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Strage di Bologna. Lo Stato sapeva, i veri terroristi siete voi!

Questa è la notizia uscita riguardo alla strage fascista alla stazione di Bologna.

Lo Stato sapeva della pianificazione che era in atto e ha permesso che la realizzassero. Da sempre, infatti, i fascisti sono stati il braccio armato della borghesia e del suo comitato d’affari, che in quegli anni risposero con le bombe e la violenza fascista organizzata all’avanzamento del movimento operaio rivoluzionario in questo paese.

È notizia di questi giorni infatti che il giudice Tamburino, nello svolgimento del processo sulla strage, ha testimoniato la connivenza fra i terroristi fascisti dei NAR e i servizi segreti del Sisde: negli stessi giorni, invece, lo Stato italiano chiede l’estradizione per dieci compagni in Francia, per fatti risalenti agli anni settanta!

Ancora oggi qualsiasi ipotesi rivoluzionaria fa tremare le gambe alla borghesia: basta solo la parola brigate rosse, la parola comunismo che subito lo stato attua la sua vendetta spietata.

La Strage di Bologna è strage fascista e di Stato! I veri terroristi sono quelli che insieme ai fascisti hanno messo le bombe nelle piazze e sui vagoni!

LIBERTÀ PER GLI ESULI FRANCESI!

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Strage di Bologna. Il SISDE era informato e aveva collaboratori tra gli esecutori. Ma non ha fatto nulla!

Il 28 aprile, a Bologna, si è tenuta le terza udienza del processo ai mandanti della strage di Bologna del 2 agosto 1980 in cui è stato ascoltato il giudice Giovanni Tamburino in relazione a un episodio avvenuto pochi giorni prima della strage.

All’inizio del luglio 1980 la matricola del carcere di Padova informava il giudice Calogero della richiesta di colloquio da parte di un tale Vettore Presilio, detenuto da un paio di mesi, in attesa di processo, militante della sezione Arcella del MSI, noto picchiatore fascista.

La richiesta veniva girata da Calogero a Giovanni Tamburino, allora giudice di sorveglianza, che incontrò il detenuto il 10 luglio. Al colloquio era presente anche l’avvocato difensore, Franco Tosello, anche lui di Padova.

Vettore Presilio era in attesa di appello e chiedeva di accelerare i tempi del processo, e per dar forza alla sua richiesta affermava di essere confidente dell’arma facendo il nome di due carabinieri che tenevano i rapporti con lui, tali Norbiato e Scibilia,  per i quali raccoglieva informazioni, in particolare su Franco Freda.

E sempre per dar forza alla sua richiesta Vettore Presilio parlava anche di due attentati in preparazione, uno al giudice Stiz di Treviso, che avrebbe dovuto avvenire a settembre, e uno che lo avrebbe preceduto e che sarebbe stato un attentato eclatante .

Sul primo era in grado di fornire dettagli circostanziati. Sarebbe stata utilizzata una Alfetta con i contrassegni dell’arma e l’azione sarebbe stata eseguita da persone travestite da carabinieri.

Sul secondo invece non aveva notizie precise, se non che sarebbe stato un fatto di enorme gravità e che “ne avrebbero parlato i giornali, tutti i giornali“.

Nei giorni immediatamente successivi il giudice Tamburino prima di tutto chiedeva conferma ai carabinieri del ruolo di confidente di Vettore Presilio, e lo chiedeva al comandante del gruppo di Padova, colonnello Azzolin.

Avuta conferma, informava Procura e Carabinieri del progetto di attentato a Stiz, che infatti veniva sventato, mentre per quanto riguarda l’attentato di “enorme gravità” che sarebbe dovuto avvenire entro un breve periodo, decideva. d’accordo con il colonnello Azzolin, di informare i Servizi perché si attivassero a raccogliere le informazioni necessarie a contrastarlo.

Quindi il colonnello Azzolin metteva in contatto il giudice Tamburino con il capocentro del SISDE di Padova, Quintino Spella, che proveniva dall’arma dei Carabinieri.

Prima della strage, ci furono ben tre incontri tra Tamburino e Spella, il 15, il 19 e il 22 luglio.

Spella conferma il ruolo di Vettore Presilio e tra l’altro nell’incontro del 22 luglio ne avrebbe sostenuto la richiesta di accelerare i tempi del processo.

Insomma Vettore Presilio oltre a collaborare con l’arma, collaborava anche con i servizi.

Però i Servizi non fanno nulla e il 2 agosto a Bologna è la strage.

Due ulteriori episodi illuminano di una luce ancora più cupa il tutto.

Il primo è raccontato dalla stesso Tamburino: quattro giorni dopo la strage, il 6 agosto, Spella lo incontra nuovamente. Ma Tamburino nei suoi appunti scrive di essere rimasto quanto mai sconcertato dal comportamento del capocentro del SISDE, che insisteva di aver offerto la più completa collaborazione, quando invece il fatto che la strage fosse avvenuta lo smentiva clamorosamente.

Il secondo è un episodio avvenuto pochi anni fa durante l’istruttoria di questo processo ai mandanti della strage. Giovanni Tamburino e Quintino Spella, che nel frattempo è diventato generale, vengono convocati per un confronto.

Il giudice Tamburino chiaramente riconosce l’ex capocentro del SISDE di Padova, che invece afferma di non avere mai incontrato il giudice precedentemente!


Questa la sbobinatura della testimonianza del giudice Tamburino,  dal minuto 1:33:00 al minuto 2:26:00

https://www.youtube.com/watch?v=w8XmABliYR8&authuser=0

Verso l’inizio del luglio 1980, tra il 7 e il 10 luglio, ricevetti dal collega Pietro Calogero che un detenuto avrebbe voluto parlare con lui oppure in alternativa con il magistrato di sorveglianza. [che in quel periodo era Tamburino – ndr] […]
Calogero mi disse fallo tu, cosa che io feci […]
Questo detenuto si chiamava Vettore Presilio, non lo avevo mai sentito nominare, e fece sapere attraverso la matricola del carcere che voleva che fosse presente il suo difensore, l’avvocato Franco Tosello di Padova […]
Ciò avvenne e quindi furono presenti nel mio ufficio nella data del 10 luglio 1980, credo un pomeriggio, e il Vettore disse “Voglio fare delle dichiarazioni, però non verbalizzate”.
Di fronte a questa scelta ritenni di accettare ugualmente queste dichiarazioni e mentre parlava scribacchiavo in dei foglietti e mi senti dire queste cose…
[su richiesta dell’avvocato viene mostrata alla corte l’agenda del 1980 e gli appunti presi durate il colloquio]
Le dichiarazioni di Vettore furono di questo tipo. Parlò in modo abbastanza articolato di un attentato che doveva essere fatto al giudice Stiz di Treviso; in modo articolato perché disse che esisteva un gruppo di persone in contatto con lui stesso, che aveva a disposizione delle divise da carabiniere e una alfetta con le caratteristiche dell’arma, e che costoro avrebbero fatto un attentato andando o nella casa di abitazione di Stiz o nel percorso dalla casa al Tribunale.
Queste dichiarazioni furono alquanto chiare e precise. Disse che lui sapeva questo per essere legato a un gruppo di estremisti di destra con il quale aveva rapporti da tempo; in particolare disse che partecipava a manifestazioni di piazza e era in sostanza addetto a menar le mani, a fare a botte, a pugni.
Aggiunse che però questo attentato a Stiz che era in fase avanzata di preparazione e sarebbe avvenuto entro settembre, sarebbe stato preceduto da un altro fatto, un fatto, disse Vettore, di “enorme gravità”, che sarebbe stato il “primo anello”, usò questa espressione, rispetto al secondo fatto che sarebbe stato appunto l’attentato a Stiz.
Rispetto a questo primo anello, […] usò questa espressione che mi colpì: “ne parleranno i giornali, tutti i giornali”.
Tant’è che io, un po’ per stimolare le dichiarazioni di questo soggetto, un po’ perché la cosa mi aveva lasciato perplesso, dissi “Vettore due anni fa, nel ’78, è stato sequestrato e uccisi Moro e la sua scorta, non credo che ci siano fatti che possano raggiungere quel tipo di gravità”.
La provocazione non ottenne nulla. Il Vettore in relazione a questo fatto non aggiunse nessun altro particolare, a mia memoria, se non appunto che sarebbe stato un fatto di enorme gravità.
Feci anche altre domande al Vettore per saggiare la sua attendibilità e qui faccio una breve digressione.
Il personaggio, diciamo che non parlava certamente con un linguaggio cartesiano, era confuso, tornava sulle cose, sarebbe stato difficile insomma fare una sequenza esatta di quello che diceva, però tendeva molto ad accreditarsi dicendo di aver avuto rapporti frequenti in passato con i Carabinieri, dei rapporti chiaramente di confidente, e fece alcuni nomi insistendo particolarmente su uno di questi nomi che era di un brigadiere o maresciallo Sibilia o Scibilia.
Un nome che io non avevo mai sentito fare da nessuno, ma che registrai nei miei appunti, perché questa persona che vedevo per la prima volta, non sapevo che credibilità potesse avere.
Su questo Sibilia o Scibilia dette delle informazioni abbastanza precise, che pure ho annotato, che evidentemente a mio avviso tendevano a dimostrare, a far capire al giudice che aveva davanti,  che diceva cose vere, che non millantava dei rapporti coni Carabinieri che non avesse.
E quindi ha dato tutta una serie di indicazioni su questo maresciallo o brigadiere.
Poi menzionò un altro maresciallo, Norbiato, del quale conoscevo il nome e con cui probabilmente avevo anche avuto qualche rapporto. Anche se devo dire che su questo Norbiato, al contrario di Scibilia, il Vettore fu parco di notizie.
Disse, se ricordo bene, che Norbiato lo aveva incaricato tempo prima, forse uno o due anni prima, di seguire una persona in relazione ad una indagine che era in corso su Freda.
Però la cosa finì lì.
[…]
Anche se è molto difficile valutare la credibilità di una persona e in particolare di un detenuto che aveva una certo interesse all’approccio con il magistrato, perché aveva un processo in corso, però le dichiarazione mi erano sembrate precise e tali da richiedere assolutamente un intervento.

