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Il virus erode “i migliori”

La pandemia sta sommergendo l’immagine del “migliore” che arriva e risolve i problemi. I 220.000 contagi registrati il 5 gennaio – e i 200 morti – dimostrano che la strategia seguita fin qui è semplicemente sbagliata. E nessuno può più provare a dire il contrario.

Al massimo i media di regime – Corriere in testa – possono far sparire il dato dei contagi dalla prima pagina, sommando la censura alla menzogna e all’imbarazzo.

Contemporaneamente, la necessità di mandare Mario Draghi al Quirinale, consolidando la svolta “presidenzialista” richiesta dalla continuità nella gestione del Recovery Fund (con relative “riforme” annesse), consiglia di sottrarre “il migliore” a una fuoco di domande e critiche che ne sminuirebbero molto il presunto carisma.

Ne sembra consapevole lui per primo, vista la rinuncia a spiegare l’ennesimo decreto emergenziale, addirittura il primo che introduce – per quanto obliquamente – l’obbligo vaccinale per gli ultra-50enni.

Andando a guardare il “dispositivo” si nota a prima vista la somiglianza con altre migliaia di provvedimenti simili presi nel decenni precedenti da governi decisamente meno “celebrati”. Un sovrapporsi di divieti e prescrizioni, di date e meccanismi, di eccezioni e rigidità, che difficilmente può essere mandato a memoria. Non solo dal normale “cittadino medio”, ma anche da chi dovrebbe in teoria farle rispettare.

Vi rimandiamo all’elenco fatto dal Corriere della Sera per averne un’idea.

L’impressione è di trovarsi davanti all’ennesimo “colpo di genio” italico: invece di affrontare un problema per risolverlo concretamente, si scrive un decreto legge e poi si fa qualche controllo “a campione”, per qualche giorno, sperando che così “la gente” si adegui.

Ma basta girare per le città, prendendo l’autobus o la metro, per verificare che non c’è alcuna differenza tra prima e dopo “il decreto”. Semmai, in molte località, si sta andando verso un semi-lockdown spontaneo, perché un numero altissimo di persone si è ammalato, un numero ancora superiore si è accorto di essere stato in contatto con dei “positivi” ora allettati e altrettante hanno sempre più paura, dunque non escono di casa.

Questa situazione complica di molto la “quadratura politica” che sembrava quasi scontata: Draghi al Quirinale e continuità del governo con un altro premier-esecutore.

Fin quando infatti “i migliori” viaggiavano sull’onda dell’”efficienza superiore” – più propagandata che reale, ma questo è un altro discorso… – ciò che restava dei “partiti” era costretto a starsene a cuccia, accettando senza fiatare le disposizioni che arrivano dall’Unione Europea e che Draghi conosce/elabora meglio della stessa von der Leyen.

Ma se “la competenza” tecnocratica comincia a far manifestamente cilecca – a colpi di centinaia di migliaia di contagi quotidiani – allora si riapre lo spazio per il solito suq mediorientale della politichetta all’italiana.

Non ci sembra ci siano vere alternative all’aprire le porte del Colle all’ex (ex?) presidente della Bce, ma la continuità della legislatura rientra nel cono d’ombra dei dubbi.

Il malessere della Lega salviniana è stato evidente nell’elaborazione faticosa del decreto sul mezzo obbligo vaccinale. Stare un altro anno a farsi erodere i consensi dalla Meloni non sembra facilmente tollerabile.

Ma se la Lega si sfila dal governo subito dopo l’elezione del presidente della repubblica (chiunque esso sia, a questo punto), non è neanche pensabile che gli altri partiti restino a fare la parte dei bersagli. E dunque si dovrebbe andare ad elezioni anticipate, almeno di qualche mese.

Più facile a dirsi che a farsi, però. Perché il dispositivo del Recovery Fund, incorporato dal Pnrr italiano, prevede uno scadenzario piuttosto rigido di “riforme e condizioni” (528 in totale, di cui solo 51 già approvate dal governo Draghi). E se le varie tappe non vengono rispettate c’è il fortissimo rischio che venga bloccata l’erogazione delle successive rate di prestito.

In quel caso “i mercati” riaprirebbero il focus speculativo sul debito pubblico italiano, giocando sulle rinnovate rigidità dei “paesi frugali”, mettendo in forse il drastico allineamento dell’Italia al sistema europeo in costruzione.

Si può insomma dire che l’idea iniziale che aveva portato al governo Draghi – affidare ai vaccini la soluzione del problema pandemico e concentrare l’attenzione sulle “riforme che ci chiede l’Europa” – era completamente insensata. Il virus scompiglia quei calcoli e costringe i tecnocrati a fare i conti con qualcosa che non capiscono, non sanno come affrontare davvero.

Un bel caos, vero?

