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Covid. Gli apprendisti stregoni delle Regioni, mentre aumentano morti e terapie intensive

Ieri i morti per Covid sono saliti a 468 mentre l’occupazione delle terapie intensive è salita al 18%.

Nel tentativo di sminuire questi i dati, il governo e i mass media asserviti riferiscono che si tratta di un effetto trascinamento dei dati dei giorni precedenti. Eppure avevano utilizzato proprio il numero inferiore di decessi per dichiarare che la “curva era discendente”.

Delle due l’una: o i decessi nei giorni scorsi erano più alti di quanto dichiarato – e quindi era sbagliato poter affermare che la curva era discendente – oppure il Covid continua a far morire le persone nonostante l’operazione “normalizzazione” che si vuole imporre a tutti i costi e nonostante una campagna vaccinale che, almeno nei numeri, è ampiamente riuscita e non richiederebbe l’ulteriore accanimento contro i non vaccinati.

Ma se da un lato il governo conferma di procedere a tentoni sul piano del contrasto alla pandemia, dall’altra si è ormai imposto il “comando degli apprendisti stregoni” che invocano il ritorno alla normalità anche se i dati dicono il contrario.

Tra questi spiccano i presidenti delle Regioni, secondo i quali ormai è tempo di semplificare e normalizzare ponendo fine  alle fasce a colori, al conteggio dei malati per altre patologie tra i ricoverati Covid, agli asintomatici sottoposti a sorveglianza sanitaria, agli studenti vaccinati in Dad.

Mentre aumentano i morti e l’occupazione delle terapie intensiva, questa è la posizione unanime dei presidenti delle Regioni, che sarà messa nero su bianco in un documento da sottoporre all’attenzione del Governo con il quale mercoledì 2 febbraio ci sarà un confronto in sede di Stato-Regioni.
Il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, ha sottolineato in particolare due punti: “superare definitivamente il sistema a colori delle zone di rischio assieme all’esigenza che la sorveglianza sanitaria sia riservata ai soggetti sintomatici”.

Secondo i dati diffusi dall’Agenas mentre è salita al 18%, in tutta Italia, la percentuale di terapie intensiva occupate da pazienti Covid. questo è il quadro nelle varie regioni.

Il tasso risulta cresciuto in 6 regioni: Abruzzo (21%), Calabria(17%), Campania(13%), FVG (24%), Lazio (22%), Marche(23%), mentre è calato in 4: Piemonte (23%), PA Trento (26%), Umbria (8%),Val d’Aosta(19%). Rimane invece stabile in Basilicata (8%), Emilia Romagna(17%), Liguria(18%), Lombardia(15%), Molise(5%), PA Bolzano(17%), Puglia(13%), Sardegna(15%), Sicilia(19%), Toscana(22%), Veneto(17%).

Se è vero che è crescente la voglia di tornare ad una vita normale, è anche vero che l’avventurismo al quale abbiamo assistito e continuiamo ad assistere non sembra affatto la strada per mettere in sicurezza il paese dalla diffusione della pandemia e delle sue varianti.

Il ministro dell’Istruzione Bianchi può anche fare l’arrogante dicendo solo lui ha i dati e che nelle scuole va tutto bene, ma il bollettino quotidiano di quarantene nelle classi dice tutt’altro.

I ritardi nella raccolta dei dati e le ingegnerie per offrirne una diffusione rassicurante vengono smentiti quotidianamente da chi – studenti, insegnanti, genitori – fa i conti con aumento dei contagiati, quarantene, le Asl che hanno gettato la spugna, corse a ostacoli tra tamponi di vario tipo, rocambolesche soluzioni tra Dad, Did, alunni in classe, in quarantena etc.

Convivere con il virus sarà in qualche modo inevitabile, ma almeno ci si arrivi con un minimo di pianificazione e non con le inquietanti improvvisazioni degli apprendisti stregoni, al governo e nelle Regioni.

 

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