All’aeroporto di Fiumicino è in corso la protesta delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Alitalia.
Alitalia ha chiuso i battenti, come da diktat dell’Unione Europea supinamente accettato e diligentemente eseguito dal governo Draghi. Dall’oggi al domani finiscono nell’indifferenziato 75 anni di storia del trasporto aereo e 10.400 posti di lavoro, senza che nessuno batta ciglio.
L’autocrate di Palazzo Chigi oggi stappa champagne: con i soldi pubblici è riuscito a varare ITA, una microcompagnia che nasce defunta ma è utile a mettere in pratica un attacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori, destinato a fare da apripista a nuove e sempre più pesanti offensive. Accade di fronte a un Parlamento silente e a un Paese artatamente distratto dalla questione green pass.
Gli unici che non è riuscito a ridurre al silenzio sono i lavoratori, che dopo le assemblee tenute negli ultimi due giorni oggi e domani sono in presidio permanente unitario a Fiumicino, con una sola parola d’ordine: resistenza.
L’aeroporto della Capitale, per USB, deve diventare il centro di attenzione per tutti coloro che lavorano o hanno lavorato in Alitalia e per tutti coloro che tengono al rispetto delle leggi a partire dal patrimonio che l’articolo 2112 rappresenta per quanti non accettano licenziamenti nel terzo mercato europeo, non tollerano alcun tipo di discriminazioni, difendono il contratto nazionale e pensano che un’azienda pubblica non può proporre salari e contratti inferiori al livello di Ryanair.
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