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La Roma vince la partita in Israele ma perde in immagine

La Roma ad Haifa ha battuto il Tottenham, ma quella di sabato sera non è stata solo una partita di calcio.

Da settimane la campagna Bds (Boicottaggio, Disivestimento, Sanzioni) aveva chiesto alla Roma di non andare a giocare in Israele per contrastare il regime di apartheid israeliano contro i palestinesi.

Gli attivisti del Bds avevano inviato lettere e petizioni alla direzione della società spiegando i motivi di tale richiesta. Nei giorni scorsi avevano tappezzato con manifesti lo store centrale della Roma in Piazza Colonna.

Sabato Amnesty International aveva ripubblicato l’ampio e documentato dossier con cui Israele viene denunciata come un paese che pratica l’apartheid contro la popolazione palestinese. La Roma aveva chiesto che gli venisse inviato il dossier ma questo non è bastato per fermare la macchina di un evento non solo sportivo ma di significato politico.

Andare a giocare in Israele contro il Tottenham, la squadra creata, finanziata e sostenuta dalla comunità ebraica londinese e i cui tifosi amano sventolare bandiere israeliane sulle tribune  (le altre squadre europee simili sono l’olandese Ajax e la polacca Krajova), indicavano un evento funzionale alla legittimazione di Israele come paese “normale”, sostanzialmente europeo.

I negozi AS Roma in via del Corso e a Piazza Colonna sono stati tappezzati di manifesti che ricordano quattro giovanissimi giocatori palestinesi uccisi da soldati israeliani solo nell’ultimo anno: Zaid Ghneim, 14 anni; Thaer Yazouri, 18 anni; Mohammad Ghneim, 19 anni; e Saeed Odeh, 16 anni.

La squadra di Saeed Odeh, la Balata FC, insieme alla squadra degli amputati di Gaza, composta da ragazzi che hanno perso arti a causa di assalti militari o spari dei cecchini israeliani, hanno scritto una lettera alla Roma chiedendo di annullare la partita “amichevole” giocata ieri ad Haifa.

“I giocatori nostri compagni, che sono stati uccisi, mutilati, arrestati, a cui è stato negato perfino il diritto di giocare da parte di Israele, sono per sempre nei nostri cuori. È per loro, e per i palestinesi, giovani e anziani, che continuano a sognare, che non possiamo né vogliamo rimanere in silenzio. Non c’è assolutamente nulla di ‘amichevole’ nell’uccisione da parte di Israele di giovani calciatori e nell’oppressione di milioni di palestinesi. Per favore, non giocate nell’Israele dell’apartheid”, hanno scritto nella lettera.

Uno dei gruppi storici della tifoseria della Roma, i Fedayn ha appeso uno striscione a Trigoria, dove si allena la Roma, con scritto “In uno stato che occupa, non può esserci ‘amichevole’”. Ma dopo la Roma adesso tocca alla Juventus che ha accettato di andare a giocare in Israele.

Le denunce sul sistema di apartheid israeliano sono diventate sempre più circostanziate e il boicottaggio degli eventi sportivi – come avvenne per il Sudafrica della segregazione razziale – può avere il suo peso nel portare cambiamenti significativi ad una situazione sempre più insopportabile per la popolazione palestinese.

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2 Commenti


  • Luca

    Fe-Fe Fedayn!


  • Sebastiano Comis

    Quando prima Mattarella e poi Draghi vanno in Israele a stringere mani sporche di sangue palestinese, mi sembra difficile convincere una società sportiva a comportarsi diversamente: specie in Italia, dove sport e politica vanno a braccetto, come ai tempi del deprecato fascismo.

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