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C’è una sola alternativa: quella al sistema Draghi

Il governo Draghi rappresenta un punto costituente, un discrimine del sistema politico, sociale e culturale del paese. Durante e dopo questo governo nulla sarà come prima, a maggior ragione perché la pandemia a sua volta ha determinato un punto di svolta.

Siamo stati abituati a convivere con la strage come durante la guerra, a considerare le persone sacrificabili nel nome dell’interesse comune di non fermare il paese. Il guasto sulla morale collettiva è diffuso e solo un riscatto profondo, un ribaltamento di valori rispetto a quelli oggi dominanti, potrà invertire la rotta che oggi porta ad un egoismo sociale ed umano dilaganti.

Il governo Draghi rappresenta il punto conclusivo di un percorso conservatore e reazionario di trent’anni, che ha modificato strutturalmente il nostro paese. Questo percorso si è sviluppato su tre direttrici fondamentali. Quella economico sociale, con il dominio crescente di una borghesia multinazionale che ha fatto dell’Unione Europea il suo strumento di potere e di egemonia.

È stato smantellato il sistema dell’industria pubblica e delle politiche industriali e lo stato e le conquiste sociali sono stati sottoposti a una brutale revisione in senso liberista. Il diritto del lavoro è stato sottomesso all’impresa e la flessibilità e la precarietà sono diventate le condizioni dominanti.

L’Italia ha smontato la sua costituzione materiale e ha distrutto sostanzialmente l’avanzamento sociale dei decenni precedenti. Oggi il nostro paese, tra quelli ricchi, è uno dei più esposti alla globalizzazione e alla ferocia dei mercati internazionali.

Sul piano culturale il lavoro combinato del berlusconismo e del liberismo di centro sinistra ha affermato un individualismo proprietario, egoista, sopraffattore, che è diventato l’anima dominante del nostro paese.

Infine sul piano politico soprattutto l’ultimo decennio ha diffuso e reso egemone il trasformismo come principio guida di tutte le forze politiche. Sia il centro sinistra, sia il centrodestra, sia chi non voleva essere né di destra né di sinistra, oggi sono accomunati dalla comune centralità dell’essere al governo a tutti i costi. I principali partiti e schieramenti politici condividono il 90% e più delle scelte concrete.

Nel governo Draghi stanno tutti assieme perché sono in realtà assieme, mentre le baruffe politiche violente con le quali si contendono l’elettorato sono una sostanziale finzione. Questa conclusione conservatrice e reazionaria di trent’anni di involuzione del nostro paese si consolida nella collocazione internazionale. Su questo piano c’è persino una regressione rispetto al fondamentalismo europeista che ha contraddistinto i decenni passati.

Draghi ha voluto accentuare l’impegno “euroatlantico” del nostro paese. Recuperando questo termine dalle anticaglie della guerra fredda degli anni 50, il Presidente del Consiglio ha voluto sottolineare che il sistema di potere italiano cerca una ricollocazione negli equilibri europei, come principale e più fedele alleato degli Stati Uniti. Cercando di svincolarsi dai consolidati servilismo e subalternità verso la Germania, ora la borghesia multinazionale del nostro paese pensa di ricavarsi un ruolo competitivo rispetto a quella tedesca assumendo la funzione di cane da guardia degli interessi USA nel continente.

Questo significa collocare l’Italia su una linea di maggiore rottura verso la Russia e la Cina, di maggiore impegno militare nella NATO, di maggiore tensione bellica verso il mondo.

Se tutto questo è vero, e trovo difficile che possa essere onestamente contestato, ne consegue una conclusione brutale e necessaria. Nessun cambiamento progressista, socialista, umanitario è possibile restando all’interno del sistema politico, sociale e culturale rappresentato dal governo Draghi.

Anche le tanto conclamate priorità ambientaliste, saranno poco più che un’altra filiera di affari per chi ha inquinato e devastato il mondo, se collocate dentro il sistema di interessi e di potere rappresentato dal governo Draghi.

La stessa Costituzione della Repubblica non può più essere utilizzata come modello perché profondamente devastata da tutto l’armamentario politico giuridico liberista che l’ha concretamente resa inattuabile.

La Costituzione della Repubblica non c’è più, da tempo sul piano sociale e ora anche su quello del sistema politico. I suoi principi suonano come parole vuote, buone a volte per l’ipocrisia dei governanti; parole di cui vale soprattutto sottolineare il contrasto con la realtà della politica e dell’economia dominanti.

Trent’anni di controrivoluzione liberista hanno davvero stravolto il paese a tutti i livelli e non cambierà più nulla se si resta dentro il perimetro del sistema attuale. Per questo “riformismo” è diventata la parola emblema della neolingua del potere, parola oggi sinonimo di trasformismo, che non ha nulla a che vedere con le riforme sociali del secolo passato. Per fare riforme progressiste e sociali vere oggi bisogna essere rivoluzionari, non riformisti.

Se è vero tutto il questo, oggi le piccole forze intellettuali che sono estranee a questo sistema politico dominante, i movimenti sociali, civili, ambientalisti, la minoranza di classe del sindacalismo, le forze politiche non assorbite o semplicemente scartate dal sistema, sono la prima base sulla quale costruire l’alternativa. Essa non partirà mai dall’interno del perimetro del sistema Draghi, che esclude una vera sinistra e permette solo la competizione tra diverse destre, più liberali e globaliste o più reazionarie e nazionaliste, ma comunque destre.

La democrazia italiana è da tempo mutilata, da tempo non prevede al suo interno una sinistra che critichi il capitalismo, il potere, la cultura dominante. Questa mutilazione oramai è giunta al suo punto di non ritorno, se la si accetta se ne diventa complici e servi. Anche per questa mutilazione il sistema dei partiti è oggi in totale crisi ed in particolare sono sul punto della scomparsa per manifesta inutilità il PD ed il M5S.

Per questo oggi sulle piccole spalle delle forze estranee al sistema Draghi sta un compito enorme: quello di ricostruire la democrazia costituzionale oggi in Italia, riaffermando quell’alternativa oggi soppressa. Giudicheranno i prossimi tempi se, superando la frantumazione e le reciproche avversioni, le forze estranee e contrarie al sistema Draghi riusciranno a costruire questa alternativa.

Però questo è il tema all’ordine del giorno: un’alternativa di sistema e non nel sistema. Questa per me è la premessa necessaria e utile per qualsiasi confronto politico, sociale culturale.

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1 Commento


  • Carmine Marzocchi

    Oggi è davvero necessario e non più rinviabile un percorso che provi ad unificare le forze politiche, culturali e sociali residue “estranee e contrarie al sistema Draghi”.
    Se non si prova a partire subito in questa direzione, si rischia di perdere per sfiducia e rassegnazione anche tante altre forze e soggettività ancora disposte oggi a riprovare a costruire un’ alternativa vera.

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