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La crisi senza fine dei Cinque Stelle

Per il movimento che aveva trionfalmente interpretato il malessere della popolazione italiana nell’ultimo decennio, fino a raccogliere quel 32% nel 2018, partito più rappresentato in Parlamento, i travagli non finiscono più. Nonostante la benevolenza dell’omonimo direttore…

Dopo aver seminato per strada decine di parlamentari e decine di punti nei sondaggi, ora è il momento dello scontro tra il fondatore-padrone sopravvissuto e l’aspirante salvatore-rifondatore delle stelle. Al secolo Giuseppe Conte.

Oggetto ufficiale del contendere è “lo Statuto”, quel patto privato tra aderenti che definisce il “come si sta insieme”, la logica e la proporzione della distribuzione delle cariche, le regole con cui si prendono le decisioni, ecc.

Su questo fronte, molti tabù sono caduti nel corso del (breve) tempo. Dopo aver mandato giù di tutto sul piano programmatico pur di andare e restare al governo con tutte le combinazioni possibili (con la Lega, con il Pd, con tutti e due contemporaneamente), anche sul piano “statutario” parecchi paletti sono stati travolti.

A cominciare dalla un tempo intoccabile “piattaforma” Rousseau, asset personale dell’altro fondatore, Gianroberto Casaleggio, prematuramente scomparso e poi finita sotto la gestione del figlio Andrea.

La piattaforma incarnava macchinalmente l’idea più astratta e liberale di “democrazia”: quella dove – astrattamente – “uno vale uno”, l’opinione di chiunque ha diritto di competere alla formazione della decisione collettiva, dove le “riunioni” sono sostituite da un dibattito perenne di tutti con tutti fino alla formazione di una decisione inevitabilmente o maggioritaria (e quindi “divisiva”), oppure consensuale (e quindi inefficace, perché una qualsiasi soluzione dipende dalla natura del problema, non dall’accordo o meno tra gli attori).

Così è stato anche per la quota di stipendio parlamentare da dedicare alle varie iniziative promosse dal movimento (a partire dal finanziamento della piattaforma), ormai argomento usato solo per giustificare le espulsioni.

Di tutte le corbellerie astratte contenute nello “statuto” è rimasto in pratica solo il “vincolo dei due mandati”, ossia il divieto di ricoprire più di due volte un ruolo da eletto.

Divieto più teorico che reale (Virginia Raggi, per esempio, si candida di nuovo a sindaco di Roma pur avendo già alle sulle due consiliature, una da consigliera e un’altra da sindaco), e sempre sul punto di essere abbandonato. Se non altro per salvare la carriera di Luigi Di Maio e qualche altro ministro-parlamentare che al prossimo giro sarebbe altrimenti costretto a tornare a casa.

Proprio il vincolo dei due mandati sarebbe però il nocciolo del contendere tra i “due Giuseppi”, che nasconde però quello ben più consistente su chi debba essere il vero “capo politico” nel futuro dei Cinque Stelle. Il “Garante” attuale (lo stesso Grillo) oppure il “capo del movimento” (ossia Conte)?

Come si faceva nei “vecchi” partiti, Grillo sarebbe arrivato a minacciare di non rendere più disponibile il simbolo, che è di sua proprietà. E, senza simbolo e senza Grillo, l’attrattività di un movimento “diverso” sarebbe parecchio minore.

Vedremo, ma intanto i pezzi già persi cercano altre (non sempre convincenti) coperture. Tipo l’ex pm Ingroia, che acquisisce alcuni parlamentari ex M5S ora nel Gruppo Misto per dare corpo al suo movimento altrimenti extraparlamentare. Animati di migliori intenzioni altri deputati e senatori hanno dato vita al gruppo parlamentare “L’Alternativa c’è”.

Ma a cosa dovrebbe servire, nell’Italia dei prossimi anni, il Movimento Cinque Stelle? Cosa propone? Quali cambiamenti, se non altro, promette?

Quelli dello scorso decennio? Non ne hanno realizzato neanche uno, nei tre anni (e tre governi). E anche l’unico che somigliava alle loro bandiere – il reddito di cittadinanza – è arrivato in porto con tali e tante limitazioni da poter essere considerato una versione annacquata di un vino comunque scarso. Ma anche quel poco – Confindustria, Draghi, Lega, Pd – intendono azzerarlo. Con il voto degli stessi pentastellati…..

Siamo probabilmente alle battute conclusive di un progetto politico che ha segnato un’epoca molto breve mettendo insieme diverse illusioni e idee balzane. Ma apparentemente “di buon senso”.

