Sommersa dalla pompa magna della cerimonia, soffocata da telecronisti sbavanti servilismo peggio che ai tempi dell’Istituto Luce, appena sussurrata per non sbattere clamorosamente contro la sorpresa dei più, una parola si è fatta strada durante la cerimonia confezionata intorno al firma del “Trattato del Quirinale” tra Italia e Francia: Sovranità.
Pronunciata sia da Macron che da Draghi, davanti al sorriso beato di Mattarella, lo stigma verbale che l’ha contrassegnata negli ultimi anni è improvvisamente scomparso. Sdoganata in un attimo…
Non vi preoccupate, nei prossimi giorni i gazzettieri di regime riprenderanno a masticare invettive contro il “sovranismo”, come sono stati abituati a fare, dimentichi che la “sovranità” viene rivendicata apertamente dall’Unione Europea tramite i suoi grand commis più importanti (parte dei quali firmatari del nuovo Trattato).
A breve termine, dunque, si creerà un doppio circuito retorico e linguistico in grado di distinguere tra un “sovranismo cattivo” (nazionale, populista, novecentesco, ecc) e un “sovranismo buono” (europeo, oligarchico, moderno). Come per il debito pubblico, secondo Draghi.
Come per il virus e il vaccino, la popolazione non ci capirà più molto, e sarà invitata ben presto a rassegnarsi e lasciar fare a “quelli che stanno lassù”. Maledicendoli, certo, ma senza saper sbrogliare più alcuna matassa.
I nostri lettori forse ricorderanno che sulla questione del “sovranismo” ci siamo già esercitati, facendo qualche “scoperta” (si fa per dire).
Detta in estrema sintesi: “sovrano” è qualunque potere istituzionalizzato che non ha altro potere sopra di sé (sovra-no). Un potere che decide e fa rispettare le proprie decisioni (con la persuasione e/o la forza), senza dipendere da altri.
Dunque, secondo logica ed esperienza, non può esistere alcun assetto politico-sociale senza che si crei/selezioni una capacità di decidere sopra o per conto di una popolazione nel suo insieme. In parole brutali, si deve sapere chi comanda.
Qualunque sia l’assetto istituzionale preferito (nella realtà: storicamente determinato), “la sovranità” viene esercitata in qualche modo. Fanno eccezioni le utopie anarchicheggianti, ma sono per l’appunto delle utopie, sperimentate al massimo – e per un arco di tempo molto limitato – in comunità di piccole dimensioni, con una “popolazione di sognatori” selezionata su base volontaria.
Nella Storia reale dell’umanità abbiamo avuto diversi tipi di “sovranità”. Ogni re ha preteso per sé quel potere, quasi sempre facendolo discendere da un’investitura divina.
In epoca più moderna, e con l’apparire di una struttura più articolata di classi sociali, quel potere sovrano è stato prima “costituzionalizzato” – ossia condizionato dalla legittimazione di nuove istituzioni, in genere di natura oligarchica (assemblee di proprietari terrieri o commercianti) – e infine sostituito da una sovranità “repubblicana”.
La quale, a sua volta, ha avuto forme molto differenziate, che sono andate dalle dittature fasciste alle democrazie liberali o socialiste. Regimi insomma in cui “la sovranità appartiene al popolo” di un particolare paese, ma viene esercitata in forme istituzionali molto differenziate, corrispondenti alla forza delle diverse classi in conflitto tra loro.
Gli imperi (ambiti in cui la sovranità viene esercitata su più popoli, multinazionali) sono stati possibili o quando la sovranità era esercitata da un monarca, oppure quando le “istituzioni democratiche” erano riservate al popolo dominante, nel mentre manteneva altri popoli sotto il proprio tallone.
L’imperialismo Usa, britannico o francese sono esempi tipici di “imperi a geometria democratica variabile”. Così variabile da esser negata fuori della “nazione” e quasi sempre fortemente limitata anche all’interno del “popolo privilegiato”.
Insomma, la “sovranità” appartiene a qualcuno. Non è eliminabile e possiamo solo ragionare (e discutere, litigare e combattere) su come vada esercitata, decidendo chi comanda e secondo quali regole. Ogni retorica “anti-sovranista”, insomma, sostiene che la sovranità vada affidata a qualcuno/qualcosa di diverso dal “popolo”.
L’Unione Europea – anche nei discorsi di Macron e Draghi al Quirinale – è ormai una struttura istituzionale complessa che vuole risucchiare la sovranità dai singoli Stati-nazione che ne fanno parte, soprattutto per quanto riguarda gli attributi strategici di ogni potere sovrano: esercito (in costruzione), moneta (già fatto), polizie (“sicurezza”, già in parte centralizzata con la nascita di EuroGendFor), politica estera (già ampiamente centralizzata nel Pesc).
Anche gli scopi di questa “sovranità sovranazionale” sono dichiarati, ormai.
“Per essere sovrani – spiega Draghi – occorre che l’Europa sappia proteggersi, sappia difendere i propri confini, bisogna creare una vera difesa europea. Questo trattato aiuta questa difesa europea che naturalmente è complementare alla Nato, non è sostitutiva: un’Europa più forte, fa la Nato più forte. Questo è uno dei primi e più fondamentali passi verso cui è diretto questo trattato“.
C’è una “competizione internazionale” cui si vuole partecipare da posizioni di forza – come in ogni competizione che si rispetti – e questo spinge per il superamento dei residui di sovranità nazionale ancora in essere.
Piccolo problema: dato per assodato che la forma istituzionale della nuova sovranità è l’Unione Europea, a chi appartiene quella sovranità?
