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Nella scuola-azienda dell’Ue, il Preside diventa un “manager”

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione da parte dell’Opposizione Studentesca d’Alternativa – Osa, sigla che agisce nelle scuole delle maggiori città del paese – sul ruolo assunto dei “Presidi manager” in queste settimane di agitazione, proteste e occupazioni nelle scuole.

Il neoliberismo da 40 anni a questa parte porta in dote, sul piano ideologico, la visione aziendalistica e commerciale di tutti i rapporti sociali, scuola compresa.

In questa torsione umanamente regressiva, il Preside si è trasformato in un direttore (manager, appunto) della futura forza-lavoro con compiti spiccatamente padronali, come controllo, supervisione, verifica di produttività (valutazione), campagna acquisti (ricordiamo le scuole che a inizio settembre non accettavano studenti sotto una certa media voti), quadratura dei conti, e via dicendo.

L’obiettivo è curare l’eccellenza e lasciare al proprio destino il resto della società. Un darwinismo sociale decisamente fuori tempo massimo, eppure riproposto qui con forza dall’Ue con la “scesa in campo” di Mario Draghi anche a livello produttivo, come abbiamo spiegato in  questo articolo a firma Barontini.

Per fortuna, non tutti si stanno lasciando intorpidire dalla narrazione con cui si celebra il terzo governo della legislatura.

Buona lettura.

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Nelle ultime settimane a Roma abbiamo assistito a un moltiplicarsi di mobilitazioni e proteste studentesche (in particolare con gli scioperi di gennaio) che, seppur ancora piccole e spesso dispersive, si sono mostrate inedite e interessanti e sono nate spontaneamente dall’esigenza di lottare e di opporsi alla gestione della scuola durante la pandemia da parte di Governo e Regione che hanno seguito in tutto e per tutto i dogmi e le indicazioni calate dall’alto dell’Unione Europea.

In questo contesto (che ha portato alle occupazioni di questi giorni) è emersa con forza la figura dei cosiddetti “Presidi-manager”, e la loro funzione strumentale al progetto della scuola-azienda conferitogli dall’UE.

Al liceo Ripetta, al Mamiani, al Socrate, al Giulio Cesare, così come all’Albertelli e al Kant e in tante altre, i presidi si sono posti come dei dirigenti d’impresa, con gesti autoritari e repressivi nei confronti delle proteste.

In alcuni casi permettendo l’ingresso massiccio di forze dell’ordine negli edifici scolastici, in altri casi negando agli studenti momenti di confronto e di emancipazione come le assemblee, oppure ri-istituendo la Dad al 100%, per destabilizzare momenti di lotta come le occupazioni, e via discorrendo.

Questi eventi non sono casi isolati, ma il prodotto di un processo chiaro e ben delineato.

Un processo che tocca complessivamente la scuola da 30 anni, che l’ha trasformata nel luogo di formazione dei futuri lavoratori precari, facendola al contempo diventare il più simile possibile ad un’azienda.

Proprio in questo modello di scuola  trova perfettamente luogo la trasformazione che la figura del preside ha subito: lo vediamo dal fatto che sia ora chiamato Dirigente scolastico e non più preside, dalla formazione che subisce, dalle funzioni che gli son chieste di svolgere; anni fa il preside era quasi sempre un insegnante esperto, che al culmine della sua carriera e della sua esperienza da lavoratore, prendeva tale ruolo e le conseguenti responsabilità.

Questo avviene in un quadro preciso fatto dopo anni di riforme, di Autonomia Scolastica sempre crescente, funzionale a dividere le scuole fra quelle di serie A e quelli di serie B, fra quelle destinate ai ragazzi delle famiglie più abbienti e ai figli di proletari, fra la classe dirigente di domani e quella lavoratrice e precaria; dopo riforme come la Buona Scuola, che con l’alternanza scuola-lavoro ci abitua al precariato e alla mancanza di diritti sul lavoro e alla subordinazione nei confronti del dirigente/padrone.

È così che figura e la formazione del Dirigente scolastico hanno subito mutamenti, diventando sempre piu improntati a rendere la propria scuola competitiva nei confronti delle altre e accattivante per “guadagnare” pubblicità e nuove iscrizioni degli studenti, abbandonando gli interessi dei lavoratori e dei ragazzi.

Questo processo si è sviluppato sull’imposizione delle politiche dell’Unione Europea che in 30 anni, articolatasi dalla riforma Berlinguer negli anni ‘90 fino a oggi, passando per Moratti, Gelmini, Renzi, Azzolina, portandoci alla situazione che viviamo oggi.

Draghi e Patrizio Bianchi (nuovo ministro dell’istruzione) vogliono continuare questo processo con progetti che vogliono avvicinare ancora di più la scuola agli interessi dei privati.

Se è vero che quella del “Preside manager” è una contraddizione sempre più evidente agli studenti, una stortura odiosa e insopportabile, dobbiamo anche ricordare però che questo è anche un tema centrale del modello scolastico dell’Unione europea.

Sta allora agli studenti costruire conflitto attorno a questo tema, perché è terreno di scontro diretto con un modello scolastico che ha fallito e a cui è necessario osare opporsi.

LA STRADA È LA LOTTA

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