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Aristocrazia imprenditoriale: la “classe chiusa” e i suoi nemici

Fare e disfare nuove aziende, assumere e licenziare. Ma la scalata dei figli di ‘papà imprenditore’, sovente, è comodamente assicurata. Negli ultimi tempi, diverse sono le testate giornalistiche che pubblicano storie, informazioni o indagini su società ereditate da figli o figliocci. Chi in maniera più enfatica, chi più dubbiosa, nelle pagine interne i racconti dei cambi, o scambi, generazionali in famiglia sono frequenti.

Proprio in questo fine settimana, il Corsera forniva notizie sui Farinetti&sons, assurgendo, per l’ennesima volta, il patron di Fico e Eataly a paradigma del nuovo modello di ‘azienda liberal’ e, dunque, della conservazione della specie. Padronale.

Uno dei rampolli di famiglia, dopo gli studi negli States, sta per prendere il posto del padre, fino a poco fa, acceso rottamatore del circuito imprenditoriale: largo ai giovani, insomma, purché siano di famiglia. La legge, certamente, non lo vieta, soprattutto se l’azienda è di sua proprietà.

Dalla prima pagina di Domani, invece, con uno sguardo meno entusiastico, si racconta delle recenti vicende di Ita, la nuova compagnia aerea, nata dalle annose ceneri di Alitalia, e dei suoi lavoratori. Il presidente nominato dal “governo dei migliori” è Alfredo Altavilla, già braccio destro di Marchionne.

Sempre dal nuovo giornale di De Benedetti, si apprende che tra i primi accordi che la nuova compagnia aerea ha promosso, c’è stato quello con Helbiz, società di noleggio monopattini, da qualche mese quotata al Nasdaq. In cielo e in terra, in sintesi: con le ali e con le rotelle.

Il capo-prodotto di questa azienda piemontese è tal Emanuele Liatti, che ha tra le sue grandi abilità, oltre ad essere il figlio della stessa compagna di Altavilla, ha rivestito vari ruoli dirigenziali in FCA. Incluso nel biglietto aereo, quindi, ci sarà la possibilità di affittare un monopattino a New York, a Pechino o a Roma; ovunque si atterri.

La collaborazione tra le due società, inoltre, pare si voglia allargare alla mensa dei 3 mila dipendenti di Ita che pure si dovranno rifocillare: infatti, dai monopattini, la Helbiz pare si stia allargando alla ristorazione, campi da sempre attigui (sic.!). Helbiz Kitchen: le magie del mercato.

Non è finita qui: Altavilla, nuovo amministratore di Ita, società al 100% nelle mani del ministero dell’Economia, è vicepresidente e socio al 90% di Amre, società di consulenza del mercato azionario. Un altro 5% di questa società appartiene proprio al figlio della compagna. Sempre Liatti. Una family office, come loro stessi si definiscono. Beautiful family.

Queste operazioni sono certamente meno trasparenti di quella della famiglia Farinetti, almeno a occhio nudo. C’è un grado di opacità diverso, ma entrambe, come tante altre simili conosciute grazie al libero e competitivo mercato, sono testimoni di un atteggiamento, da sempre ordinario nel mondo del capitale: esse denotano quella viscerale, quanto ipocrita tendenza a declamare la “libertà del mercato”, appunto, e delle sue propaggini a cui tutte le mani invisibili possono accedere, ma che, invece, nella realtà, salvo rari e calcolati casi, concedono possibilità di ascesa solo i membri di caste chiuse, quella del circolo imprenditoriale.

La vera casta che gli anti-casta apparenti non hanno mai voluto guardare. La morale non c’entra e nemmeno l’aspetto strettamente legale Si tratta della gestione della ricchezza materiale, del potere sacro di ereditare tale agiatezza senza troppi ostacoli, mentre le chiacchiere dei megafoni ammaestrati mainstream elogiano la magnificenza del rodato sistema. Forse, in attesa delle briciole di un posto al sole.

Se a questo, si coniuga la discussione sul taglio dell’Irpef, a vantaggio quasi esclusivo dei redditi al di sopra dei 75 mila euro, il disegno immediato dell’élite dei migliori si completa. Il muro unanime dei partiti in difesa di quella malcelata casta chiude la cornice.

Un altro effetto del capitalismo; un altro buco della sbandierata “meritocrazia” che lubrifica i meccanismi della casta.

Nella Grecia antica, l’aristocrazia era il governo dei migliori, gli aristoi; il governo della classe proprietari della terra. La base di quella forma politica era il diritto ereditario e nessuno, al di fuori dalla casta dominante, poteva ambire a qualsivoglia riscatto sociale. Una società con ruoli bloccati, monopolizzati.

Popper ha lungamente descritto la società liberale come “società aperta”, mentre i suoi teorici nemici, dall’antichità all’età moderna, avrebbero propinato società “chiuse”, non libere. Ma non ci ha detto che all’interno di quella società aperta si arroccano nelle proprie ricchezze, classi chiuse nei meccanismi di auto conservazione. Poco aperti.

La prassi ereditaria è diventata, o forse è sempre stata, modello stabile di salvaguardia del Potere: il processo di consolidamento delle élite è un fatto compiuto. E le aristocrazie antiche non erano diverse.

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