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L’Acea collabora ancora con la Mekorot israeliana allo sfruttamento dell’acqua dei palestinesi

Ai primi di ottobre, circa 600 attivisti israeliani, palestinesi e internazionali hanno marciato attraverso Masafer Yatta nella Cisgiordania occupata per consegnare una cisterna d’acqua agli abitanti dei villaggi palestinesi. Il loro messaggio era chiaro: l’acqua è un diritto umano e Israele sta privando la Palestina di questa necessità fondamentale.

I manifestanti hanno camminato accanto a un trattore che trasportava la cisterna dell’acqua dal villaggio di At-Tuwani. Non hanno però raggiunto la destinazione prevista, sono invece tornati al villaggio di Mfakara per evitare uno scontro con l’esercito israeliano che li aspettava in cima a una collina vicina.

La rete Combatants for Peace (CFP), uno degli organizzatori della marcia, insieme ad altre organizzazioni per i diritti umani, ha presentato un appello urgente agli organismi internazionali, chiedendo loro di “fare pressione su Israele per consentire l’accesso all’acqua ai palestinesi che vivono nell’Area C”, l’area occupata della Cisgiordania che include Masafer Yatta.

La CFP ha avviato la campagna per l’accessibilità all’acqua per la Palestina ad agosto. A settembre ha guidato una visita sul campo a Masafer Yatta per 20 diplomatici dell’Unione europea, del Regno Unito, del Canada, del Brasile, del Messico e della Svizzera. Durante il giro, la CFP ha sensibilizzato sulla crisi idrica della Palestina e ha esortato i rappresentanti a impegnarsi in un dialogo con Israele per fornire ai palestinesi pieno accesso all’acqua.

Questa feroce contraddizione sull’accesso all’acqua dei palestinesi, investe però anche il nostro mondo, anche quelle delle istituzioni di prossimità come il Comune di Roma e l’azienda Acea.

Nel dicembre 2001, un gruppo di imprenditori italiani visitò Israele insieme al Viceministro per il Commercio Estero, Adolfo Urso (Alleanza Nazionale). Fra i membri della delegazione, c’era anche l’allora Amministratore Delegato dell’ ACEA s.p.a., Paolo Cuccia.

L’eventualità di una collaborazione dell’ACEA – società la cui maggioranza appartiene al Comune di Roma – con gli Israeliani nello sfruttamènto delle acque della regione sollevò la protesta di numerosi cittadini, non solo romani, che rivolsero un appello al Consiglio Comunale di Roma affinché ogni accordo di collaborazione fra il Comune di Roma, le sue aziende e Israele venisse sospeso fino a quando Israele non avesse ottemperato alle Risoluzioni dell’ONU, ritirando le truppe di occupazione e smantellando le colonie dalla Cisgiordania, da Gaza e da Gerusalemme est, riconoscendo il diritto al ritorno dei profughi palestinesi alla loro terra.

In quell’appello si ricordava anche che “Il Parlamento Europeo ha votato una Risoluzione per la sospensione dell’associazione di Israele all’Unione Europea, a causa delle violazioni israeliane dei diritti umani; la sottrazione dell’acqua ai Palestinesi e agli altri Paesi della regione (il Libano, per esempio) è un elemento fondamentale del colonialismo israeliano; Israele, infatti, a differenza dei Paesi vicini, non ha mai sottoscritto i trattati internazionali sulle acque e non si contano le Risoluzioni dell’ONU che hanno condannato Israele e le sue rapine delle risorse naturali, prima fra tutte proprio l’acqua”.

In risposta a quell’appello, l’allora Assessore Marco Causi (giunta Veltroni) dichiarò alla stampa che era da escludere che si fossero aperti colloqui per accordi commerciali o partnership industriali che coinvolgessero ACEA s.p.a.

Ma in seguito ad una visita in Italia del premier israeliano Ariel Sharon, la stampa diede notizia di una serie di accordi commerciali e industriali fra aziende israeliane e alcune aziende italiane e nel campo delle infrastrutture idriche, venne fuori nuovamente il nome dell’ACEA.

Il 2 dicembre 2013 è stato siglato ufficialmente un accordo tra ACEA, la società di utilities controllata dal Comune di Roma, e la Mekorot, la società idrica nazionale di Israele.

L’agenzia Reuters rese noto che durante un vertice bilaterale tra Italia-Israele venne firmato un memorandum of understanding fra Acea e l’azienda idrica israeliana Mekorot per una collaborazione nel settore. In particolare, si legge in una nota della società romana, la collaborazione prevede scambi di know how nel trattamento delle acque reflue, nella distribuzione di acqua potabile e prevede anche un confronto nel settore dell’incenerimento dei rifiuti.

