Menu

Fedayn. La storia e la lotta di Georges Abdallah arriva in Italia

Georges Ibrahim Abdallah è un comunista libanese, nato del Nord del Paese dei Cedri che ha dedicato la sua intera vita alla causa arabo-palestinese.

Insegnante, si installa nel campo profughi palestinese di Nahar El-Bared, nei pressi di Tripoli.

Aderisce al Fronte Popolare della Liberazione della Palestina – formazione della sinistra rivoluzionaria arabo-palestinese – e si reca poi al Sud del Libano dove nel 1978 sarà ferito nel corso della lotta contro il primo tentativo di occupazione sionista del Paese, a qualche anno dallo scoppio della Guerra Civile.

La sua vita si intreccia con la lotta per la liberazione del popolo arabo contro il sionismo e contro le complicità occidentali con Israele, una battaglia condotta sia nel suo Paese d’origine che in Occidente.

È stato condannato in Francia e sarebbe formalmente “scarcerabile” dal 27 ottobre del 1999. Oggi a settanta anni d’età da poco compiuti, è al suo trentasettesimo anno di detenzione, ed è attualmente rinchiuso nella prigione di Lannemezan nella regione Occitanie.

È uno dei prigionieri politici incarcerati in Unione Europea con più anni di galera scontati.

 

Potrebbe quindi essere fuori dalla prigione da più di vent’anni ma questo primato detentivo è dovuto alla pressione statunitense e sionista, nonché alla complicità del governo francese. Questi ne hanno fatto, di fatto, un ostaggio nelle mani di uno Stato che gli ha negato nel 2013 la libertà condizionale e il ritorno in Libano e, più recentemente, la scarcerazione all’interno di una ampia manovra “svuota carceri”, attuata per impedire la diffusione del Covid-19 nelle prigioni d’oltralpe.

Arrestato il 25 ottobre del 1984 per detenzione di “veri documenti falsi”, è stato successivamente accusato e condannato per complicità in omicidio volontario. Nel corso del processo ha negato le accuse per le quali è stato poi condannato, esprimendo il suo appoggio alle Frazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi (FARL), un gruppo comunista della Resistenza Libanese che ha ucciso nel 1982 Charles Ray, attaché miliare dell’ambasciata francese degli Stati Uniti, e, sempre a Parigi, Yacov Barsimentov, un funzionario israeliano membro del Mossad.

Due anni prima, il 1982, è stato l’anno dell’Invasione israeliana del Libano con l’Operazione Pace in Galilea che era già stata tentata infruttuosamente nel 1978 con l’Operazione Litan. Un tentativo di aggressione che si ripeterà senza successo nel 2006, a pochi anni dal ritiro “definitivo” dal Sud del Libano avvenuto nel 2000.

Ma il 1982 è stato anche l’anno in cui la destra falangista libanese, con l’appoggio israeliano, compì la strage nel campo profughi di Sabra e Chatila a Beirut, massacrando per tre giorni, a metà settembre, uomini, donne, anziani e bambini. Un massacro a lungo rimosso, simbolo di come l’Occidente volti lo sguardo altrove quando i propri alleati commettono i peggiori crimini di guerra, come è avvenuto recentemente con i bombardamenti a Gaza.

L’occupazione sionista che, con il beneplacito degli Stati Uniti, fece 25 mila morti e quasi il doppio dei feriti tra il popolo libanese, era finalizzata all’annientamento dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e alla cattura o l’uccisione di Yasser Arafat, allora leader della resistenza palestinese. Era una specie di “punizione collettiva” per un Paese in cui vivevano in differenti campi profughi i palestinesi – cacciati da Israele nel 1948 e nel 1967 – e dove una parte rilevante della popolazione e tutto il variegato fronte progressista aveva la colpa di solidarizzare con la Resistenza Palestinese.

Nel corso del suo processo nel febbraio del 1987, Abdallah aveva dichiarato, riferendosi alle azioni per cui era stato successivamente incolpato: «Se il popolo non mi ha concesso l’onore di partecipare a queste azioni anti-imperialiste che voi mi attribuite, almeno ho l’onore di essere accusato dalla vostra corte e di difenderne la legittimità di fronte alla legittimità criminale degli aguzzini».

Questo compagno comunista e il fratello sono stati i “capri espiatori” per una opinione pubblica francese ai tempi fortemente condizionata dall’effetto degli attentati della metà anni Ottanta, erroneamente attribuiti alle FARL.

L’establishment politico – l’allora ministro dell’Interno Charles Pasqua ed il suo delegato alla sicurezza – e l’apparato mediatico hanno accreditato senza alcuna prova – come hanno poi dichiarato anni dopo – la “pista Abdallah” desiderosi di additare un colpevole da dare in pasto all’opinione pubblica e riaffermare la ragion di Stato.

In realtà questi atti, come si è successivamente scoperto, rientravano principalmente nelle forme di pressione sulla Francia da parte della Repubblica Islamica dell’Iran per l’appoggio dato da Parigi all’Iraq di Saddam, nel sanguinoso conflitto tra i due Paesi (1980-1988).

Ad oggi, è in atto da anni una campagna per la sua liberazione in Francia e lo Stato libanese ha più volte posto la questione di Abdallah al presidente francese Macron. Abdallah rifiuta di rilasciare qualsiasi dichiarazione di “pentimento”, premessa posta dall’Esagono come concessione di una eventuale grazia da parte presidenziale. Durante tutti gli anni della sua carcerazione non ha mai rinnegato i suoi principi e il suo impegno contro l’imperialismo e al fianco dei popoli oppressi, in particolare verso il Popolo Palestinese, per il quale ha portato avanti diversi scioperi della fame in appoggio alle rivendicazioni dei prigionieri politici palestinesi (oggi circa 7000) detenuti nelle carceri israeliane.

La presentazione del documentario “Fedayin, le Combat de Georges Abdallah”, realizzato dal collettivo Vacarme(s), con la presenza degli autori è l’occasione per ripercorrere la storia della Resistenza del popolo palestinese e le complicità occidentali con il sionismo, in un momento in cui l’ennesima aggressione militare israeliana di fine maggio, a Gaza e nei Territori Occupati del 1948 e del 1967, ha mostrato al mondo interno (nonostante la censura mediatica) la perpetuazione del progetto di pulizia etnica della “Entità Sionista” e la sua natura colonialista e segregazionista.

Al fianco della Lotta Palestinese contro il Sionismo!
Libertà per Abdallah!
Amnistia per i reati politico e sociali!

La Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta e Opposizione Studentesca di Alternativa promuovono per la prossima settimana un ciclo di iniziative e proiezioni / dibattito con la presenza di Matthieu Jeuland del  Collectifs Vacarme(S) – Francia,  nelle seguenti città: Torino, Milano, Bologna , Pisa, Roma, Napoli

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *