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La farsa dello “sgombero” di Casapound

Siamo da sempre impegnati nei movimenti per la casa e in difesa attiva delle occupazioni degli immobili.

Nell’occuparci dunque della “minaccia di sgombero” di Casapound dal lussuoso palazzo di via Napoleone III a Roma, a 100 metri dalla stazione Termini, l’unico aspetto che vogliamo tralasciare è proprio l’”occupazione abusiva”. Sappiamo benissimo che gli sgomberi riguardano soprattutto famiglie realmente senza casa e con redditi insufficienti (quando pure ci sono), oppure gli spazi sociali che offrono servizi ai quartieri circostanti.

Non a caso, il prefetto di Roma a suo tempo nominato da Salvini, Gerarda Pantalone, ha continuato a cercare di proteggere i “fascisti del terzo millennio” obiettando a Virginia Raggi che prima di loro ci sono almeno altri 30 sgomberi da effettuare.

Il primo di quella famosa lista che gira ormai da anni è stato effettuato nel quartiere di Primavalle, a danno di famiglie davvero in “emergenza abitativa”, con scene tali da far intervenire anche il Vaticano e quindi, solo su quella scia, Pd e altre forze. Da lì in poi, la raffica di sgomberi si è fermata. E dunque che il prefetto di Roma metta CasaPound in “trentunesima posizione” equivale a dire “io non li sgombererò mai”.

Del resto, la “protezione” statale sui fascisti è cosa antica, praticamente mai cessata in tutta la storia repubblicana. I più anziani ricordano per esempio le “difficoltà” della Procura di Roma, in cui aveva una posizione dominante il giudice Alibrandi, ad indagare sui terroristi dei Nar (in cui aveva una posizione dominante il figlio Alessandro Alibrandi, poi morto in uno scontro a fuoco casuale con la polizia). Ma potremmo andare avanti all’infinito, prima e dopo Piazza Fontana…

La stessa Procura (tramite il Gip), in questi giorni, ha emesso un decreto di sequestro preventivo in relazione all’inchiesta della Procura per associazione a delinquere finalizzata all’istigazione razziale. Il che non c’entra granché con l’”occuazione abusiva” e molto, invece, con la natura dell’associazione fascista.

I cui membri risultano tutti piuttosto “messi bene” quanto a redditi, anche tra i residenti che si autodichiarano in “emergenza abitativa”. Metà di loro sono infatti dipendenti pubblici, con il normale stipendio dei dipendenti pubblici (non clamorosi, ma certo non da costringere ad occupare una casa…), mentre altri lavorano in un noto ristorante romano – “da Angelino” – di proprietà della moglie di Gianluca Iannone, uno dei capimanipolo fascisti.

Come scrive Il Fatto, “La guardia di finanza ha consegnato al procuratore generale della Corte dei Conti, Andrea Lupi, un elenco di 16 nomi. Fra questi ci sono due dipendenti del ministero Economia e Finanze, ente proprietario dell’immobile. La prima, D.D.G., è una donna di 41 anni impiegata presso la Direzione centrale sistemi informativi e innovazione, che fra il 2014 e il 2017 ha dichiarato un reddito imponibile di Latina di circa 17mila; la seconda S.G., invece è un’altra 41enne, che lavora alla Ragioneria territoriale dello Stato ma che nel 2017 ha dichiarato solo 11mila euro di reddito. C’è anche F.C., dipendente del Policlinico Gemelli di Roma e uno stipendio medio annuo di 20mila euro.

Poi ci sono i dipendenti di Regione Lazio e Comune di Roma. D.N., impiegato 54enne di LazioCrea Spa, con 19mila euro di imponibile, è sposato con E.C., dipendente della municipalizzata capitolina Zetema, 17mila euro di reddito. Sempre in Zetema lavora M.C., 17mila euro annui. Sabrina Properzi, invece, è una dipendente Cotral, la società dei trasporti della Regione Lazio. Nel 2016 è stata candidata al Comune di Roma nelle liste della tartaruga frecciata: dichiara in media 27mila euro l’anno, mille euro in più del marito, che lavora sempre in Cotral. Dipendente diretta del Comune di Roma è invece S.C., con uno stipendio medio annuo imponibile che si attesta sui 22mila euro.”

Due cose da notare. La prima è che stare in un’occupazione è per questa gente solo un modo di risparmiare su affitto o mutuo, senza che ci sia un “bisogno” non risolvibile altrimenti. La seconda è che le “competenze” dei “dipendenti pubblici” fascisti hanno consentito di mettere in piedi una serie di trucchi per evitare che arrivassero bollette da pagare, che diverse denunce venissero archiviate, ecc.

Protezioni politiche, “internità” a diversi uffici pubblici e quindi anche “un occhio di riguardo” da parte di certi “dirigenti”, hanno costituito per anni una solida difesa di questo gruppazzo di picchiatori ben remunerati.

Che, ricordiamo, andrebbero messi fuorilegge per rispetto della Costituzione e ai sensi della “legge Mancino”, che vietano la “ricostituzione del partito fascista” in ogni sua forma. Perché il fascismo è un crimine, non un’”opinione” tra le altre.

Ma su questo punto, come sempre, le “autorità” fanno da sempre orecchia da mercante. Preferendo blandire picchiatori da utilizzare alla bisogna…

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3 Commenti


  • francesco

    quindi il succo è che manco sta volta verranno effettivamente cacciati e arrestati?
    immagino che solo con quello che troverebbero là dentro ce ne sarebbe per parecchi


  • Ivan

    Mi ricordo a Milano nel 77 quando non avevano il coraggio di mettere la testa fuori dalla porta di casa. Bei tempi. Giovani è il vostro momento riprendete i le strade. Riprendete la città è vostra non dei fascisti


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