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La guerra parte da qui

Sabato 2 aprile a Genova più una ventina di realtà associative cattoliche e laiche, l’osservatorio The Weapon Watch, la redazione di Contropiano e ovviamente i militanti del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, che aderisce per la maggior parte all’USB, ha convocato un importante momento di piazza.

Un appuntamento, quello di sabato, che si tiene a due giorni dalla riuscita mobilitazione promossa dall’Unione Sindacale Di Base proprio nel capoluogo ligure.

Il 31 marzo, infatti, si è svolto uno sciopero del personale dello scalo per l’intera giornata, con con un’ottima adesione nei terminal dove è presente USB. Un’astensione dal lavoro iniziata con un presidio che ha bloccato il principale varco portuale dalle sei della mattina e a cui hanno partecipato, oltre ai camalli, una folto gruppo di solidali.

Dal varco di lungomare Canepa è partito poi in corteo per raggiungere il Cap di via Albertazzi, sede prevista di quella che è stata una lunga – circa tre ore – e partecipata assemblea dal tema: A chi conviene la guerra?”, con più di una ventina di interventi.

Un momento di confronto che è servito anche per lanciare lo sciopero di differenti comparti del privato promosso da USB il 22 aprile con un corteo nazionale pomeridiano a Roma, le cui ragioni sono state ribadite nell’intervento di chiusura da Giovanni Ceraolo del Coordinamento Nazionale Lavoratori Portuali di USB.

Ha terminato la giornata di lotta un presidio pomeridiano di fronte alla prefettura.

Una delegazione è stata accolta nella sede governativa per ribadire le ragioni di questa lunga lotta contro il traffico di armi, e per la trasparenza dei carichi delle navi che attraccano nello scalo genovese.

Dopo l’incontro, Riccardo “Ricky” Redino – del CALP – ha ribadito al microfono le ragioni dell’iniziativa del 2 aprile: “In questa battaglia abbiamo un avversario potente e, per sconfiggerlo, serve la forza di tutti. Possiamo avere idee diverse tra noi, possiamo bisticciare ma siamo uniti in una cosa: vogliamo la pace. (…) possiamo vincere la guerra solo se siamo tutti insieme. Per questo sabato è fondamentale esserci tutti”.

L’iniziativa di sabato 2 aprile ha un titolo quanto mai esplicito: la guerra inizia da Genova.

Non è una semplice contestazione, ma la presa in carico di una precisa responsabilità nell’opporvisi.

Dalle 15 del pomeriggio di fronte ai gradini del duomo a San Lorenzo interverranno i vescovi di Savona, mons. Marco Tasca, e Calogero Marino, con la consegna e la firma della bandiera della Pace, una serie di interventi aperti dal CALP e che saranno moderati da Don Renato Sacco, esponente di Pax Christi.

Poi una marcia verso il palazzo dell’Autorità portuale dietro lo striscione “Stop alle armi in porto” dove verrà letta e consegnata una richiesta, firmata dagli organizzatori e dagli aderenti, di trasparenza sui carichi e divieto di transito alle “navi della morte”.

Come viene spiegato in maniera articolata nel documento di convocazione:

Il fiorente mercato della guerra inizia e passa anche qui da Genova, dove oggi siamo tutti in apprensione e disponibili ad accogliere i profughi ucraini, sentendoci emotivamente scossi da una guerra sul suolo europeo. Ma è l’ennesima ondata di profughi da tutto il mondo che in questi anni ci hanno chiamati in causa.

La guerra la prepariamo sempre noi: le nostre aziende che fanno ricerca e sviluppo di sistemi militari, le nostre banche che consentono le transazioni e il commercio di armi, una mancata nostra transizione ecologica che ci renda indipendenti da fonti energetiche estere e relativi regimi”.

É un sistema quindi, rafforzato dal recente decreto che dispone l’invio di armi all’Ucraina – passato con 214 favorevoli contro solo 35 contrari – e dal mantenimento della tempistica per raggiungere la quota del 2% del PIL alla sicurezza e alla difesa, in ottemperanza agli impegni con la Alleanza Atlantica presi nel 2014.

Ma al di là delle comunque importanti scelte dell’attuale esecutivo, che hanno nuovamente certificato come una parte rilevante del paese che rifiuta la guerra non sia sostanzialmente rappresentata nelle istituzioni, è l’intero impianto della Bussola Strategica – approvato in sede dell’UE qualche giorno fa – a ridisegnare gli Stati in senso belligerante e quindi ridefinire le sue politiche in senso dell’Unione, ancora più bellicista.

La Convocazione della marcia cita una richiesta precisa che è stata ulteriormente articolata con una lettera che verrà portata simbolicamente con una marcia fino a Palazzo San Giorgio:

Chiediamo con forza che l’Autorità Portuale di Genova nel rispetto della legge 185/90 chieda la rivelazione del carico alle navi che transitano da Genova, e rifiuti l’ingresso in porto alle navi della morte. Le guerre in tutto il mondo non siano portate avanti grazie a noi, al nostro sistema produttivo-logistico, o anche solo al nostro silenzio indifferente o ignorante”.

Di fronte, quindi, alle precise responsabilità delle istituzioni gli organizzatori non intendono restare silenti ma iniziare un percorso in cui “i fari di pace” facciano luce sul sistema che produce i conflitti bellici.

Si tratta di una convergenza “inedita”, ma per certi versi naturale, tra differenti componenti politiche e culturali, espressione di quella parte attiva della popolazione italiana che non si è fatta arruolare dalla propaganda bellicista dell’attuale esecutivo; realtà fermamente convinte che l’orizzonte della propria azione politica comune possa collaborare, in questo caso, con quello espresso dal pontefice: “di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia” .

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