In particolare quella relativa a Stiz mi condusse immediatamente, dopo un giorno o due, a sentire il comandante del gruppo dei Carabinieri di Padova, il tenente colonnello o colonnello Azzolin, per informarlo di questa notizia relativa alla preparazione di questo attentato.

Informai certamente la Procura, cioè Pietro Calogero, di quel che sapevo in relazione con Stiz, mentre io invece non avevo rapporti personali diretti, e da Azzolin mi venne suggerito che  sarebbe stato opportuno, in relazione all’altra parte del discorso fatto da Vettore, informarne i servizi, cosa che mi sembrò logica, perché detta così quella informazione non avrebbe consentito indagini di polizia giudiziaria.
Ritenevo che potesse essere logico invece che un servizio con mezzi anche diversi potesse approfondirla e svilupparla.
Mi venne fatto il nome di un capitano o colonnello Spella, che io non conoscevo, ignorando completamente qualsiasi informazione che riguardasse i Servizi a Padova, SISMI o SISDE che fosse.
Con questo Spella ebbi poi nei giorni immediatamente successivi un incontro. gli riferii il contenuto di quello che aveva detto il Vettore, soprattutto la seconda parte, dicendo che più di così io non sapevo.
Ci furono ancora due o tre incontri con Spella, può darsi che uno sia stato telefonico, però ne dubito, probabilmente sono stati tutti incontri diretti nei giorni immediatamente successivi.
Anche di questo presi appunti e da questi appunti risulta che in totale ci furono altri due o tre incontri.
[A questo punto l’avvocato precisa che in base agli appunti gli incontri avvennero il 15, il 19 e il 22 luglio e poi il 6 agosto 1980.
Sempre l’avvocato precisa che Spella era il capocentro SISDE di Padova e proveniva dall’arma dei Carabinieri]
[…]
Da questi appunti ricavo che il primo incontro è avvenuto sabato 12 luglio per telefono, due giorni dopo il colloquio con Vettore, e che in risposta Spella si sarebbe fatto vivo il successivo giorno 15.
Ci incontrammo il 15 alle 11,45 […]
Poi il giorno successivo il 16 luglio, conferii con il maresciallo Norbiato, il 19 luglio di nuovo con Spella e negli appunti metto tra virgolette alcune cose che evidentemente Spella mi dice su Freda “oltre un anno fa” confermando le cose dette da Vettore, e cioè che gli era stato dato un incarico in relazione a Freda.
E poi sempre tra virgolette “elemento di attendibilità non verificata”, “familiarità da 15 anni con Sibilia”, quindi altra conferma, “perso di vista da due mesi” e metto tra parentesi “incarcerato”.
Poi il 22 luglio ore 12 circa vedi [negli appunti] “Spella propone…”, dove questi puntini di sospensione stanno ad indicare che forse aveva fatto una proposta di favorire sul piano giudiziario Vettore, cosa ovviamente impossibile, per quanto richiesta anche dallo stesso Vettore.
[…]
Poi basta, perché arriviamo al 6 agosto dopo la strage.
[…]
Certamente al più tardi lunedì connetto le dichiarazioni di Vettore con quello che è accaduto.
