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“Giù le armi, su i salari”. Dall’Alitalia agli studenti, in piazza il 22 aprile

In vista dello sciopero operaio del 22 aprile, qui di seguito l’intervista a Francesco Staccioli, ex assistente di volo e ora responsabile Usb per i lavoratori Alitalia-Ita.

Il 22 aprile ci sarà uno sciopero “operaio” convocato da Usb e una manifestazione nazionale a Roma. Avete declinato questa giornata di conflitto come la rimessa al centro della “variante operaia” nell’agenda politica del paese alle prese con decine di crisi aziendali e la recessione economica. Che cosa significa?

Fin dall’ultimo congresso, USB ha individuato il recupero della questione operaia come necessità fondamentale del movimento di lavoratori italiano per poter reagire all’attacco sempre più aggressivo da parte del capitale in tutte le sue forme.

Il palese tentativo di convincerci che “non esistono più gli operai“, anzi che tutti i lavoratori non sono più una classe, è uno dei passaggi fondamentali della reazione padronale organizzata, questa si, come blocco.

Abbiamo voluto porre la questione operaia dentro quella che abbiamo chiamata la “catena del valore”, ovvero la catena che lega raccolta, produzione, circolazione e vendita delle merci, che è stata una grande intuizione del Cestes, il nostro centro studi, come anello molto sensibile e vulnerabile di questo modello economico dove la velocità della circolazione delle merci è un requisito fondamentale del profitto.

La giornata del 22 aprile era stata pensata in un contesto che è stato bruscamente cambiato dalla guerra. Il paese era già dentro una pesante crisi economica e sociale, gli operai della produzione e della circolazione delle merci che cosa hanno da mettere in campo contro le cause e le conseguenze della  guerra sulla società?

La guerra in Ucraina ha indubbiamente cambiato il contesto e non solo per il dramma umano che si trascina dietro, ma non possiamo scordarci che il fattore lavoro vive una costante guerra lanciata contro di lui da molti anni.

Dopo due anni di pandemia, la guerra peggiorerà le già enormi difficoltà che le classi popolari e lavoratrici vivono quotidianamente proprio per le scelte governative; tutto cià non farà altro che svelare l’anima guerrafondaia del sistema al potere, che infatti è corso a mettersi l’elmetto. “Abbassare le armi, alzare i salari” è diventato lo slogan della stessa giornata del 22 aprile e credo sia totalmente azzeccato.

I lavoratori aeroportuali di Pisa e i portuali di Genova hanno bloccato il traffico di armi costruendo intorno a loro una alleanza sociale molto ampia. A distanza di decenni dai momenti alti del movimento operaio, possiamo dire che quando prendono l’iniziativa gli operai hanno nuovamente la capacità di unire intorno a sé un blocco sociale più ampio?

Il 31 marzo a Parigi durante una manifestazione nazionale della CGT Ferrovieri (la Cgt non è affatto la Cgil…) dal palco si è parlato con ammirazione di quanto fatto dagli operai dell’aeroporto di Pisa, che si sono rifiutati di caricare armi in un cargo aereo nascoste dentro aiuti umanitari; e dai portuali di Genova che quello stesso giorno stavano scioperando e bloccando il porto contro il carico delle armi.

Non posso che essere orgoglioso che ogni tanto siano i francesi a parlare bene di noi e credo che le iniziative del mondo del lavoro, in particolare di quelle categorie operaie che si mettono in prima linea, come accaduto anche in altre circostanze, abbiano un grande potere catalizzatore.

Un aspetto decisamente inedito che è venuto emergendo è l’unità tra operai e studenti. Le organizzazioni studentesche come Osa hanno dichiarato lo sciopero per il 22 aprile. Hanno scritto su vari striscioni “Operai-studenti figli della stessa rabbia”. Come è nato e come sta crescendo questa alleanza di due settori significativi del blocco sociale antagonista?

Tutto questo non è un caso, ma frutto di un lavoro da parte di tutta USB che ha investito nell’aprirsi al dialogo di vasti settori di precarietà e di società intera che non sono più inquadrabili dentro le classiche categorie del sindacato.

Il dialogo con gli studenti deriva anche da questa apertura e dallo stare in piazza costantemente su temi sociali che intrecciano i diritti del mondo del lavoro da quelli più generali, come quello contro le privatizzazioni, per il diritto allo studio e quello all’abitare, tanto per fare alcuni esempi, da cui non dovrebbero essere mai scissi.  La crisi pandemica e la guerra hanno agito come acceleratore delle istanze.

Dopo anni di letargo e pensiero debole, il conflitto operaio e studentesco sembra aver ritrovato dentro la crisi – e la sua acutizzazione con la guerra – una funzione, una identità di classe e una aspirazione al cambiamento che sembravano rimosse. Possiamo guardare in avanti più positivamente che in passato?

Ci sono ancora molte, troppe situazioni scabrose nel nostro Paese, come ad esempio quello che sta accadendo nella compagnia aerea pubblica ITA dopo un anno di vertenza, nelle quali il lavoro e i diritti sono calpestati in un modo mai visto prima così come la situazione politica in Italia non è mai stata così debole dentro il finto unanimismo a sostegno di Draghi, per essere troppo ottimisti sul futuro di questo Paese. 

Certamente, il 22 aprile mette insieme uno sciopero di chi raccoglie, chi produce, chi maneggia, chi trasporta, chi carica e chi vende le merci, e con loro altri settori che parteciperanno seppur senza astensione dal lavoro, tutti quanti insieme alle frange studentesche più attive; tutto questo è inequivocabilmente un grande segnale.

Riparlare di salario, di diritti, di sicurezza e di occupazione, senza isolarli, anzi, da quelli più generali incluso la spinta ecologista è un grande sforzo che rimette al centro della discussione non più l’interesse dell’impresa, come ho sentito e sento dire da troppi grandi sindacalisti, ma quello degli uomini e delle donne in carne ossa, insomma delle classi più deboli, incluso quel pezzo dii ceto medio attaccato a un passato che non c’è più.

Questo è un punto di partenza ma dobbiamo essere coscienti che senza organizzazione e senza altri sforzi di ricomposizione dei bisogni e delle necessità difficilmente si andrà da qualche parte. 

Però, intanto noi iniziamo – e bene – dal 22 aprile.

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