Vogliamo ricordare l’idea che “legalità e onestà” fossero la chiave per cambiare il Paese. Quando è evidente che la “legalità” è solo la legge che c’è, non la tavola dei dieci comandamenti. E leggi sbagliate producono ingiustizie e distorsioni. E che, per cambiare una realtà infame, bisogna cambiare le leggi, ossia colpire interessi di qualcuno per imporre quelli di qualcun altro.

Ma è definitivamente in crisi anche l’idea – che sembrava geniale – per cui “uno vale uno”. Che è ovviamente sacrosanta quando si tratta di votare, ma che non esiste quando si tratta di elaborare una soluzione efficace a un qualsiasi problema reale.

Quando si sta male si consulta un medico, possibilmente bravo. Del parere di un passante non sappiamo che farcene. Se dobbiamo affrontare una causa, vogliamo un avvocato esperto (proporzialmente alle dimensioni del nostro portafoglio). Se ci piove in testa cerchiamo una squadra di muratori esperta, possibilmente non troppo cara.

Si può andare avanti all’infinito, con gli esempi, ma il concetto della capacità vale anche in politica. Ossia in quell’”arte” consistente nel governare una comunità più o meno grande (e maggiori sono le dimensioni, più capacità serve).

Quel concetto – “uno vale uno” – è la sintesi del pensiero liberale, traduzione politica della pretesa “solitudine autosufficiente” del consumatore/produttore “sul mercato”. Robinsonate, avrebbe detto Marx o chiunque altro con un briciolo di senso del reale.

I Cinque Stelle hanno portato nelle istituzioni una consistente mandria di inesperti, absolute beginners magari molto volenterosi e di buone intenzioni. Ma sono stati tritati come noccioline tra gli elefanti.

Non ne sentiremo la mancanza, se non per un fatto oggettivo molto importante: quel bisogno di una politica estranea ed ostile all’establishment, che hanno interpretato in modo goffo e squinternato, sta ancora lì.

Anzi, è più forte di prima. Anche se più incerto e diffidente, dopo l’ennesima delusione. Ma guai a pensare di interpretarlo riproponendo anche solo un briciolo di quel pattume ideologico liberale ormai destinato alla scomparsa.

A partire dal fatto che è lo scopo, con le pratiche che ne derivano nei diversi momenti,  a tenere insieme una comunità politica qualsiasi; non certo un insieme di regole pensate prima di passare all’azione…

Se di qualcosa bisogna ringraziare – paradossalmente – i “grillini” è proprio di aver fornito una dimostrazione empirica di questa eterna legge della politica.

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6 Commenti


  • Roberto81

    Hanno fatto ciò che era possibile fare operando all’interno di istituzioni a loro volta guidate da decisioni che vengono prese al di fuori del nostro Parlamento ed inserite in un contesto geopolitico i cui equilibri non possono essere sostanzialmente modificati. Dovendo oltretutto mediare e scendere a compromessi con altre forze di governo.
    “Uno vale uno” nell’idea dei 5stelle significava semplicemente che i cittadini dovevano ritornare ad occuparsi della cosa pubblica, dovevano tornare a fare politica attiva e pretendere di essere informati, senza delegare il proprio potere passivamente ad altri. La critica che fate non c’entra nulla.
    Sul fatto che abbiano portato nelle istituzioni persone impreparate è tutto da dimostrare, o quantomeno è da dimostrare che “gli altri” fossero meglio.


    • Redazione Contropiano

      Se ammetti che “Hanno fatto ciò che era possibile fare operando all’interno di istituzioni a loro volta guidate da decisioni che vengono prese al di fuori del nostro Parlamento ed inserite in un contesto geopolitico i cui equilibri non possono essere sostanzialmente modificati”, stai dicendo che il loro “progetto di cambiamento” non teneva affatto conto della situazione reale. E dunque è assolutamente corretto, sul piano logico e politico, affermare – come facciamo noi – che quel progetto era una somma di illusioni e castelli in aria.
      “Uno vale uno”, in relazione alla piattaforma come espressione pratica di “democrazia diretta”, sta a indicare una logica per cui lo spessore delle singole opinioni è assolutamente irrilevante. Dunque, anche in questo caso, la nostra critica ci sembra molto fondata.
      Tutti hanno diritto di far politica e partecipare alla costruzione della “cosa pubblica”. Ma tutti coloro che vogliono farlo hanno il dovere – davvero minimo – di cercare di approfondire le proprie conoscenze e non presumere che il sapere e il non sapere stiano allo stesso livello nell’individuare le soluzioni.


