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La sanità lombarda verso la privatizzazione finale

Alla fine, ciò che si sapeva sarebbe successo, si è verificato. Il consiglio regionale della Lombardia ha confermato la legge 23/2015, che privatizza definitivamente il sistema sanitario regionale, estendendo quanto iniziato da Formigoni e in seguito proseguito dalla giunta Maroni.

Vale la pena di ricordare che proprio per diversi scandali legati alla sanità privata Formigoni è stato condannato a una pesante pena detentiva e al risarcimento per danno erariale di 47 milioni di euro.

Meglio è andata al suo successore Maroni che a termine mandato è stato invece nominato nel consiglio d’amministrazione del gruppo San Donato, colosso degli ospedali privati, tra cui il noto San Raffaele di Milano.

L’approvazione definitiva della tanto discussa legge che regola la sanità lombarda è giunta dopo settimane di sedute fiume e di tentativi ostruzionistici dell’opposizione, che ha proposto migliaia di emendamenti, tutti respinti dalla maggioranza ultrablindata di Fontana e Moratti. La posta miliardaria in gioco era tanto alta da non consentire eccezioni.

Le legge approvata conferma l’enorme e incontrollato potere delle strutture sanitarie private attraverso il sistema delle convenzioni. A tale proposito, anche gli obiettivi previsti dal PNRR, vale a dire l’istituzione di “case” e ospedali di comunità e l’assistenza domiciliare integrata sono stati approvati con l’indicazione che potranno essere aperti ai privati, cioè ai loro profitti.

E’ confermata anche l’istituzione, tutta lombarda, dei “gestori” dei pazienti cronici. In pratica, ciò comporta che un paziente cronico sia affidato a un gestore, che evidentemente è, nella maggior parte dei casi, un istituto privato, che stabilisce per lui un budget di spesa e i luoghi e i tempi dove deve farsi visitare e sottoporsi agli accertamenti di cui ha bisogno.

Un meccanismo inventato ad hoc per consentire la speculazione privata sulla salute dei cittadini affetti da cronicità, visti come una sorta di grande salvadanaio a cui attingere.

Un altro punto molto delicato è l’introduzione nel sistema sanitario dell’assistenza mutualistica assicurativa del welfare aziendale. In buona sostanza, si tratta dell’apertura di un canale privilegiato verso la sanità privata per chi ha tali forme assicurative e per converso della fine della parità dei diritti sanitari tra tutti i cittadini.

Si tratta anche di un buon affare per le aziende, che potranno inserire nei contratti tali forme di assistenza, largamente detraibili dal punto di vista fiscale, al posto di aumenti di salario. Insomma, doppi e tripli guadagni sulla salute dei cittadini.

Per quanto riguarda le istituzioni pubbliche, resta la politica aziendalista del risparmio, considerato un obiettivo fondamentale, mentre gli ospedali pubblici continueranno a occuparsi di prestazioni essenziali e indispensabili, ma scartate dai privati perché poco remunerative sul piano economico.

Sanità pubblica e privata sono inconciliabili, perché la prima si interessa della salute dei cittadini, la seconda del profitto delle aziende. Una sanità privatizzata, quella lombarda, che ha dimostrato tutta la sua inefficienza anche in occasione della pandemia, con un pesante bilancio di morti sette volte superiore a quello dell’intera Cina.

A questi risultati si è giunti attraverso un lungo percorso, iniziato appunto con il condannato Formigoni, proseguito con Maroni e completato da Letizia Moratti, assessore al welfare e, con ogni probabilità, candidata delle destre alle elezioni regionali del prossimo anno.

La stessa persona che fece a pezzi prima la scuola pubblica quando era ministra dell’istruzione e in seguito il servizio informativo pubblico della RAI. Tra l’altro, Letizia Moratti continua a mantenere come direttore della sanità lombarda quel Giovanni Pavesi, pescato negli ambienti della giunta leghista veneta, pluricondannato per danno ambientale e per corruzione quando operava all’ombra del presidente Galan.

Quanto al presidente Fontana, è di ieri la notizia del suo rinvio a giudizio da parte della procura milanese per lo scandalo dei camici comperati dalla Regione dalla ditta Dama, di proprietà del cognato dello stesso presidente e per un piccola quota, della moglie.

Un acquisto che, temendo la denuncia del conflitto d’interessi, Fontana trasformò in donazione, risarcendo il cognato con denaro proveniente da un suo conto svizzero su cui erano depositati 5.000.000 su cui i magistrati stanno indagando.

Insieme a Fontana sono rinviati a giudizio anche i dirigenti del Servizio acquisti della Regione e, ovviamente il cognato Andrea Dini, proprietario della Dama.

Nel frattempo, molti cittadini lombardi sono privi del medico di base, poiché non vengono sostituiti quelli che si trasferiscono o vanno in pensione. A questo grave disservizio che a volte costringe persona anche molto anziane a trasferimenti di chilometri e fuori dal proprio comune per trovare un medico, Letizia Moratti ha reagito addossando la colpa ai medici di base, accusati, in pratica, di essere degli scansafatiche che lavorano troppo poco.

Inoltre, un’altra beffa per i lombardi è la vicenda legata alle terze dosi di vaccino anti-Covid. I cittadini che avevano prenotato la terza dose a sei mesi di distanza dalla seconda, ma che legittimamente ora chiedono di anticiparla si sentono rispondere dal centralino regionale che possono cancellare il loro appuntamento, ma senza alcuna garanzia di ricevere la somministrazione in tempi più rapidi.

In pratica, una lotteria dove, dopo avere annullato il proprio appuntamento, può capitare di ottenerlo anticipato, ma anche, più probabilmente, di vederlo slittare in avanti di varie settimane.

Ciò mentre il commissario regionale alle vaccinazioni, l’immarcescibile Bertolaso, ciancia di trasformare alcuni centri vaccinali in luna park per rendere più piacevole ai bambini la somministrazione del vaccino. Ci sarà dietro un altro affare per qualcuno?

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