E’ morto il compagno Franco De Marchis “Franchino”, uno degli storici compagni dell’Alberone e un compagno di una vita e militanza fatta di momenti allegri e di momenti difficili.
Giovedì 3 settembre dalle ore 11.45 alle 13 sarà possibile salutarlo alla camera mortuaria dell’ospedale San Giovanni Addolorata (via di santo Stefano rotondo 5).
Dalle 14 alle 16 invece lo si potrà salutare presso il laboratorio sociale Centocelle (ex casale Falchetti) in viale della Primavera 319b. Sarà ovviamente necessaria la massima attenzione alle norme di distanziamento e anche la mascherina.
Un saluto a pugno chiuso al compagno Franchino De Martis, che la terra ti sia lieve.
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La sera del 31 agosto è venuto meno all’affetto dei compagni e delle compagne Franco De Martis, anarchico ed esponente dell’anima libertaria del Comitato di Quartiere dell’Alberone, struttura storica della quale fu tra i fondatori. Pur mantenendo il suo impegno nel Comitato di Quartiere fu presente nel Gruppo di Autogestione Proletaria nel quartiere di S. Lorenzo, aderente all’Organizzazione Anarchica Romana, fu poi fautore della Federazione Comunista Libertaria tra il 1973 e il 1975. Nella seconda metà degli anni settanta partecipò attivamente alle lotte nelle caserme con i MAO (Militari Autonomi Organizzati).
Di lunga militanza antifascista, partecipò attivamente al movimento del ‘77 romano e alle lotte dei disoccupati e precari per il diritto al lavoro che condussero all’emanazione della legge 285. Nel 1982 Franco fu costretto insieme alla sua compagna all’esilio in Francia dove partecipò alla campagna per l’amnistia per i prigionieri politici italiani. Nel 1991, nel ventennale della formazione dell’OAR, insieme ad altri compagni libertari fondò il Circolo Michael Bakunin. Tra le iniziative del Circolo Bakunin ci fu la produzione del film documentario in lingua italiana Ecole Bonaventure, diversi convegni su personaggi storici come Giovanni Passannante, Camillo Berneri e Francisco y Guardia Ferrer e la fondazione della rivista Libertaria che fece da seguito alla chiusura della precedente rivista Volontà.
Un lungo percorso militante ispirato alla libertà e all’attenzione per la società e la sua organizzazione. Saluteremo con affetto Franco giovedì 3 settembre dalle ore 11.45 alle ore 13.00 alla camera mortuaria dell’Ospedale S.Giovanni Addolorata in via di S. Stefano Rotondo 5 e in seguito sarà accompagnato per un saluto di tutte e tutti, amici, parenti e compagni presso il Laboratorio Sociale Centocelle (ex Casale Falchetti) in viale della Primavera 319b dalle ore 14.00 alle ore 16.00. Sarà necessaria la massima attenzione alle norme di distanziamento sanitario e pertanto indossare la mascherina.
Le compagne e i compagni di Franco
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E’ morto Franco De Martis, conosciuto da tutti come “Franchino”, compagno storico del quartiere romano dell’Alberone, ma anche fuggiasco a Parigi, come ha rammentato in queste stesse ore Oreste Scalzone (leggi più avanti). Lo salutiamo col le parole che ha scritto per lui Sandro Padula. (Insorgenze.net)
Non solo per i rigurgiti razzisti e sessisti in diversi paesi, per la diffusione globale del Covid 19, per l’idiozia dei sostenitori del neoliberismo che non accennano a riconoscere il proprio fallimento storico e per la totale ignoranza dell’attuale Biopotere che invece di parlare del necessario distanziamento fisico benedice il “distanziamento sociale”, cosa di per sé antitetica a quell’animale sociale e cooperativo chiamato uomo, il 2020 è un anno a dir poco inumano, infame, infausto, infelice.
Quest’anno, uno dopo l’altro e con ritmo impressionante, se ne stanno andando via diversi fra i migliori compagni di lotta dell’Italia degli anni Settanta e che, per buona fortuna o per semplici coincidenze, ebbi l’opportunità di conoscere direttamente.
Il primo è stato Enrico Villimburgo, morto suicida in Francia per non finire nelle carceri Anni settantaitaliane. Il secondo Luigi Novelli e il terzo Salvatore Ricciardi.
Il quarto in ordine di tempo, morto di cancro dopo una terribile agonia in ospedale, è Franco De Martis che nei primi anni Settanta aveva conosciuto sia Novelli che Ricciardi, oltre a centinaia di altri militanti della compagneria extraparlamentare romana.
Lui compagno lo è stato sin dai quattordici anni quando leggeva “Eros e civiltà” e “L’uomo a una dimensione” di Herbert Marcuse, “Il Muro” di Jean Paul Sartre, “La psicologia di massa del fascismo” di Wilhelm Reich o allorché andava alle feste proletarie con i coetanei e fissava negli occhi le ragazze di cui s’innamorava.
Lo è stato quando, dopo la strage di Stato del 12 dicembre 1969 nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, lottava per la liberazione di Valpreda, Gargamelli, Borghese e altri compagni anarchici ingiustamente accusati di quel gravissimo crimine.
Lo è stato quando, nella zona sud di Roma, organizzava la resistenza contro le provocazioni dei neofascisti, ad esempio davanti all’ingresso del liceo classico Augusto o di fronte a quello del liceo scientifico XXIII.
