Menu

“Dobbiamo fermare questo sistema ecocida, a cominciare dal nucleare”

Intervista a Lorenza Masi sulla manifestazione convocata per domenica prossima a Caorso.

Il nucleare in Italia cerca di rientrare dalla finestra dopo essere stato buttato fuori due volte dalla porta. Questa volta ha alle spalle l’Unione Europea e l’alibi della transizione ecologica. Domenica 22 maggio contro il ritorno del nucleare è stata convocata una manifestazione nazionale alla centrale nucleare di Caorso, in provincia di Piacenza. Ne abbiamo parlato con Lorenza Masi del coordinamento nazionale di Cambiare Rotta che ha promosso da settimane questa mobilitazione popolare

D: Per il 22 maggio avete convocato una manifestazione alla centrale nucleare di Caorso. Quale è il significato di questo appuntamento?

R: Manifestare il 22 maggio a Caorso è per noi un importante passo nella costruzione dell’opposizione a questo sistema capitalista, ecocida e guerrafondaio in cui non c’è futuro possibile. Caorso è il luogo simbolo della storia del movimento antinucleare nel nostro paese e proprio quest’anno iniziano i lavori di smantellamento del reattore e dismissione della centrale, chiusa definitivamente nel 1990. A inizio giugno sarà compiuto un altro importante passaggio all’interno degli organi decisionali dell’Unione Europea verso l’approvazione dell’inserimento dell’energia da fissione nucleare nella tassonomia verde che dimostrano la natura opportunistica del processo di “transizione ecologica” tanto caldeggiato dall’Unione Europea.  In più a fine maggio scade il termine che al Summit di Versailles del 10-11 Marzo i vertici europei si erano dati per definire il piano del “REPowerEU” e garantire all’unione Europea l’autonomia energetica tanto agognata per diventare competitiva nell’era della ipercompetitività multipolare evocata dalla Von der Leyen nel discorso sull’Unione a settembre. L’inclusione nella tassonomia verde del nucleare è in questo momento essenziale per garantire alla Francia e alla Germania, che proprio dopo lo scoppio del conflitto ha fatto dietrofront sulla decisione di denuclearizzare il paese, la tenuta economico-finanziaria.

La data si inserisce dunque in un momento cruciale per quanto riguarda le decisioni in ambito energetico e ambientale, così come in un contesto storico e politico di fondamentale importanza. Con l’escalation del conflitto in Ucraina è infatti ritornato centrale nel dibattito il tema militare e l’interesse bellicista del nostro paese, non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello economico e industriale. Oltre alla decisione di aumentare le spese militari e il ritorno dell’economia di guerra, non è secondario lo sviluppo industriale e tecnologico in cui i prodotti dual use da fissione nucleare costituiscono una parte importante.

Come Organizzazione Giovanile Comunista dunque non potevamo che cogliere questa enorme contraddizione, analizzarla e proporre un momento di mobilitazione, proprio a partire da quei settori giovanili che sono stati protagonisti negli ultimi anni di numerose mobilitazioni ambientaliste, senza però perdere la bussola politica, senza cadere nel tranello del “nucleare come unica alternativa” per la transizione energetica e ambientale.

 

D: In Italia la società ha detto due volte no all’uso del nucleare nei referendum de 1987 e del 2011 ma adesso è di nuovo nell’agenda del governo. Come pensate di contrastare questa decisione? 

R: L’inserimento del nucleare nell’agenda del governo risponde alla necessità di mascherare il fatto che in realtà non si riesce a trovare una soluzione alla crisi climatica all’interno del sistema capitalista, il nucleare viene spacciato come soluzione eliminando la complessità di una risorsa energetica costosissima e molto rischiosa per l’ambiente perché sia nella fase estrattiva dell’uranio sia nella fase di produzione energetica si producono tonnellate di scorie radioattive altamente inquinanti.

Si calca così la mano sul fatto che non venendo prodotta anidride carbonica il processo allora sarebbe la Soluzione al disastro ambientale. In italia tra l’altro il discorso rimane puramente ideologico dato che non abbiamo i mezzi che rendano un ritorno al nucleare fattibile: l’industria nucleare è stata smantellata, mancano i tecnici, gli intellettuali del settore, le infrastrutture e le conoscenze tecniche. Il ritorno al nucleare si profila dunque come pura propaganda politica.

Per questo noi sentiamo la necessità di combattere su un piano ideologico, come organizzazione giovanile comunista, costruendo azione pratica contro il ritorno al nucleare. Il momento per opporsi è ora, non si può aspettare quando ormai è evidente l’insostenibilità del modo di produzione capitalista.

Presa consapevolezza che un futuro in questo sistema non esiste, guardiamo alle lotte passate che sono state in grado di mettere fine al nucleare in Italia e ne raccogliamo la lotta sapendo che è necessario costruire un’opposizione a questa deriva ecocida e guerrafondaia. Abbiamo deciso di agire vicino alle date istituzionali che stanno consolidando questo processo in modo tale da raccogliere tutte le possibili forze che siano intellettuali, sociali o politiche, per lottare contro chi ci sta condannando ad essere una generazione senza futuro.

La manifestazione a Caorso sarà un momento importante per alzare la nostra voce in protesta contro l’ennesimo tentativo dell’Unione Europea di far passare per ecologiche delle scelte che hanno tutt’altro interesse dietro. Un’alternativa alle politiche imperialiste, un’alternativa alla distruzione del pianeta e del nostro futuro è possibile e necessaria.

