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Von der Leyen allunga il passo sulle ambizioni strategiche della Ue

Il discorso della presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen segna un rilevante salto di qualità sulle ambizioni dell’Unione Europea nel diventare soggetto di primo piano nella competizione globale, anche sugli aspetti militari.

La Von der Leyen l’ha presa alla larga partendo dall’emergenza pandemica e dalla questione dei vaccini, dall’economia e dall’emergenza ecologica. “Se rifletto sull’anno passato e sullo Stato dell’Unione vedo una forte anima in tutto quello che facciamo“, ha detto nel suo discorso sullo Stato dell’Unione al Parlamento Ue.

Nella principale crisi sanitaria mondiale ci siamo uniti per garantire a tutti gli angoli d’Europa di avere dei vaccini salvavita e abbiamo proceduto con Next generation Eu e con il Green deal. Abbiamo dimostrato che quando agiamo insieme agiamo rapidamente“. Sul “rapidamente”, com’è noto, mente in modo pacchiano, ma non è questo il punto principale…

Ma nella seconda parte del suo discorso poi è andata subito al bersaglio grosso, la questione della struttura e della proiezione politico/militare della Ue.

“Lavoriamo con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg su una nuova dichiarazione congiunta che sarà presentata prima della fine dell’anno. Dobbiamo investire nella nostra partnership. Ma questa è solo una parte dell’equazione. Dobbiamo fare di più da soli sulla difesa”, ha affermato la presidente della Commissione europea.

In questo passaggio del suo discorso ci sono due messaggi chiave: il primo è diretto agli Usa, lasciando intendere che – dentro la Nato – la Ue non intende più essere semplicemente subalterna alle decisioni statunitensi, ma pretende di decidere su un piano di parità.

Il secondo è che la Ue punta apertamente a diventare indipendente dal punto di vista tecnologico e militare. Piano ambizioso, costoso e certamente non di rapida realizzazione.

Per la Von der Leyen (e per tutto l’establishment europeo, ndr) sono tre i motivi che legittimano tale ambizioni.

In primo luogo, le crisi nel vicinato dell’Ue, “crisi esterne che si possono ripercuotere all’interno”. Secondo, l’evoluzione della minaccia, tra “attacchi ibridi o informatici e la crescente corsa agli armamenti spaziali”.

Sono le tecnologie dirompenti ad aver “livellato” i rapporti di forza, ha spiegato von der Leyen, consentendo anche a piccoli attori non statuali di mettere in pericolo la sicurezza di nazioni apparentemente ben strutturate: “Si possono paralizzare impianti industriali, amministrazioni cittadine e ospedali con un semplice computer portatile”.

La terza ragione per elevare l’ambizione dell’Ue sulla scena internazionale è rappresentata dalla sua capacità di essere “un garante di sicurezza unico nel suo genere”, capace di “combinare aspetti militari e civili, diplomatici e di sviluppo”, sfruttando “la grande esperienza nel costruire e proteggere la pace”.

Rientra nelle categorie di peace-building e institution-building, il campo sul quale l’Unione potrebbe affiancare la Nato e l’Onu. Per queste tre ragioni c’è bisogno di una “Unione europea della Difesa”, ha spiegato von der Leyen. Oltre alle ipotesi sugli strumenti da adottare, la sfida da affrontare è “la mancanza di volontà politica”.

L’Unione europea terrà un summit sulla Difesa, il prossimo anno, durante la presidenza di turno francese, ha annunciato la presidente della Commissione europea. “Con Macron convocheremo un vertice sulla Difesa europea“, confermano che il “cuore” dell’operazione si fonda come sempre sull’asse Berlino-Parigi.

Infine – e qui c’è un altro rilevante salto di qualità – ha evocato la centralizzazione a livello europeo dei servizi di intelligence. “Dobbiamo gettare le basi per un processo decisionale collettivo, sulla base di una ‘conoscenza situazionale’. Se gli Stati membri non condividono le loro informazioni a livello europeo, siamo destinati a fallire. È essenziale quindi migliorare la cooperazione in materia di intelligence”.

Occorre “accorpare le conoscenze da tutti i servizi e da tutte le fonti, per prendere decisioni informate. Per questo motivo l’Ue potrebbe prendere in considerazione la creazione di un proprio Centro comune di conoscenza situazionale“.

Se qualcuno era convinto che l’Ue fosse una eterna “anatra zoppa” dovrà rivedere rapidamente i propri convincimenti. Non è ancora il polo imperialista compiuto di cui parliamo da anni anche sulle pagine del nostro giornale, ma questo processo è arrivato assai più avanti di quanto sia stato sistematicamente sottovalutato.

Vivere e agire politicamente dentro un polo imperialista segna un passaggio di fase anche le forze di classe e alternative in Europa. Prima lo si comprende meglio è.

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