Lo è stato quando, assieme ai compagni studenti e ai lavoratori dei trasporti della Stefer del deposito di via Appia, metteva in fuga i neofascisti che frequentavano la sede del Movimento Sociale Italiano di via Noto.
Lo è stato quando visse prima un’esperienza con la Federazione Comunista Libertaria e poi un’altra nella più vasta area dell’Autonomia Operaia Organizzata.
Lo è stato quando partecipava alle lotte per la casa e per l’autoriduzione delle bollette della luce e a tutte le manifestazioni di internazionalismo proletario e rivoluzionario.
Lo è stato quando, nei cortei del 1977, mentre a livello politico dominavano la Democrazia Cristiana, la formula governativa della “solidarietà nazionale” e il “farsi Stato” del PCI, distribuiva gratis centinaia di opuscoli con la traduzione del “Piccolo manuale della guerriglia urbana”, un testo scritto nel 1969 dal rivoluzionario brasiliano Carlos Marighella.
In seguito lo persi di vista. In un modo o nell’altro, con più o meno contraddizioni ma – da quanto seppi da svariate e comuni persone amiche – sempre in maniera onesta e dignitosa, attraversò gli anni 80 e 90. Poi, nei primi due decenni del XXI secolo, riprese fiato e si mise a disposizione delle nuove forme dell’antagonismo sociale e delle realtà autogestite.
Franco De Martis ci lascia perciò un’eredità speciale: il desiderio di costruire una comunità reale per meglio contrastare le ingiustizie, i mali e i dolori del presente. E in quel desiderio, così come per Enrico, Gigi e Salvatore, anche Franco vive. Vive e vivrà. Nel cuore della compagna Nuccia, di sua figlia e nel nostro.
Il ricordo di Oreste Scalzone
«Posso dire, che da subito mi apparvero, una trentacinquina d’anni fa quando li conobbi, di quelli/e che anarchia, comunismo, rivolta, solidarietà attiva, l’hanno vissuto e vivono ‘come si respira’. E che distinguo, più specifiche appartenenze, etichette pur fondate, semanticamente, teoricamente pertinenti e di cui loro erano edotti, tutto questo hanno posposto a una pratica di vita, un’apertura curiosa, una grandezza che con termini desueti si poteva chiamare ”generosa” ed altruistica (‘egoaltruistica’, certo, perché c’è anche il piacere del ‘rispetto di sé’, ‘amor sui’, su una linea di condotta fatta di tanti punti, sempre consistente su un piano d’immanenza, in ogni ‘qui-ora’ : una ‘filosofia pratica’, altrimenti detta «etica» nel senso di Spinoza e come lo spiega anche ”ai pargoli” Deleuze, con quell’espressione ”tentare di essere all’altezza di ciò che ci accade”, che ci accade intorno).
Franco&Nuccia, Nuccia&Franco – conosciuti nella loro stagione e condizione di fuggiaschi, ”profughi d’Italia alla ventura”, fuoriusciti, latitanti scampati alla muta di Stato che bracca, e rifugiatisi nel precario ”esilio” in Francia – erano già a Parigi forse prima di noi, certo già in quel tumultuoso (pieno di ‘tumulti anche dell’anima’) ‘novecent’ottantadue’. Abbracciarono subito la linea di condotta del ”tutt’e[cioè]ciasc’1”, ‘tout-un-chacun’, con quanto ne seguiva, e ne seguì.
Pagarono anche personalmente ”con gli interessi” il fatto che – ospiti nel senso, diciamo passivo, di ‘ospitati’, accolti – non potevano non essere a loro volta anche ospiti nel senso ‘attivo’, di ‘ospitanti’ : accoglienti, attivamente solidali.
Tante cose negli anni di Parigi…. A cominciare dalla conoscenza della ‘cerchia’, il rizòma di gente della loro pasta – valga per tutti, al solito, Gérard* ||…| ; dalle fedeltà profonde (ho nella retina la loro cura, delicata, nei confronti di Fernando Del Grosso* già vecchio, malato, infragilito come ora noi…) ; dalle aperture curiose ed empatiche. E le manifestazioni, gl’incontri, le assemblèe, i picchetti e i volantini… E l’ esperienza di Trilogos, scuola di lingua e cultura e lingue di genti di ”dove il ‘Sì’ suona”, con compagne e compagni di esperienze, provenienze e orizzonti diversi».
Per salutare l’amico e compagno Franco De Martis
Giovedì 3 settembre dalle ore 11.45 alle 13 presso la camera mortuaria dell’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma (via di Santo Stefano Rotondo 5); dalle ore 14 alle 16 presso il laboratorio sociale Centocelle (ex Casale Falchetti) in viale della Primavera 319 b.
Sarà ovviamente necessaria la massima attenzione alle norme di distanziamento fisico e l’uso della mascherina.
Mercoledì 16 settembre alle 17,30 verrà ricordato a Parigi nel cimitero Père Lachaîse, davanti al Muro dei Federati.
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sergio falcone
Lavorava alla camera dei deputati, nel gruppo di Forza Italia. Dove sta la coerenza?
Redazione Contropiano
Fare un lavoro salariato – non “militanza” o “volontariato” – implica che una persoona non possa essere identificata col mestiere che fa in una certa parte della vita. Nel caso degli impiegati della Camera, ad ogni legislatura ti può toccare un gruppo diverso. E nell’attuale Parlamento non ce n’è uno che corrisponda a noi oppure a Franchino.
Insomma, obiezione respinta…