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Il “golpe Borghese” secondo Stefano Massini, che dimentica l'”atlantismo”

Venerdì sera, zapping. Mi fermo su La7. A Piazza Pulita, Stefano Massini – accreditato scrittore e uomo di teatro – ci racconta del Golpe Borghese dell’8 dicembre 1970 e delle sue ramificazioni.

Lo fa alla maniera tipica dell’intellettuale italiano: superficialmente e abbracciando tutte le più stantie dinamiche dell’ideologia liberal-vittimista di sinistra.

Dove per ideologia, qui s’intende la tesi secondo cui il golpe nacque esclusivamente in seno alla destra neofascista.

Brutta sporca e cattiva – certo – ma a quell’epoca fattasi diligentemente e generosamente manovalanza del Capitale e dei suoi comitati d’affari interni alla borghesia e alla governance “democratica”

Una mezza messa insomma, cantata con evidenti allusioni all’attuale fase politica.

Mai un accenno, infatti, il buon Massini fa al blocco di potere democristiano e atlantista che governava, in quegli anni, un”Italia a “sovranità limitata”.

Limitazione che vige ancor oggi, per la verità, e anche in forme più evidenti!

Ordunque, il divulgatore Massini, giunto sul finale della sua narrazione, ci informava, correttamente, che il Golpe dell’Immacolata – già in via di realizzazione, se si pensa che erano state prese armi e caserme, tra cui il ministero dell’Interno (con evidenti complicità negli alti gradi della Polizia) – venne, improvvisamente e in modo del tutto inatteso, fermato da un contrordine giunto non si è mai scoperto da dove.

Prosegue Massini, e ci racconta che, in seguito, scoperto il tentativo eversivo (come se il ministero dell’Interno potesse  ignorare d’essere stato momentaneamente “conquistato”), cominciarono le necessarie “indagini” per scoprire organizzatori e responsabili.

Molti dei quali, com’è notoa partire proprio dal Principe Nero Junio Valerio Borghese, principale imputato e coordinatore del tentativo di colpo di Stato furono fatti fuggire all’estero o, se processati, vennero “doverosamente” assolti.

Il tutto, grazie all’immancabile intervento di ampi settori dello Stato e dei Servizi Segreti.

Ma è a questo punto, che la narrazione di Massini mostra tutta la sua ideologica inconsistenza; indotta forse, ma certamente asservita ai più volgari diktat della cultura mainstream e alle esigenze del pensiero dominante, reazionario, postmoderno.

Massini, infatti, innanzitutto allude alle solite macchinazioni di “pezzi deviati” dello Stato e dei Servizi.

Vorrei ricordare, a tal segno, che lo Stato borghese è unico e organico nelle sue pur complesse diramazioni e articolazioni. Con i Servizi (costruiti in relazione diretta e subordinata con quelli Nato) che rispondono alla sua ferrea ideologia: quella del mantenimento del Potere.

Basti pensare che il Pci, per quarant’anni all’opposizione, quando si “fece Stato”, per distruggere il movimento rivoluzionario comunista nato alla sua sinistra, si alleò con il piduista Dalla Chiesa, Generale dei Carabinieri.

Mentre Berlinguer parlava non solo con la Dc ma anche col missino Almirante, per supervisionare l’esplosiva situazione sociale.

Hic manebimus optime, verrebbe da dire. Ma gli andò male!

Massini però si spinge oltre. E nel suo racconto chiama in causa Mino Pecorelli, direttore della rivista Osservatorio Politico (OP).

Pecorelli – per il cui omicidio sono stati tirati in ballo mafia, camorra, banda della Magliana, br, neofascisti, vaticano, Moro, il suo memoriale, Andreotti e tutto l’armamentario dietrologico e cospirazionista italico – nella sua (di Massini) personale narrazione dei fatti, diventa un onesto e integerrimo giornalista, vittima degli eventi e dei poteri occulti.

Che sarebbe stato insomma tutto “proteso alla ricerca della verità sul Golpe” e, perciò stesso, ucciso, nel 1979, ad un passo da fondamentali “rivelazioni”.

A parte la totale infondatezza storica della tesi riportata, Pecorelli, in realtà, fu uomo organico ai Servizi Segreti.

Le sue fonti erano personaggi come il capitano Labruna, o i generali Miceli e Maletti del Sid.

La sua rivista Op era un capolavoro di disinformazione funzionale ai segreti di Stato e alle guerre intestine in atto tra gli stessi apparati politico-militari.

Le sue pubblicazioni e veline servivano a insabbiare, depistare, sviare, ricattare (quasi sempre). Non certo ad “informare”.

Insomma, era esattamente uno degli ingranaggi di quel potere statale, terrorista e stragista, che insanguinò l’Italia tra gli anni ’70 e ’80.

Ecco, mi chiedo come si possa essere tanto sciatti e antistorici come Massini.

Ingenuità, incapacità, malafede, servilismo? Forse un po’ tutto questo.

Perché in questo meraviglioso Paese, l'”intellettuale mediatizzato” ormai o è servo o utile idiota. Meglio se entrambi…

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4 Commenti


  • Danilo Franzoni

    Vuoi vedere che adesso Bruno Vespa la dice meglio lui, a proposito di questo Golpe stroncato, nel suo libro il cuore e la spada?
    Mah….
    Il mondo incomincia a girare in modo stranisssssimo!
    Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio!


  • ANNA

    Penso malafede e servilismo. Gli elementi per documentarsi seriamente non mancano, quella che manca è la volontà (e l’onestà, ovviamente)


  • Pantera

    La mistificazione della storia come regola per le narrazioni della Reazione.
    Ma per non farsi ridere dietro “Signifer, statue signum, HIC MANEBIMUS OPTIME”… “Pianta qui l’insegna, signifer, qui staremo benissimo”.
    Così pare, per come riporta l’aneddoto Livio, ordinò nella sua lingua quel centurione al suo alfiere.
    Oppure si potrebbe scrivere e dire “hic stabimus optime”, ma ” stamibus” proprio … nun nse pò legge nè sentì.


  • Morvillo Vincenzo

    Cara Pantera, avendo studiato latino e greco al classico e all’Università conosco molto bene la frase di Livio. Ma purtroppo, scrivendo gli articoli al cellulare è facile che scappi un errore di digitazione. Cose che a lei evidentemente non capiteranno mai. Non ho dubbi. È veramente divertente ossercare la cretineria di gente come lei che non perde occasione per far sfoggio della propria inutile pedanteria. Grazie comunque per il significativo rilievo🤣. Stia bene

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