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Necessità e ambiguità della manifestazione per la pace del 5 novembre

Sabato pomeriggio migliaia di persone riempiranno le strade di Roma per  una manifestazione contro la guerra in corso in Ucraina e per la pace, una manifestazione indubbiamente attesa e necessaria, forse tardiva, ma che necessita di alcune puntualizzazioni sulle sue ripercussioni politiche.

In primo luogo va sottolineato l’intervento a gamba tesa del Presidente della Repubblica Mattarella, proprio alla vigilia della manifestazione, nel quale ha riaffermato “il sostegno senza riserve a Kiev” nella guerra. Dunque la continuità della linea guerrafondaia seguita fin qui dall’Italia dentro la Nato e la Ue. Nessun tentativo, neppure timido, di interloquire con una manifestazione che chiede invece un cambiamento di rotta rispetto a quella seguita ossessivamente fino ad oggi.

Eppure i promotori della manifestazione (soprattutto l’associazionismo cattolico e quello di “sinistra”, insieme a Cgil Cisl Uil) hanno fatto di tutto per rendere la piattaforma della manifestazione estremamente generica e accettabile da tutti: cessate il fuoco, negoziati, stop alla minaccia delle armi nucleari. Anche in questa occasione, come già era avvenuto nella manifestazione di marzo, è stata la Cisl a imporre un più marcato sostegno all’Ucraina che ha provocato moltissime recriminazioni e aperto nuovamente grandissime ambiguità.

I guerrafondai (Meloni e prima ancora Draghi, Quirinale, Pd, Calenda etc.) pretendono il perpetuarsi della posizione italiana nell’ambito dell’ostilità dichiarata alla Russia e rigettano ogni equidistanza come approccio alla posizione che richiede un negoziato tra le parti, dunque Russia e Ucraina, come alternativa alla prosecuzione della guerra.

I promotori della manifestazione hanno cercato di smarcarsi da questa ipoteca fin troppo timidamente, mentre la spinta che viene dalla società appare assai più avanzata di quella espressa dalla politica.

Dalla piattaforma infatti è assente quello stop all’invio di armi all’Ucraina che è precondizione minima di ogni smarcamento dell’Italia dal coinvolgimento attivo nella guerra per procura degli Usa e della Nato in Ucraina. E non è certo un dettaglio, anzi è il fattore decisivo sia perché è la richiesta consolidata e maggioritaria nell’opinione pubblica in Italia, sia perché prevede e consente azioni concrete e conseguenti sul piano politico e parlamentare.

Sta in questo l’ambiguità su cui ha giocato il leader del M5S Giuseppe Conte nel costruire la manifestazione del 5 novembre. E’ in questa ambiguità che la manifestazione configura una “zona grigia” in cui, paradossalmente, potrebbero trovare accoglienza anche i guerrafondai del PD, cioè i più ossessi sostenitori del coinvolgimento militare dell’Italia nella guerra, dell’invio di armi all’Ucraina e della obbedienza alla Nato. Ma in questo caso l’ambiguità diventerebbe una contraddizione irricevibile per molti che saranno in piazza sabato pomeriggio.

Inutile, ovviamente, pretendere dagli organizzatori della manifestazione di sabato qualche messa in discussione della subalternità dell’Italia alla Nato, che pure sta dimostrando materialmente la pericolosità dei suoi vincoli e dei suoi automatismi per il nostro paese e le sue relazioni con il resto del mondo. Eppure sta proprio nel ridisegno dei rapporti con la gabbia euroatlantica – che noi decliniamo come rottura – è possibile individuare la necessità per l’Italia di avere una politica estera non allineata e quindi più aperta alla cooperazione internazionale in un mondo avviato velocemente verso la multipolarità.

La divaricazione delle posizioni sulla guerra è leggibile anche nella contrapposizione che attraversa il mondo degli intellettuali, diviso dall’appello pubblicato dal giornale cattolico “Avvenire”, firmato tra gli altri da Massimo Cacciari, Franco Cardini e Marcello Veneziani, secondo il quale la minaccia delle armi nucleari impone lo stop alla guerra, non presuppone il ritiro dell’occupante e prevede il riconoscimento delle istanze della Russia in sede di negoziato, compresa l’istituzione di organismi misti russo-ucraini per lo sfruttamento delle risorse dei territori contesi.

