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Le vittime dei bombardamenti Nato in Libia? La verità contro un muro di gomma

Sulla rivista Foreign Policy, è stata pubblicata una inchiesta che chiede di far luce sulle vittime civili dei bombardamenti delle potenze della Nato in Libia dieci anni fa.

Nel 2011 per abbattere Gheddafi, ben otto potenze aderenti alla Nato (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Italia, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti),  bombardarono quel paese facendo centinaia di morti tra i civili. Per anni anche questo è stato un tabù (dalle nostre parti a tanti, a cominciare dal Quirinale di Napolitano, dovrebbero fischiare le orecchie, ndr).

A invocare giustizia, verità e risarcimenti è la campagna Airwars che da anni si batte per farli ottenere alle vittime dei crimini di guerra delle potenze, le quali proprio in Libia invocarono addirittura la dottrina della “Protezione dei civili”.

I civili libici uccisi dai bombardamenti Nato del 2011 sono stimati tra i 223 e i 403, su un totale di civili morti nel colpo di stato contro Gheddafi stimati tra i 1140 e i 2515.  La punta delle vittime è stata raggiunta nell’agosto del 2011 con 66 morti sotto i bombardamenti Nato su un totale di 349 vittime civili negli scontri. Stimati, appunto.

Joe Dick sul numero del 20 marzo di Foreign Policy ha provato a scoperchiare il macigno di omertà sulle vittime civili dei bombardamenti dei paesi Nato sulla Libia. Su altri paesi come l’Iraq e la Siria i governi e le forze armate dei paesi occidentali hanno cominciato ad ammettere. Ma la Nato in quanto tale ha alzato una barriera che al momento risulta inamovibile, soprattutto attraverso uno scarico di responsabilità tra i singoli Stati aderenti e la Nato stessa.

Quello che Dick definisce come un tabù ha visto il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aprire la strada, ammettendo che le sue forze hanno ucciso più di 1.300 civili nella campagna di bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato Islamico, anche se i reporter di Airwars stimino che il numero reale sia molto più alto. Altri alleati chiave degli Usa continuano a negare. Il Regno Unito ha ammesso solo una vittima civile in sei anni di bombardamenti sulle posizioni dello Stato Islamico, la Francia nessuna. E’ stato invece impossibile procedere contro la Nato per le uccisioni di civili durante i bombardamenti sulla Serbia nel 1999.

La stessa NATO ha ora una squadra di investigazione dedicata alle vittime civili in Afghanistan. Mark Goodwin-Hudson, che come tenente colonnello dell’esercito britannico ha guidato uno squadrone nel 2016 ed è ora un consulente per il Center for Civilians in Conflict, ha detto che non era solo moralmente giusto, ma aveva senso militare per risarcire le famiglie. “In termini di vittoria della guerra, devi ammettere gli errori, in particolare nel caso di danni ai civili, e prevedere riparazioni appropriate”, ha detto l’ufficiale britannico. “Soprattutto in contesti in cui dovresti combattere per i cuori e le menti.”

Ma in alcuni casi si presenta un problema di definizione delle responsabilità. In teoria, le coalizioni internazionali come la NATO riguardano la responsabilità collettiva. Tuttavia, per i civili che danneggiano, spesso sembra un’evasione collettiva, scrive Dick nel suo articolo.

Nel caso specifico le vittime degli attacchi della NATO in Libia si trovano in un vicolo cieco. Per chiedere scuse, devono sapere quale singolo paese ha effettuato il bombardamento, ma gli Stati responsabili si nascondono ancora dietro l’anonimato della coalizione.

Otto nazioni della NATO hanno effettuato attacchi aerei in Libia durante il 2011: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Italia, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti. Airwars ha presentato richieste di informazioni e domande a ciascuno di questi paesi in merito a singoli attacchi che, secondo quanto riferito, hanno ucciso civili.

La Danimarca e la Norvegia hanno fornito informazioni parziali, mentre tutti gli altri – Italia inclusa – non hanno risposto o si sono rifiutati di rispondere, trincerandosi dietro la responsabilità collettiva.

Le forze armate Usa hanno risposto affermando che a tutte le domande dovrebbe essere data risposta dalla NATO.

Ma l’attuale portavoce della NATO, Oana Lungescu, non ha risposto alle richieste su incidenti specifici. “La NATO come organizzazione non fa condoglianze o pagamenti ex gratia”, ha scritto via e-mail. “Come gesto volontario per alleviare le sofferenze dei civili, gli alleati della NATO hanno effettuato pagamenti alle vittime di operazioni militari in Afghanistan, Siria o Iraq”, ha aggiunto. “Non abbiamo registrazioni di alleati che effettuano pagamenti in relazione all’operazione in Libia”.

La Lungescu ha insistito sul fatto che la NATO non aveva “alcun mandato” per indagare all’interno della Libia dopo la fine del conflitto del 2011. “A quel tempo, le autorità libiche hanno indicato che stavano stabilendo i propri meccanismi per esaminare gli incidenti che hanno colpito i civili. Ci siamo offerti di sostenere quel processo, ma le autorità libiche non hanno accolto l’offerta della NATO “, ha scritto

Viene citato un caso esemplare. Quando un attacco aereo olandese del 2015 ha ucciso dozzine di civili in Iraq, i Paesi Bassi si sono nascosti dietro l’anonimato della coalizione anti-Stato islamico per quattro anni, nonostante sapessero in poche ore chi fosse il colpevole. Quando alla fine questo è stato scoperto dai giornalisti investigativi, la rivelazione ha quasi fatto cadere il governo olandese.

L’Olanda da allora ha istituito un fondo senza precedenti di 4 milioni di euro (quasi 5 milioni di dollari) per ricostruire la città colpita ed ha avviato una revisione per migliorare la trasparenza militare e la responsabilità per i danni civili.

Sia la NATO che i singoli stati membri sanno quasi certamente quali paesi abbiano effettuato i bombardamenti che hanno causato danni ai civili in Libia.

Esiste addirittura un nuovo manuale della NATO – “Protezione dei civili” pubblicato l’11 marzo – che rileva la necessità “di prevenire, identificare, indagare e tenere traccia degli incidenti di vittime civili dalle nostre stesse azioni, fornendo anche ammende e assistenza post-danno quando i civili vengono danneggiati come risultato di queste operazioni”. Eppure un decennio di silenzio totale sulla Libia suggerisce che la NATO abbia ancora poca disponibilità reale a seguire quella strada.

Secondo Joe Dick ci sono alcuni casi avrebbe dovuto essere semplice chiedere scusa alle vittime.

Intorno all’una del mattino del 19 giugno 2011, una bomba ha colpito la casa della famiglia Gharari a Tripoli, uccidendo cinque persone. La NATO dichiarò immediatamente un “guasto del sistema d’arma” che “ha fatto sì che l’arma non colpisse l’obiettivo previsto e, secondo quanto riferito, ha provocato una serie di vittime civili“.

Ma gli abitanti e gli amici della famiglia Gharari riferiscono voci secondo cui la famiglia vittima del bombardamento veniva ritenuta simpatizzante di Gheddafi.

Mohammed al-Gharari, la cui sorella e i suoi due figli erano tra gli uccisi, ha deciso di lottare per ottenere le scuse. Ma ben presto ha verificato che non esisteva una via chiara per arrivare alla giustizia. Senza sapere quale nazione ha sganciato la bomba, non poteva nemmeno chiedere riparazioni o assistenza medica per i feriti nell’attacco della NATO.

Mohammed al-Gharari si è recato anche a Bruxelles, sede del quartier generale della NATO. Ha pagato un avvocato belga nel tentativo di scoprire cosa sapeva l’alleanza sulla tragedia della sua famiglia, inclusa la nazione che li aveva uccisi. I soldi per le spese legali si sono esauriti, ma quelle informazioni rimangono riservate.

Tuttavia, la nazione che ha condotto il bombardamento che ha ucciso la famiglia di Gharari aveva ammesso internamente, quasi immediatamente, che l’operazione “non è andata bene”. Mohammed Gharari è arrabbiato perché potrebbe non essere mai autorizzato a sapere quale nazione è responsabile del bombardamento, e denuncia come i responsabili si nascondano dietro l’anonimato della NATO.

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