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La sovranità è dei mercati, mettetevelo in testa

Dedicato a quei compagni che continuano a ragionare di politica secondo gli input provenienti dai talk show o dagli editoriali di regime.

Ossia agli “intossicati” di pettegolezzi, dichiarazioni, battute, retroscena (un genere giornalistico tutto italiota), “indiscrezioni” rilasciate da portaborse o segretari di partito. E che perciò, sommersi da informazione-spazzatura priva di un qualsiasi disegno razionale si ritrovano a castellare a loro volta “intorno ai nomi” invece che intorno agli interessi sociali in campo.

Dimentichi, insomma, della prima lezione dei nostri maestri: “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.

Condannati a non capirci nulla o addirittura a fare il tifo per questo o quel “nome” buttato lì nel calderone. Indimenticabili alcuni “marxisti per caso” che hanno tifato per il capo dei servizi segreti (quelli italiani! Quelli di Piazza Fontana e della stazione di Bologna!) “in quanto donna”. Come se per piazzare una bomba fosse indispensabile una specificità di genere…

Ma anche quelli che hanno covato in fondo al cuore un speranziella per Casini (avevamo pronto il titolo, se fosse accaduto: “un Mattarella da discoteca”), Cartabia (Comunione e liberazione) o qualche altro “peone quirinabile”.

Un “pensiero politico”, insomma, dove tutto è possibile perché ridotto a “comunicazione”, giochi di parole, personaggi e progetti intercambiabili, come certe liste elettorali usa-e-getta. 

Un “pensiero politico” dove i rapporti di forza sono ignorati e la “dura necessità” accantonata tra le “cose pesanti e noiose”. Tranne sottomettervisi poi, quando risulta chiaro che “non si può fare altrimenti” (“non c’è alternativa”, diceva la Thatcher).

Così, per rafforzare i giudizi e i concetti espressi più volte nei giorni del “romanzo Quirinale”, preferiamo proporvi qui la lettura di un articolo dell’Agenzia Agi. Una delle diverse agenzie di informazione, niente affatto impelagata con le paturnie “democratiche” o “di sinistra”.

Anzi, visto che è di proprietà dell’Eni, con ottime “entrature” nel mondo ovattato dei consigli di amministrazione internazionali. Principalmente europei, ma con robuste interlocuzioni internazionali.

Un mondo dove le favole preferiscono raccontarle ai beoti, non bersele. E fin dal titolo il senso è inequivocabile: “Perché i mercati hanno fiducia in Mattarella e Draghi”.

La spiegazione è altrettanto chiara, a volte persino sprezzante verso chi si ostina a blaterare dei “politici” come se fossero protagonisti di qualcosa.

Il succo da trarre è a sua volta semplice, per chi voglia guardare quel che ha davanti invece di lambiccarsi l’ultimo neurone con “chissà che c’è dietro”.

Lo Stato italiano è uno Stato commissariato dai “mercati” e dal costruendo super-Stato chiamato Unione Europea.

La “sovranità” sta infatti ora nei “mercati”, non più nelle “nazioni” e tanto meno nel “popolo”. Gli antisovranisti – esattamente come i nazionalisti – non sono “democratici”, ma oligarchici, in senso stretto (i “felici pochi” che possiedono e decidono). E qualche volta lo dicono pure, anche se a bassa voce.

Alla “politica nazionale” spetta il compito di far accettare alla popolazione – divisa in classi, con livelli diversi di benessere e fonti di reddito – le decisioni prese nei consigli di amministrazione che contano, di concerto con Bruxelles (Ue) e Francoforte (Bce).

Il “patto di stabilità” inchioda tutti i livelli amministrativi “politici”, dallo Stato centrale all’ultimo consiglio municipale metropolitano. Il margine che a ogni livello viene lasciato è quello sufficiente a nutrire le (poche, ormai) clientele e cordate che servono ad assicurare un minimo livello di consenso sociale.

I “fondi del Pnrr” – o del Recovery Fund – sono ora in mani considerate “sicure” e nessuno può neanche sognare di metterci il naso. Al massimo potrà consolarsi e arricchirsi continuando ad evadere il fisco (se non è un lavoratore dipendente o un pensionato, ovvio).

