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La storia d’Italia in un post

Abbiamo una parente in famiglia, a cui siamo molto legati. Di orgine amalfitana, visse la fame del dopoguerra, i sacrifici degli anni  50, l’emigrazione di massa dei crotonesi verso la Germania e il nord.

Appena presa la magistrale girò le contrade contadine per insegnare ai figli dei braccianti l’italiano e a far di conto.

Poi vennero la spensieratezza e la voglia di vivere degli anni sessanta. Cristiana e comunista, fondatrice di un gruppo cristiano, non capì i movimenti degli anni settanta, non sapeva dove volevano andare a parare, lei, legata al Pci.

Poi venne l’eroina, e vide una generazione bruciata.

Non capì perché volessi iscrivermi a Bologna, lei voleva che andassi a Palermo, dai gesuiti, dove insegnano diplomazia. Lo capii solo molto tardi che aveva ragione.

Quando tornai a Crotone da Bologna spesso mi voleva a casa. Un giorno arrivai prima, lei stava ancora insegnando alle elementari. Arrivò nera, le chiesi cosa era successo. Mi disse: “Pasquale, l’Italia è finita con la riforma Berlinguer della scuola, faranno un assetto classista, i figli degli agiati saranno formati, gli altri asini“. Era il 1998.

Ebbi conferma che arretravamo di decenni. Venne la riforma Moratti e poi Gelmini. Ora Bianchi, con gli Its, i figli della povera gente devono sapere, secondo lui, solo come funziona il tornio per i subfornitori, che si scordino i figli degli operai gli insegnamenti multidisciplinari.

Se c’è un segno classista in questo governo, è proprio lui, che lo ebbi relatore alla tesi di laurea. Leo Essen mi spiega che nella facoltà dove mi sono iscritto ormai l’80% delle lezioni sono fatte in inglese, l’italiano, che proviene dal greco e dal latino, gli fa schifo a sta gente.

Perché aiutano a capire da soli e quindi a essere sempre vigili nei confronti del potere. La fortuna mia è che ho avuto buoni maestri marxisti…

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