Di buono – per modo di dire – c’è che tutti i paesi occidentali si trovano grossomodo nella stessa situazione, quindi diventa più difficile mettere un paese sotto speculazione “privilegiata”.

Tanto più quando l’enorme massa di contagi – ieri 270.000 in Francia, 25.000 in Olanda, 200.000 in Gran Bretagna, 137.000 in Spagna, oltre un milione negli Usa per il terzo giorno consecutivo, 60.000 in Germania, ecc – sta mettendo in crisi non solo i sistemi sanitari, ampiamente privatizzzati ovunque, ma la stessa produzione.

Una buona parte dei contagiati sono infatti lavoratori di tutti i settori; e tra malattie e quarantene si vanno ovviamente moltiplicando le assenze. E quindi le riduzioni di produzione, di trasporti e servizi vari.

Insomma è tutto l’Occidente neoliberista – che all’unanimità aveva scelto di convivere con il virus – a entrare in forte sofferenza. Perché, nonostante l’ideologia, pare proprio che l’economia possa svilupparsi solo se la popolazione è in buona salute. E manifestamente non lo è…

Non bisogna infine sottovalutare l’elemento tempo. Sono due anni che “il sistema” vive sotto pandemia, con alti e bassi che dipendono dalla stagione, dall’efficacia dei vaccini (minore dello sperato, con questo virus), da quantità e qualità delle restrizioni alla circolazione.

Un altro anno, o più, in condizioni di incertezza simili, non sarà senza conseguenze sui sistemi economici. E neanche sulla tenuta di quelli politici, logorati da scelte controproducenti o sbagliate, ma comunque pesanti per le persone.

I “no vax” possono tornare utili come capro espiatorio per qualche tempo, ma alla fine anche il popolo meno informato arriva a capire che il vero problema è in chi ha e gestisce il potere.

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4 Commenti


  • Enzo Miccoli

    È da quando scrivi sull’argomento che chiudi i tuoi sillogismi con l’insulto ai “no-vax”.
    È una forma di “godimento” ? Non capisco insultando cosa si possa pretendere di dimostrare. Comprendo l’imbarazzo nel dover riconoscere l’errore dell’idolatria vaccinale che ha finora contraddistinto le “nostre” analisi ma iniziare a riconoscerlo sarebbe dialetticamente necessario. Forse se si uscisse dalla logica binaria per cui il “vaccino” è, o deve essere, totalmente bene o male, si eviterebbe un esito così debole come l’insulto e si potrebbe iniziare a ragionare.


  • Sergio

    Qualcosa di vero c’è nel commento di Enzo, nel senso che la battaglia non deve essere indirizzata contro i no vax, a mio parere definitivamente sconfitti, ma contro le “mancanze” del governo (niente su sanità, scuola e trasporti) piegato dalla legge del profitto


  • Gianleonardo

    Caro Enzo, mi puoi, cortesemente, spiegare dove è l’insulto? (non sono abbastanza intelligente per capirlo da solo. Grazie).


  • Enzo Miccoli

    In una prima versione dall’articolo, nell’ultimo capoverso, “no-vax” era preceduto da “imbecilli”. Vedo con piacere che è stato tolto poco dopo. Ho fatto questa osservazione perché qualsiasi argomento che si pretende valido, si indebolisce insultando le posizioni avverse.
    Una campagna vaccinale densa di contraddizioni e la realtà di fatto che queste terapie vaccinali non hanno funzione nel limitare i contagi, alimenta le perplessità dei no-vax, che non si risolvono così facilmente. Tutto ciò in un quadro devastato dal punto di vista economico e sociale per le classi popolari e in un contesto in cui il Governo non ha fatto nulla per risolvere l’epidemia ma, orientando ogni soluzione nei vaccini, ha polarizzato il dibattito orientandolo unicamente alla caccia al novax. Credo sia utile per noi evitare questa limitata tagliola concettuale e concentrarci sui nodi politici che nell’articolo di Piccioni emergono, per il resto, benissimo.
    D’altronde, nel medio-lungo periodo, è anche probabile che qualsiasi polarizzazione tra vax e no vax venga assorbita da un quadro di limitazioni economiche e sociali ormai unitario, risultando evidente che i codici di comportamento economico e sociale ammessi sono in relazione a numerose e diverse situazioni soggettive, tutte però codificate.
    Se stiamo nella tesi che vaccinarsi è cosa da rendere obbligatoria dobbiamo anche dire qual è la sanzione sociale del soggetto no-vax, proporzionata al danno che egli procura all’interesse sociale; allo stesso modo dovremmo quantificare il danno di colui che, ad esempio, decide di non effettuare una terza dose, una quarta, o gli eventuali richiami annuali.
    È un quadro complesso, che a mio avviso toglie di mezzo le tagliole concettuali vax-no vax.

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