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Perché i mercati hanno fiducia in Mattarella e Draghi

Giandomenico SerraoAgenzia Agi

Nelle cancellerie europee tirano un sospiro di sollievo. Così come ai piani alti delle grandi istituzioni finanziarie che detengono gran parte del debito pubblico italiano. La conferma del ticket Mattarella-Draghi, infatti, è garanzia di stabilità e continuità. E soprattutto di fiducia. “La fiducia in finanza è praticamente tutto”, spiega un analista.

E l’incertezza nell’ultimo periodo si cominciava ad avvertire. Perché la partita del Quirinale, questa volta, era strettamente legata a quella del governo. Lo sapevano i cittadini comuni così come ne erano consapevoli gli investitori dei grandi fondi e delle banche d’affari che ogni giorno fanno muovere la finanza globale.

Lo spread, termometro della fiducia

Per l’Italia lo spread rappresenta il termometro di questa fiducia. E nell’ultimo mese qualche linea di febbre si era registrata, con il differenziale passato dai 130 punti base di inizio mese fin quasi ai 150 punti base (148 pp) di giovedì 27 gennaio.

Certo ci sono in gioco anche altri fattori. Primo tra tutti la fine del programma pandemico della Bce (il Pepp, Pandemic emergency purchase programme, da 1.850 miliardi di euro), il prossimo mese di marzo. Ma nelle “stanze dei bottoni” sono pronti a scommettere che la stabilita’ politica porta anche stabilità finanziaria.

In un anno per ftse mib +21%

A ulteriore dimostrazione di ciò – da quando in carica il governo Draghi, l’indice principale di Piazza Affari, l’Ftse Mib ha guadagnato il 21,72%. Certo non è solo merito di mister ‘whatever it takes’. Nell’ultimo anno, il rimbalzo economico e finanziario si è registrato in tutto il mondo di pari passo con le riaperture delle attività, le vaccinazioni e la ripresa di una vita quasi ‘normale’.

La partita del Pnrr

C’è poi la partita del Recovery fund. La gara a tappe in cui l’Italia è impegnata per non perdere i 191,5 miliardi (68,88 miliardi in sovvenzioni e 122,6 miliardi in prestiti). Nel 2021 l’Italia ha raggiunto i 51 obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) concordati con la Commissione Europea con scadenza il 31 dicembre 2021.

Nel corso della conferenza stampa di fine anno, Draghi sottolineò come “occorre dimostrare che la fiducia degli altri Paesi europei, mostrata dando all’Italia questi fondi, è stata ben riposta”.

La fiducia che l’Europa dovrà avere nell’Italia. Nel 2022 infatti andranno centrati altri 102 obiettivi per assicurarsi la seconda e la terza tranche dei fondi europei, in tutto 40 miliardi.

Tagliando al governo?

Certo non tutto è definito. Nella maggioranza di governo, uno dei partiti ‘di peso’ come la Lega ha chiesto a Draghi una nuova fase di governo perché l’ultimo anno di legislatura non si trasformi in una campagna elettorale permanente.

Per affrontare questa nuova fase serve una messa a punto: il Governo con la sua maggioranza dovrebbe adottare un nuovo tipo di metodo di lavoro che ci permetta di affrontare in maniera costruttiva i tanti dossier, anche divisi, per non trasformare quest’anno in una lunghissima, dannosa campagna elettorale che non serve al paese“, ha detto il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti al termine di un incontro con il segretario della Lega Matteo Salvini.

A dimostrazione che, pur se nella stabilità, quest’ultima settimana di votazioni per il Quirinale, qualche novità nel governo la porterà. E lunedì i mercati ricominceranno a giudicarci per vedere se la fiducia concessa è ben riposta.

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3 Commenti


  • Pasquale

    E’ un pezzo condivisibile con una analisi molto netta e pulita. Il grande Lenin lo dice chiaro, “Il capitale è tutto, la borsa è tutto. Il parlamento e le elezioni sono un gioco da marionette”.


  • WALTER GAGGERO

    Tuttavia dice anche “il potere politico sta sulla canna del fucile”


  • Giuseppe

    delle multinazionali😠

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