Non può “appartenere al popolo”, in primo luogo perché un “popolo europeo” non esiste (sorvolando su quante istanze indipendentiste sono ancora attuali all’interno di forme statuali nazionali che non le riconoscono, dai catalani ai baschi, dai sardi ai corsi, ecc).
Anche all’interno di istituzioni comuni eque e stabili – ben lontane dall’essere anche solo ipotizzate – occorrerebbero secoli per creare una comunanza culturale e linguistica tale da farci identificare gli uni con gli altri.
In secondo luogo, perché il cuore di ogni democrazia rappresentativa – il Parlamento – è tale se può esercitare il principale dei poteri: quello di fare leggi (potere legislativo). Cosa che non è prevista per il Parlamento Europeo, in un assetto istituzionale in cui le leggi vengono invece formulate dalla Commissione Europea (il governo) e poi approvate o respinte dall’assemblea.
Di certo, insomma, l’Unione Europea può ambire praticamente ad essere sovrana. Ma non può farlo in modo democratico, né con istituzioni democratiche.
Un’esagerazione? Ricordatevi dei due unici referendum tenuti, nel 2005, sull’allora progetto di “Costituzione europea”. I popoli di Francia e Olanda bocciarono nelle urne quel testo. La Ue andò avanti lo stesso, ma non venne più chiesto ai popoli che cosa ne pensassero. Un rischio in meno…
Il discorso fatto da Mario Draghi sulla sovranità è, in questa luce, particolarmente sporco, manipolatorio, falso: “Il senso più profondo di questo trattato è che la nostra sovranità, intesa come la nostra capacità di indirizzare il futuro, può rafforzarsi solo attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni. Oltre a consolidare le nostre relazioni bilaterali, l’accordo vuole infatti favorire e accelerare il processo di integrazione europea. Penso al rilancio degli investimenti, soprattutto in ambiti strategici e innovativi come i semiconduttori; alla transizione digitale ed energetica; alla costruzione di una vera difesa europea. Dobbiamo dotare l’unione europea di strumenti che siano compatibili con le nostre ambizioni e con le aspettative dei nostri cittadini.”
Le “aspettative dei cittadini” sono una bella frase. Ma chi le ha identificate? Di cosa stiamo (stanno) parlando? Siamo sicuri che “ i cittadini” si attendano una “competizione internazionale più forte”, un “esercito europeo”, una “strategia di sicurezza”, ecc?
Magari preferirebbero salari più alti, un’età pensionabile più bassa, lavorare qualche ora e qualche anno in meno, scuole che stiano in piedi, programmi di studio che formino coscienze più solide, politiche della casa che diano un tetto a tutti, una sanità non strozzata dai tagli, ecc…
Ma chi glielo ha chiesto, ai cittadini?
Non certo Draghi. Né alcuno dei partiti che lo sostengono in Parlamento. Né quelli che fanno finta di fare “l’opposizione”…
Dunque, a nome di chi, Mario Draghi, pronuncia quel “Cercare la sovranità europea significa voler disegnare il proprio futuro come lo vogliamo noi europei. Non ce lo vogliamo far disegnare da altri. Per essere sovrani occorre che l’Europa sappia proteggersi, sappia difendere i propri confini. Bisogna creare una vera difesa europea”?
Quel “noi” che esercitano la sovranità europea, chi sono?
Se non è “il popolo”, se non è il monarca, chi è?
Nella struttura sociale attuale resta un solo soggetto: i mercati. Anzi, quella esigua fascia dei consiglieri di amministrazione di aziende – industriali, finanziarie, commerciali – di dimensioni almeno continentali.
Si è formata in 75 anni una vera “borghesia europea” secondo schemi, leggi, modi di agire che non hanno più molto a che vedere con gli angusti ambiti “nazionali”.
Una borghesia di alto livello che può gestire le proprie imprese mettendo la sede legale in un paese, quella fiscale in un altro, gli impianti produttivi in più di uno, con personale assunto secondo regole e contratti e salari molto differenti, sfruttando legislazioni e incentivi fatti apposta per “attirare capitali” (ma se lo fanno tutti gli Stati, i capitali vagano cercando sempre quello più conveniente), suggerendo al contempo – con le proprie decisioni di investimento – le regole che gli Stati dovranno legiferare per ottenere la sua approvazione.
E’ la borghesia del “Britannia” – ma senza più gli inglesi – per ricordare una famosa riunione semisegreta con Mario Draghi, nel lontano 1992 (mentre stavano per entrare in vigore i “parametri di Maastricht” che hanno dissanguato l’Italia e i paesi mediterranei).
Una borghesia che non ha niente a che vedere col “sciur Brambilla”, che guarda con un sorriso di compatimento gli sforzi del padroncino o del negoziante sotto casa (ridotti a cercarsi una fatiscente “rappresentanza politica” in qualche vecchio nazionalista di ritorno, in un Salvini o una Meloni), che viaggia con jet privati e monopolizza tutte le poltrone che contano perché “riconosce i propri” in ogni paese.
E’ un club esclusivo, molto più esclusivo del Rotary o di una loggia massonica (quelli delle vecchie “borghesie nazionali”).
Questo è il soggetto della “sovranità europea” di Draghi e Macron – due banchieri, come se fosse una coincidenza fortuita.
Questo – e non “i popoli” o “le nazioni” (che esistono ormai solo per le competizioni sportive) – il nemico principale, non l’unico, di chi vive del proprio lavoro o che si affanna a trovarne uno.
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Giorgio
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