Apertamente contrapposto a questo, è stato reso pubblico un altro appello dal sapore guerrafondaio, promosso da Micromega e sottoscritto tra gli altri da Paolo Flores d’Arcais, Dacia Maraini, Maurizio De Giovanni e Erri De Luca, secondo il quale “pace vuol dire il ritiro dell’aggressore entro i suoi confini, ogni altra soluzione sarebbe un premio a chi la pace l’ha violata”.

Ne deriva che dentro la manifestazione per la pace del 5 novembre agiranno posizioni politiche sulla guerra molto diverse tra loro e che faranno bene a palesarsi come tali.

Una divaricazione che viene colta significativamente da “un giornale di riferimento” di molti di quelli che saranno in piazza. La Repubblica infatti sottolinea che: “In tutte le storiche manifestazioni pacifiste ci sono sempre due stati due filoni culturali di base: quello nonviolento e quello antimperialista. Non mancano neanche in questa occasione, ma con ulteriori diversificazioni all’interno di ciascuno e con una inquietante domanda: qual è l’imperialismo nel mirino, quello russo o quello americano? Alcune delle forze che manifesteranno addebitano a Usa, Nato e Ucraina la responsabilità principale della prosecuzione del conflitto.

Un esempio minore ma lampante: Unione popolare, il cartello che alle Politiche era guidato dall’ex pm Luigi de Magistris e che comprende Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e altre forze minori, ha completamente espunto dall’appello la parte di solidarietà e appoggio al popolo ucraino, sostituendolo con questo passaggio: “Più armi, più distruzioni, più morti non sono la soluzione“.

L’Unione Popolare sabato sarà in piazza e parteciperà alla manifestazione dando appuntamento alle ore 13.00 in Piazza Esquilino a chi ha una posizione antiguerra e anti-Nato più definita.

Sabato 5 novembre in piazza per la pace e contro la guerra ci saranno dunque motivazioni assai diversificate. Come spiegato nelle settimane scorse anche sul nostro giornale, è un bene che la gente si opponga al coinvolgimento dell’Italia nella guerra arrivando a tale conclusione anche da strade e con ragionamenti diversi dal nostro, ma va definito nettamente un perimetro politico dentro al quale non può esserci inclusione per chi, con atti materiali in Parlamento, nel governo e nella società, agisce per la prosecuzione della guerra, l’invio delle armi all’Ucraina e il rigetto di ogni negoziato che non sia solo sanzione di vittorie o sconfitte militari.

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11 Commenti


  • Sergio

    È vero, ci sono forti ambiguità. La “paura” di una grande manifestazione contro la guerra, poiché non è possibile evitare, ha fatto correre i guerrafondai in altra direzione: inserirsi nel movimento (per deviarlo) e nelle sue contraddizioni (che ci sono in un ampio movimento “popolare”). Sbagliato sarebbe uscirne e lasciare il campo. Serve marcare la nostra opposizione alla guerra e la parola d’ordine dello stop all’invio di armi è sacrosanta. Anche un sonoro fischio (non andrei oltre) ci sta quando, o se, sfilano i guerrafondai infiltrati del pd …e i falsi sinistri intellettuali che prima si tolgono da sopra le nostre spalle meglio è.



    • Redazione Roma

      Caro compagno Malinconico, i puntini sulle i, non sono ostativi ad una ampia mobiitazione popolare per la pace, ma vanno messi. Servono per le incombenze di oggi e quelle di domani. Un caro saluto


  • Giancarlo Staffo

    Ma per ora sono i finti pacifisti ad avere l’egemonia… Che Fare per sprzzarlla? Non poniamo limiti alla fantasia creativa, altriimenti…..