Nel 2014 la campagna BDS rilanciò una nuova petizione al Comune di Roma che raccolse 10.000 firme chiedendo nuovamente che l’Acea cessasse ogni collaborazione con la società israeliana Mekorot per lo sfruttamento dell’acqua nei Territori Palestinesi. Ma l’Acea e il Comune fecero ancora una volta orecchie da mercante.

A febbraio era stata lanciata una nuova petizione al Comune di Roma (azionista di maggioranza dell’Acea) per esigere che l’Acea receda dall’accordo con la Mekorot, società idrica nazionale di Israele che si è macchiata di gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. Mekorot sottrae acqua illegalmente dalle falde palestinesi, fornisce l’acqua saccheggiata alle colonie israeliane illegali e pratica l’Apartheid dell’acqua nei confronti della popolazione della Palestina.

Ora più che mai l’Acea deve interrompere l’accordo con l’israeliana Mekorot, che oltre a rubare l’acqua in Cisgiordania, estrae più della quota stabilita dalla falda acquifera costiera che è condivisa tra Israele e Gaza. Oltre il 90% dell’acqua a Gaza non è potabile.

Mantenendo l’accordo con la Mekorot, recentemente condannata al Tribunale dei Popoli a Ginevra, Acea e il Comune di Roma si rendono complici dei gravissimi crimini commessi da Israele.

Come documentato nel rapporto dell’organizzazione palestinese per i diritti umani, Al Haq, la Mekorot sottrae acqua illegalmente dalle falde palestinesi, provocando il prosciugamento delle risorse idriche, per poi fornire l’acqua saccheggiata alle colonie israeliane in Cisgiordania e a Gerusalemme est occupate.

Inoltre, la Mekorot, alla quale sono state “trasferite” nel 1982 dalle autorità militari israeliane tutte le infrastrutture idriche palestinesi per il prezzo simbolico di uno shekel (Euro 0,20), pratica una sistematica discriminazione nelle forniture di acqua alla popolazione palestinese, costretta a comprare la propria acqua dalla ditta israeliana a prezzi decisi da Israele. Riduce regolarmente le forniture idriche ai palestinesi, fino al 50 per cento, a favore delle colonie illegali e dell’agricoltura intensiva israeliana, creando quello che Al Haq chiama “l’apartheid dell’acqua”. Il consumo pro capite dei coloni israeliani, infatti, è dì 369 litri al giorno mentre quello dei palestinesi è di 73 litri, al di sotto della quantità minima raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di 100 litri.

Organizzazioni internazionali, quali Human Rights Watch e Amnesty International, hanno documentato come Israele eserciti un controllo totale sulle risorse idriche palestinesi e come le politiche israeliane dell’acqua siano uno strumento di espulsione, che impediscono lo sviluppo e costringono le popolazioni palestinesi a lasciare le proprie terre. L’organizzazione israeliana Who Profits definisce la Mekorot come “il braccio esecutivo del governo israeliano” per le questioni idriche nei Territori palestinesi occupati ed afferma che “è attivamente impegnata nella conduzione e nel mantenimento” della occupazione militare della Palestina.

Per queste ragioni, la società idrica Vitens, il primo fornitore di acqua in Olanda, a seguito delle indicazioni del Governo ha interrotto un accordo di collaborazione con la Mekorot motivando la decisione con il proprio impegno verso la legalità internazionale.

Sottoscrivendo l’accordo con la Mekorot, l’Acea si rende complice di queste gravi violazioni. Contravviene anche al proprio Codice Etico, che cita la sua adesione al Global Compact dell’ONU sulla responsabilità sociale delle imprese, il quale mette al primo posto la tutela dei diritti umani. Inoltre, la collaborazione ipotizzata tra Acea e la Mekorot va nel senso di uno sfruttamento commerciale delle risorse idriche, in contrasto con la gestione pubblica di un bene universale come l’acqua.

La petizione indicava queste richieste:

– Esigiamo che l’Acea segua l’esempio della Vitens e receda immediatamente dall’accordo stipulato con la Mekorot.

– Chiediamo al Comune di Roma, in quanto azionista di maggioranza, di intraprendere tutte le azioni necessarie perché l’Acea interrompa ogni attività di collaborazione con la Mekorot.

– Ci appelliamo a tutti gli enti locali il cui servizio idrico è affidato a società partecipate da Acea affinché si attivino per far ritirare l’accordo.

– Chiediamo al governo italiano di impegnarsi come ha fatto il governo olandese e scoraggiare attivamente i legami commerciali con chi viola il diritto internazionale.

Da lunedi Roma avrà un nuovo sindaco. Chi sia sia occorre tornare alla carica per chiedere la cessazione dell’accordo tra Acea e Mekorot.

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