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Il giro d’affari dei tamponi a pagamento

Settecentoventimila tamponi processati il 30 novembre, duecentosettantacinquemila il 29, più di cinquecentomila il 28 e quasi seicentomila il giorno precedente, e poi cinquecentosessanta, seicentocinquanta e ancora cinquecentosessanta rispettivamente il 26, 25 e 24 novembre.

Sono i numeri da capogiro dell’ultima settimana della “campagna tamponale”, si perdoni il neologismo, un po’ cacofonico, ma che rende bene l’idea del giro di merce interessato dal “comparto”.

Il totale, in una settimana, fa – stavolta lo scriviamo in numeri, tanto fa impressione uguale – 3.875.145 di tamponi. Praticamente tutta Roma e Napoli città metropolitane “tamponate” negli ultimi sette giorni. Al prezzo di 15 euro l’uno…

Non scomodate l’app della calcolatrice, siamo qui anche per questo: 58 milioni di euro. Eccolo il giro d’affari messo in campo, solo nell’ultima settimana, senza considerare il lato-vaccini, dalla “convivenza con il virus” in salsa Green Pass. Una enormità, che finisce tutte nelle tasche di “Little Pharma” – ci riperdonerete il secondo neologismo.

Si potrebbe pensare che con l’inserimento del Green Pass il numero dei tamponi sia decollato per la necessità imposta a lavoratori e lavoratrici di esibire comunque un certificato per recarsi lavoro e accedere a una fonte di reddito. In realtà, l’obbligo di certificazione ha generato uno scarto, sì, importante, ma il volume d’affari era già significativo.

Infatti, nel mese di novembre sono stati effettuati 15 milioni di tamponi, altri 8 nella seconda metà di ottobre, per un totale di 23 milioni di tamponi effettuati post-Green Pass, i quali hanno generato un giro d’affari di 225 milioni di euro, considerando sempre 15 euro come prezzo unitario.

Nei 45 giorni precedenti invece sono stati processati quasi 12,5 milioni di tamponi (poco meno di 190 milioni di euro), registrando dunque un aumento del 20% con l’obbligo di certificazione verde – nonché con l’arrivo della variante Omicron nel paese e la risalita del numero di contagi.

Per quel che interessa in queste poche righe, non importa che, come sappiamo, non tutti i tamponi sono stati fatti a pagamento, o non tutti allo stesso prezzo.

Quello che si vuole mettere in luce è il trasferimento di una grossa fetta di ricchezza, avente un peso significativo soprattutto in questi mesi di impennata del costo della vita, dalle mani in primis di una frazione della classe lavoratrice in quelle di un minuscolo segmento proprietario.

Trasferimento peraltro sostenuto da uno strumento socialmente forte, ma politicamente debole, come il Green Pass, ma su cui tuttavia giace un silenzio poco funzionale alle rivendicazioni di chi, più di tutti, sta pagando il prezzo sociale e politico di questo dannato anno e mezzo: il mondo del lavoro.

Un ultimo elemento. Onde evitare incomprensioni, ci teniamo a sottolineare come questo non sia un articolo a favore delle variegate piazze “No Green Pass” che pure hanno attraversato il paese negli ultimi mesi.

Il messaggio che si vuole esprimere è semplice: “tamponi gratuiti per tutti”, che è l’altro lato della medaglia, per chi scrive, di “no ai profitti sulla salute”.

I corollari sono che la pandemia è un problema collettivo e come tale si affronta, per cui la follia No Vax non è in discussione, come non ci sono dubbi sul fatto che il vaccino non sia la soluzione ma che sia necessario farlo, o sulla natura repressiva di questo Stato, o che il Green Pass sia uno strumento discriminatorio di un governo “debole ideologicamente”, impegnato ad anestetizzare ogni reazione politica delle classi subalterne.

Ma la reazione di “rigetto dell’esistente” espressa a suo modo dal mondo No Green Pass avremmo preferito vederla, con la stessa continuità, contro la riforma del fisco o del Reddito di cittadinanza, contro la privatizzazione dei brevetti e la non vaccinazione dei paesi più poveri, contro il carovita, la gestione criminale della pandemia o l’annuncio dell’esercito europeo.

Non contro uno strumento utile, ma non risolutivo, frutto del processo scientifico, come il vaccino – purtroppo, questo sì, capitalizzato dalle multinazionali a nostre spese, il che non ne cambia il risultato nella somministrazione.

Ma hic Rhodus, hic salta, è a partire da qui che si gioca. Magari, ripartendo proprio dai tamponi gratuiti e sulla fine dei brevetti sui vaccini!

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