  • pierluigi

    finalmente qualcuno nomina l’appello che è apparso sul Fatto di intellettuali che hanno messo i puntini sulle i per fermare la guerra in Ucraina e che non è altro un punto di partenza per….e mi sarei aspettato che UNIONE POPOLARE ne prendesse in considerazione i punti tutti politici e invece niente(chiaro che vorrei essere smentito) tanto più che ieri sera Santoro ha rilanciato….contro i guerrafondai Gruber e Mieli,invece abbiamo sentito solo il “compagno”berlusconi riproporre il tavolo di Minsk(Mediolanum banca trae profitti dal gas russo che proviene dal tagikistan…);se UPnon si muove in senso politico sarà il solito crocchio di singoli orti che non fanno un campo


  • Francesco

    La guerra è un irrazionale crimine (maggior parte vittime innocenti, 30*100 bambini) distruttivo;
    Chiunque usa la guerra è un criminale;
    Il livello di criminalità è proporzionale alle spese militari; Il globale neoliberismo ha la necessità della guerra e produce spaventose conseguenze sociali;
    È ingenuo tentare di curare queste metastasi e bisogna intervenire sul tumore principale togliendo ai pochi bulli del pianeta il citato mortale giocattolo della guerra..
    Un grande Paese (l’Italia potrebbe essere un candidato ideale) dovrebbe lanciare la sfida del disarmo (peraltro realizzato dal 48 nella Costarica) recependo l’appello del manifesto “Russel-Einstein”; L’alternativa a questa prospettiva è la morte (più o meno lenta).
    W LA VITA!!!
    Francesco


  • Bruno

    Le tesi non sono poi così lontane.


  • Fabio Panella

    perché “rincorrere” tutti che la dicano e la contano solo tramite i social media ma difficilmente si ritrovano tra la gente? È importante che UNIONE POPOLARE dia il proprio contributo senza che facciano un passo indietro a quello che li contraddistingue. e non li omologa in questa manifestazione tra tante contraddizioni volute per annacquare quello che la maggioranza degli italiani esprimono.


  • Istriano

    Bravi, bravissimi! Ci siamo ancora….quelli che resistiamo!


  • Massimo Di Bartolomeo

    Devo riconoscere alla Rete dei Comunisti qualche riserva su questa manifestazione. Io prendo atto che tra le parole d’ordine c’è la condanna della Russia, la solidarietà con la “resistenza” ucraina, quindi con Zelensky, nessunissimo riferimento alla Nato e agli Usa, e nessun riferimento alla fine del sostegno militare. Ragion per cui si è sentito in diritto di essere alla manifestazione il più infame guerrafondaio del panorama politico italiano, tale Enrico Letta, assieme all’organizzatore di questa cosa Giuseppe Conte che si è dichiarato atlantista europeista e che ha votato tutte le sanzioni contro la Russia e tutti gli invii di armi a Zelensky. Era il caso che gente seria come voi, come il PCI di Alboresi si trovasse in una manifestazione che non è nemmeno equidistante e quindi non diversissima da quella di Calenda ? Io compagno da sempre e con 68 anni sulla groppa ho ancora la schiena dritta.e non mi sono prestato a questa miserabile messinscena.


  • Marcos

    Leggere l’articolo La Russia e la ricerca… aiuta a ridurre l’ambiguità tra gli stessi comunisti.La Russia è stata vittima dell’aggressione degli Stati Uniti e dell’Europa da quando Putin cerca di ristabilire la sovranità della Russia. L’aggressione inizia con l’espansione della NATO. Il colpo di stato in Ucraina fu un punto di svolta in quanto portò al potere i nazisti e insediò un governo fantoccio in Ucraina. La resistenza al colpo di stato è stata repressa con molta violenza. La Russia ha accettato gli accordi di Minsk, che offrivano una possibilità di pace, ma gli Stati Uniti ei suoi vassalli europei hanno rifiutato. Di fronte all’imminente massacro che attendeva le regioni orientali dell’Ucraina, la cosiddetta Nuova Russia, non c’era altra alternativa che la Russia lanciasse l’operazione di difesa di questa regione e alimentasse la speranza che il governo criminale di Kiev venisse sconfitto. Ciò non è avvenuto grazie all’intervento sempre più diretto della NATO (armi, denaro, mercenari, ecc.). Quindi, penso, non c’è dubbio che la posizione dei comunisti russi e ucraini dovrebbe essere seguita. La Russia non è l’aggressore, ma quella attaccata dall’imperialismo. La guerra costringerà Putin a prendere misure progressive e antimperialistiche. Rileggere Lenin aiuta anche a disfare le ambiguità e la confusione con la posizine di certi intellettuali di “sinistra” e liberali sará sciolta.
    saluti (del Brasile)

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