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Intervista a Giulia, la studentessa che mise ko Renzi su La7

Dopo quella di domenica agli studenti del Kant, oggi vi proponiamo un’intervista a Giulia, la studentessa dell’Opposizione studentesca d’alternativa (Osa), che in diretta a “L’aria che tira” su La7 durante lo sciopero dello scorso 11 gennaio, fu interrotta dalla conduttrice Myrta Merlino mentre metteva letteralmente ko Matteo Renzi, in collegamento telefonico, su riforme come la Buona scuola e l’Alternanza scuola-lavoro.

La lucidità con cui quest’esponente della nuova generazione spazia tra scuola, politica, pandemia, Unione europea, forse dovrebbe far cadere alcune cliché sui tanto nominati “giovani d’oggi”, mai veramente interpellati in prima persona. E poi qualche ben pensante si domanda perché si occupano le scuole…

Buona lettura.

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Siamo al secondo giorno di occupazione del Kant dopo una settimana di mobilitazione. Ieri la violenza della polizia qui all’ingresso della scuola, che chiunque ha potuto vedere attraverso i video che sono stati subito diffusi.

Come Osa abbiamo lanciato una settimana di mobilitazione nazionale e ieri, dopo una grande giornata di sciopero degli studenti, abbiamo deciso di supportare gli studenti del Kant. Mentre gli studenti erano in assemblea straordinaria per decidere sull’occupazione, fuori ho visto con i miei occhi la scena di questo ragazzo che, mentre cercava di chiudere il cancello con la catena, si è trovato circondato da un gruppo di varie guardie che lo hanno messo in un angolo e lo hanno picchiato.

Altri studenti si sono messi in mezzo per separarlo e allontanarlo dalle forze dell’ordine, se si possono chiamare così, perché ieri si sono comportati da veri e propri criminali. Si è subito costituito un presidio di solidarietà e subito ci hanno identificati in modo intimidatorio. Questo è il livello della repressione nel nostro paese; si vede bene che la violenza non la provochiamo noi.

Si tenta evidentemente di soffocare le proteste, di zittire gli studenti. Proprio tu sei stata protagonista del video su La7 in collegamento con Matteo Renzi, che è stato volutamente interrotto.

Si, un vero atteggiamento di censura. Questa frase “aspetta Giulia, fermiamoci un momento!”… perché? Perché siamo studenti in lotta e pariamo di cose scomode? Purtroppo siamo abituati a questo atteggiamento, ma non è assolutamente giustificabile. Il sindacato di polizia ha negato l’innegabile – visto che abbiamo i video – affermando che le forze dell’ordine preferiscono “cercare il dialogo” quando in realtà non l’hanno mai fatto.

Ma questo non è il primo atto di repressione nei nostri confronti: lo vediamo in tutte le piazze, lo vediamo negli sgomberi, lo abbiamo visto anche all’occupazione che abbiamo fatto a Pietralata, dove dei minorenni sono stati fermati per tre ore e ci volevano portare in questura. Ci siamo dovuti sedere a terra per evitarlo.

Effettivamente in questo tipo di sistema non ci sono le cosiddette “mele marce”, ma è un sistema del tutto marcio. La protesta che stiamo portando avanti è una protesta scomoda perché c’è chi si finge dalla nostra parte, come la ministra Lucia Azzolina, e invece noi stiamo dimostrando che non è così.

A livello nazionale avete ricevuto grande sostegno e grande solidarietà da parte di altre scuole. Partiranno altre occupazioni?

Penso di si. Vedere che la prima scuola ad occupare è una scuola di periferia, qui tra Centocelle e Tor Pignattara, è bellissimo perché è qui in periferia che emergono le contraddizioni di questo sistema e di questo modello scolastico che ormai si è dimostrato un fallimento.

Quindi dare anche una spinta e un segnale così forte penso sia importantissimo e spero che seguano altre scuole, perché abbiamo fatto gli scioperi ma nonostante questo continuano a occuparsi di altri interessi, di certo non di quelli degli studenti e dei lavoratori.

Ho visto che la risposta degli studenti è stata forte, non ha tardato a farsi sentire. Da tutta Italia sono arrivati vari messaggi di solidarietà, abbiamo visto i compagni che si sono mobilitati a Torino, a Milano, e questo è importantissimo perché dimostra che c’è unità nelle lotte studentesche e non solo.

Oltre alle disuguaglianze economiche, l’emergenza Covid ha fatto emergere le conseguenze delle politiche degli ultimi decenni, oltre che sul sistema sanitario, appunto anche su quello scolastico.

Infatti la questione non è solo il ritorno in sicurezza. A scuola vogliamo tornare con un modello diverso, diverso da quello neoliberista che continua a proporci il governo in linea con le politiche dell’Unione europea, che continuano a trattarci come dei numeri e come dei lavoratori che diventeranno un giorno precari, non come studenti che devono crescere, si devono inserire in un contesto sociale. E non devono diventare schiavi, ma essere liberi.

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