E prendo contatto telefonico con i colleghi di Bologna e quindi riferisco di questa vicenda che era accaduta venti giorni prima a Padova a opera di questo detenuto.
Mi dicono di fare una relazione, cosa che faccio scrivendo il 6 agosto questa nota sintetica.
Credo che il 6 agosto stesso, nel pomeriggio, i giudici di Bologna siano venuti a Padova per sentire il Vettore.
Li ho incontrati, gli ho detto di avere interessato il servizio in relazione alla parte che richiedeva delle indagini riservate e, anche se escludo di essere stato presente all’esame del Vettore, come era giusto che fosse, ho saputo che in sostanza aveva confermato tutto quello che aveva detto a me.
[…]
Il 6 agosto, leggo nei miei appunti, “Spella. Fatto BO”. Evidentemente si parla del fatto di Bologna, non poteva che essere quello e metto tra virgolette “sfruttare quel soggetto per indagini in corso”.
Evidentemente dopo quello che è accaduto Spella si presenta, escludo di averlo chiamato non avendo nessun recapito, e dice questa cose “Abbiamo sempre collaborato”, che mi sembrarono allora abbastanza singolari, anche perché fu pronunciata dopo la strage e non prima.
Dire che questo “abbiamo sempre collaborato” mi lasciò perplesso è poco, mi sconcertò, mi sembrò una contraddizione rispetto a ciò che era accaduto, posto che io ritenevo che ci fosse un legame tra quello che aveva detto Vettore e l’enorme fatto che poi si era realizzato qui a Bologna. Legame che mi ero convinto che ci fosse.
[…]
Dopo il colloquio con Vettore parlai con Calogero, anche perché era stato il pubblico ministero che aveva dato inizio a Treviso alla cosiddetta “pista nera”, cioè aveva dato inizio alle indagini su Freda e Ventura, essendo giudice istruttore a Treviso Giancarlo Stiz.
Avevano lavorato insieme a partire dai primi mesi del 1970, cioè poche settimane dopo la strage di Piazza Fontana.
Poche settimane dopo un testimone, Guido Lorenzon, a Treviso comincia a parlare dei possibili autori di quella strage e indica Ventura, che era un editore di Treviso strettamente legato a Franco Freda, cellula padovana di Ordine Nuovo.
Il discorso potrebbe essere molto ampio perché questa cellula si collega ai gruppi di Venezia e Verona ecc, che poi le indagini successive mostrano essere legata a tutte o quasi tutte le stragi che sono avvenute poi, quella di Brescia, quella della questura di Milano, quella di Azzi vicino a Genova, e altre.
Sempre per il quadro storico va ricordato che quando inizia l’indagine sulla pista nera nel gennaio 1970, indagine che sarà molto tribolata per varie vicissitudini, ma quello che interessa ricordare è che in quel momento l’autore della strage di Piazza Fontana era già stata additato all’opinione pubblica in Pietro Valpreda, cioè il ballerino anarchico romano che va a Milano, riconosciuto da un testimone, il tassista Rolandi, che avrebbe collocato la borsa nella sede della Banca Nazionale dell’agricoltura in Piazza Fontana.
Invece a Treviso inizia un accertamento di tutt’altro tipo […]

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