  • Giuliano

    Il M5S esprimeva una esigenza di uscire da quella palude di politica ladrona e puttanesca, nella forma più immediata. Le elezioni successive dimostrarono come fosse urgente uscire da quella situazione. Già nelle prime elezioni amministrative sorse il problema della rappresentanza, i cittadini, a cui veniva affidato il compito di rappresentare il movimento, ricevevano questa investitura da Grillo, Quando ci si accorse che il movimento era privo delle minime forme organizzative, tutto era di Grillo, lui dettava le regole del movimento, lui proprietario del nome brevettato e registrato, lui che decideva e distribuiva promozioni e benemerenze a suo insindacabile giudizio. Quando il M5s raggiunse il 32% tutti pensarono che fosse giunto il momento di governare e che gli eletti in parlamento dovevano darsi da fare nell’interesse di tutti i cittadini. Ma gli eletti furono affidati alle strampalate decisioni di Di Maio, nominato, nel frattempo da Grillo, non dal movimento, ma da Grillo. Il movimento, di proprietà del padre padrone, che non avrebbe mai consentito alla sua creatura di raggiungere una propria autonomia, e mentre tutti capivano che questo avrebbe portato alla completa rovina del movimento, specie con le devastanti prodezze del suo etero diretto capo politico, che non aveva capito cosa fosse e quale lo scopo de M5S e che lui, essendo il capo politico di non so quale politica, il suo interesse era quello di ricercare per se stesso lo scranno più adeguato alla sua importanza.
    Grillo giocava e continua a giocare col suo inutile potere e non si è accorto che il movimento non è più né suo né dei suoi ragazzi, e, principalmente, non ha ancora capito che le idee non hanno proprietari. ……. chissà se Conti ne ha di idee???


    • Redazione Contropiano

      L’altra faccia della mancanza assoluta di un qualsiasi progetto politico realistico e razionale è per l’appunto l’assolutismo proprietario…


  • andrea’65

    nel 2016 lessi un articolo di un ex-grillino della prima ora che si intitolava ” se andra’ al Governo, il mov. 5 stelle mettera’ i chiodi alla bara dell’Italia “, un altro conferma che le Kassandre hanno sempre ragione


  • giorgino

    I 5 selle hanno scientemente propagandato la piu ideologica delle illusioni, la madre di tutte le corbellerie, ovvero che non esista l’antagonismo di classe come dato strutturale : lo aveva detto a lettere particolarmente chiare Di Maio a Milano, al comizio di chiusura della campagna elettorale 2018. Ello affermava che ci avevano messi tutti artatamente gli uni contro gli alltri, figli disoccupati contro padri pensionati, nord contro sud (e fin qu vada..), ma poi, dulcis in fundo, sosteneva che sarebbero stati messi l’un contro l’altro in simile modalità anche….. Capitale e Lavoro” !!!! E’ inevitabile che, a ritenere che gli interessi di capitale e lavoro siano coincidenti, si finisca per fare il gioco del più forte tra i due , cioè di Monsieur le Capital, ed alla fine i 5 stelle hanno baciato il cordone a Draghi .

    A scanso di equivoci scabrosi , dalle mie parti baciare il cordone è una espressione riferita al bacio officiato sul cordone dei monaci cappuccini, il cordone passato sui fianchi, dal quale pende una corona del rosario con la croce nuda, e che storicamente riveste anche lo scopo di stringere e chiudere i fiancali, ovvero le grosse tasche in cui i monaci cappuccini devono riporre le offerte alimentari o pecuniarie che i devoti di S. Francesco porgono loro, essi devoti usano poi completare l’atto di devozione con uno o più baci apposti sull’anzidetto cordone.

    Sicché baciare il cordone, per quelle estensioni di significato tipiche della lingua parlata che mantiene ancora una certa fluidità popolaresca, è una espressione che bene esprime la sudditanza ideologica dei leader piccoloborghesi del movimento 5 stelle nei confronti della ideologia del Capitale, i capitalisti veri sanno benissimo che i loro interessi di classe sono del tutto inconciliabili ed opposti a quelli della classe lavoratrice, e danno la pacca sulla spalla a Di Maio e Company come fanni i sacerdoti con i giovincelli che sono stati un pò bricconi

    Non è da escledere che sarà proprio Di Maio a suggerire che i percettori del reddito di cittadinanza vengano impiegati nellla raccolta dei pomodori o in attività turistico ricettive onde aiutare l’economia nazionale che tanto ha fatto per dare un reddito ad essi disoccupati, e che Conte vanterà che il suo movimento avrà salvato il reddito di cittadinanza ed una miriade di imprese, dopotutto egli è credente ed estimatore di papa francesco, potrebbe invocare la distinzione francescana tra il possesso e l’uso povero che gli imprenditori faranno di tale aiuto a base di denaro pubblico, d’altra perte la chiesa cattolica ha sempre avuto nella sua storia un rapporto speciale con il lavoro coatto. I 5 stelle sono stati il ricettacolo del peggiore pattume ideologico della piccola borghesia italiana, ed hanno reso un immenso servigio al Capitale in un momento di grande difficoltà di questo

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