 

D: Nell’Unione Europea il nucleare è stato indicato come energia compatibile con la transizione ecologica. Lo ritenete credibile?

Avendo qualche difficoltà a definirla energia sostenibile tout court, spesso il nucleare viene spacciato come “energia di transizione”, sarebbe a dire una fonte che accompagna il passaggio dal fossile alle rinnovabili (eolico, solare, etc). I dati attualmente però ci dicono tutt’altro: la Francia, Paese più nuclearizzato d’Europa (il più nuclearizzato al mondo pro capite!), è anche tra i più arretrati in materia di sviluppo delle rinnovabili, proprio a causa della rigidità nella generazione energetica che caratterizza il nucleare (non può essere spento ed acceso a piacimento e non ha una potenza modulabile) e che lo rende poco compatibile con le fonti rinnovabili.

I problemi legati alla cosiddetta transizione non finiscono qui.

In che modo i tempi in cui gli stessi governi dichiarano che la transizione va effettuata sono compatibili con i tempi di realizzazione di una sola centrale? (Quelle di ultima generazione qui in UE, cosiddette III+, hanno impiegato dai 12 ai 15 anni ad essere realizzate, e per ora sono solo due e circa 11 miliardi di euro l’una). Per non parlare del numero di centrali richieste per raggiungere teoricamente gli obiettivi di Parigi (se non si considera nel computo dell’impatto ambientale di costruzione e decommisioning delle centrali, ovviamente): servirebbero 700 nuovi reattori (più di quanti sono operativi oggi), aumentando a dismisura la richiesta di uranio e peggiorando drammaticamente l’impronta di carbonio dei processi collegati alla sua estrazione, che con la rapida diminuzione della concentrazione di uranio nella crosta terrestre diventerebbe ambientalmente insostenibile.

 

D: Non c’è solo il pretesto ecologico ma anche una crisi energetica grave come quella dei primi anni Settanta, a far sì che il nucleare si riaffaccia come soluzione efficace. È veramente cosi? 

Sicuramente se Paesi che fanno uso estensivo del nucleare come la Francia venissero privati in questo momento di questa fonte di generazione colerebbero a picco. Questo è un punto di debolezza a cui l’Europa, in questo periodo di grande instabilità, non si può esporre.

Non è vero invece il contrario: in questo momento storico (contrariamente agli anni ’70, in cui il nucleare presentava dei vantaggi al livello di costi ed efficienza rispetto al fossile) è assurdo pensare che il passaggio al nucleare sia la soluzione alla crisi energetica. Anzi, ormai addirittura carbone e gas (per non parlare delle rinnovabili) sono diventati competitivi rispetto alle nuove centrali. Infatti dopo i più rilevanti incidenti nucleari nella storia (non ultimo Fukushima, nel 2011) gli standard di sicurezza si sono di molto elevati, rendendo la realizzazione degli impianti sempre più lunga, dispendiosa e macchinosa, tanto da determinare l’abbandono di un progetto su otto e rendere sempre più rischiosi gli investimenti in questo senso.

In sostanza, sicuramente oggi non è la risposta alla crisi energetica ma, sebbene sia diventato una palla al piede per i Paesi che ne fanno maggiore utilizzo, liberarsene vorrebbe dire mettersi in una situazione di precarietà che l’attuale contesto sicuramente non permette.

 

D: Pensate che con il “dual use” civile militare il nucleare possa alimentare anche in Italia un processo di riarmo nucleare? 

R: C’è sicuramente un forte collegamento tra implementazione civile e militare della tecnologia: basti pensare che i quattro Paesi che producono più energia elettrica tramite nucleare (Usa, Cina, Francia, Russia), sono anche i quattro a possedere più testate nucleari (Russia, Usa, Francia, Cina). Non dimentichiamo anche che gli stati Occidentali che hanno deciso di imporre all’Iran arricchimenti dell’uranio nelle centrali inferiori al 3.7% per paura che possa passare all’applicazione militare della tecnologia sono gli stessi che promuovono attualmente dei tipi di reattore “innovativi” (microreattori) con un arricchimento molto più alto. Questi sono ad esempio alcuni dei modelli che Cingolani propone durante i propri comizi.

Facciamo presente infine che le applicazioni militari del nucleare vanno ben oltre le testate al plutonio, e riguardano in particolare l’utilizzo dell’uranio depleto (senza particolari trasmutazioni) per la fabbricazione delle cosiddette “armi sporche”, nettamente più distruttive di quelle convenzionali e i cui residui sono ovviamente radioattivi ed altamente contaminanti.

Il controllo della tecnologia nucleare a livello civile porta a disporre di materiali idonei per la produzione di armamenti nucleari e ci si affida solo al “buon senso comune” se si pensa che non verranno utilizzate per produrre armamenti. Non va dimenticato che in Italia siamo già in possesso di testate nucleari. Le basi americane sul nostro territorio di Camp Darby e Sigonella, gli aeroporti militari di Aviano e Ghedi contengono ordigni nucleari di vario tipo, le stesse basi da cui partono gli armamenti che vanno in Ucraina andando a fomentare un conflitto sempre sull’orlo di generare un olocausto nucleare.

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *