociale, si privatizzano tutti i settori essenziali come sanità, trasporti, servizi sociali ed assistenziali, si cementifica e si devasta il territorio.
Inoltre esponenti di spicco come Gori, Zingaretti e Sala, a emergenza già dichiarata, lanciavano ridicole campagne che incitavano la gente a non lasciarsi impaurire dal virus e a continuare come se niente fosse, mentre Sala plaudeva all’”opera molto significativa” dell’ospedale in Fiera, rivelatasi poi una farsa e si affrettava a twittare contrariato rispetto a proposte (peraltro timide) di innalzamento delle tasse per i più ricchi.
Tutto questo mostra la stessa sudditanza agli interessi di Confindustria, in spregio alla tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori, salvo poi colpevolizzare a più riprese i comportamenti individuali dei singoli cittadini “irresponsabili”, invitati ad andare a “la-vo-ra-re”, occultando, dietro la criminalizzazione dei singoli, le vere responsabilità politiche e strategiche del disastro.
Per questi motivi, chiediamo che si intraprendano tutte le azioni necessarie a porre fine realmente a questo modello di sviluppo che specula sulla salute e sulle vite dei cittadini e antepone il profitto alla salute; troppe volte, nonostante gli scandali di corruzione e malasanità, abbiamo visto le classi politiche della Lombardia riciclarsi e riproporre le stesse dinamiche clientelari, di asservimento agli interessi privati e di svendita della cosa pubblica, che si ripropongono oggi sotto la giunta Fontana.
Si tratta infatti delle stesse dinamiche che abbiamo visto in pratica anche sotto le precedenti giunte regionali di Formigoni e Maroni, perennemente al centro di scandali di corruzione e malasanità; nonostante le inchieste e le condanne giudiziarie, non c’è mai stata la volontà politica da parte delle classi dirigenti nazionali e regionali di inchiodare e fare piazza pulita in modo definitivo di quell’intreccio affaristico di politica, imprenditoria e sanità privata, che avvelena da anni la gestione politica in Lombardia e che ha portato oggi al crollo di tutto il sistema, ovviamente sulla pelle delle fasce più deboli di chi vive in Lombardia.
A fronte di tutto questo, non accettiamo soluzioni di compromesso e pretendiamo quindi il commissariamento dell’intera Giunta Regionale e non solo della sanità, come segno concreto e forte di rottura definitiva con questa gestione scellerata.
Come Potere al Popolo, facciamo quindi appello ai singoli e a tutte le forze politiche e sociali che si sono battute e si battono contro tutto questo per la partecipazione, il 13 giugno alle ore 15:00, ad un momento di mobilitazione e presidio sotto la prefettura di Milano, a cui porteremo le nostre richieste minime per invertire la rotta.
L’abbiamo detto e lo ribadiamo; non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema!
per tutte queste ragioni chiediamo
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il commissariamento della giunta regionale della Lombardia
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una commissione di inchiesta trasparente e partecipata dai comitati dei parenti delle vittime dell’epidemia
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la fine del sistema di accreditamenti della sanità privata
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le dimissioni del sindaco di Milano Sala e del sindaco di Bergamo Gori
13 giugno ore 15:00 presidio sotto la Prefettura di Milano
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