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Zona rossa in Val Seriana: trasporti eccezionali richiesti anche a marzo 2020, l’economia non si fermò

Che le responsabilità della mancata zona rossa in bassa Valle Seriana nel febbraio/marzo 2020 siano trasversali sia a livello regionale che governativo, è evidente. Non da oggi, va precisato: chi vive in Val Seriana e in provincia di Bergamo ha da subito assistito al rimpallo di responsabilità tra Regione Lombardia e l’allora governo Conte. Una mancata decisione che costò dai 2000 ai 4000 morti, come scritto nella perizia del consulente della Procura di Bergamo (dove si indaga da oltre due anni e mezzo) Andrea Crisanti. E i cittadini, così come i giornalisti, hanno sempre chiesto chiarimenti a riguardo tramandando la memoria di quei giorni cruciali e portando alla luce documenti inediti importantissimi.

Giorni cruciali per non decidere: il preambolo della strage bergamasca

Ripercorrendo quei giorni cruciali, cercando di fare sintesi, sappiamo che il 23 febbraio 2020 vennero accertati i primi contagi all’ospedale di Alzano Lombardo e contemporaneamente anche al Papa Giovanni di Bergamo. Il giorno successivo l’emergenza riguardava già anche l’ospedale di Seriate, alle porte della città ed all’imbocco della Valle Seriana.

Accade qualcosa? No, né in Val Seriana né a Bergamo dove il sindaco Giorgio Gori, seguendo la linea del PD, invitata ad uscire e fare aperitivi. Non accadde nulla almeno fino al 9 marzo 2020 quando Giuseppe Conte istituì la prima zona arancione rinforzata in tutta la Lombardia di fatto non chiudendo però le attività produttive (chiuse con i Codici Ateco solo il 23 marzo 2020) e nemmeno le vie di comunicazione.

Fu lo stesso Conte a non firmare il Decreto che doveva chiudere i due comuni della bassa Valle Seriana il 5 marzo, contrariamente alle indicazione del CTS che il 3 marzo aveva indicato come fosse opportuno isolare quel focolaio ormai fuori controllo.

E prima? La settimana precedente i dati allarmanti del contagio vennero condivisi da Regione Lombardia proprio con il Governo nell’email in cui Attilio Fontana (che tanto ha fatto parlare in questi giorni) chiedeva il mantenimento della zona gialla.

Era il 27 febbraio 2020, giorno in cui Regione Lombardia ricevette le proiezione del matematico Stefano Merler, della Fondazione di Trento Bruno Kessler, nei quali veniva comunicato che l’R0, cioè l’indice di trasmissione, in Lombardia era superiore a 2 e in provincia di Bergamo aveva un potenziale fino a 3.17, prospettando un’evoluzione catastrofica.

Sempre il 27 febbraio 2020, ATS Bergamo, legata a Regione Lombardia, diffondeva un comunicato in cui si sottolinea “Nessuna zona rossa in Lombardia, basta titoli fuorvianti”.

Così scriveva infatti Massimo Giupponi, Direttore Generale ATS Bergamo: “Vi confermo che i titoli di stampa che riportano la possibile istituzione di una zona rossa nell’area di Alzano sono fuorvianti in quanto vi confermo che ad oggi NON È PREVISTA NESSUNA ISTITUZIONE DI ZONA ROSSA SUL TERRITORIO BERGAMASCO (maiuscolo nel comunicato originale, ndr.). La frase dell’Assessore Gallera è riferita al fatto che Regione Lombardia sta monitorando tutte le aree più interessate dal fenomeno Coronavirus”.

Nessuno dunque gridò al lupo al lupo, dando un allarme di un pericolo purtroppo esistente e concreto, nessuno almeno tra chi aveva l’obbligo giuridico di tutelare la salute pubblica.

Così le aziende non si fermarono mai. Se non a partire dalla vera prima istituzione della zona rossa del 23 marzo 2020, anche se tante continuarono a lavorare con deroghe prefettizie.

L’economia non si fermò: trasporti eccezionali chiesti anche a marzo, tra cui l’elicottero per Luna rossa

A confermare la cronaca che abbiamo raccontato in quei giorni con operai a cui veniva detto che sarebbero rimasti a casa dall’oggi al domani in vista della zona rossa, e con riferimenti a riunioni tra Confindustria e le forze politiche, sono i dati raccolti dall’avvocato dei familiari delle vittime Consuelo Locati che nell’estate 2022 ha fatto un accesso agli atti alla Polizia Locale dell’Unione insieme sul Serio, che ha competenza in alcuni comuni della media e bassa Valle Seriana tra cui Nembro e Villa di Serio (comune confinante con Alzano Lombardo).

Locati ha ottenuto, grazie alla fattiva collaborazione del Comandante, le richieste di transito – nei comuni citati – di trasporti eccezionali che, tra fine febbraio e nel mese di marzo furono 8: 7 a Nembro e 1 a Villa di Serio. Tali richieste vengono solo protocollate dall’Unione, che non può decidere in merito, e sono state ottenute nel dettaglio sempre dalla Locati con richiesta ai Comuni. Tali documenti, in possesso della nostra redazione, sono sostanzialmente i nullaosta al transito concessi dai comuni per periodi che vanno da un paio di mesi, a anche 10 mesi. A dare l’ok definitivo è la Provincia di Bergamo. Tra queste richieste ce n’è una che ha dato adito a tante ipotesi da quasi tre anni a questa parte: è quella datata 09 marzo 2020 con protocollo alla Polizia Locale dell’Unione numero 1248 riguardante la richiesta della ditta Persico Marine Srl per il trasferimento di un catamarano con elicottero da Nembro a La Spezia. “Come Unione – scrive il Comandante Marco Moro – abbiamo solo il protocollo in entrata in quanto a tale protocollo non risulta alcun riscontro in uscita”.

Parte della comunicazione della Polizia Locale all’avvocato Locati

Alla luce di tale richiesta, che ha fatto tanto parlare la stampa e la cittadinanza che si chiedono se e come la produzione di Luna Rossa dall’azienda leader mondiale abbia avuto a che fare con l’ostruzionismo alla zona rossa, abbiamo chiesto conto a Persico Marine Srl, e ve ne daremo conto appena otterremo risposta.

Quello che dunque emerge in maniera inconfutabile è che l’economia in Val Seriana, il focolaio di Covid19 più micidiale al mondo, non si è mai fermata: né a marzo, quando con la chiusura tempestiva di Nembro e Alzano si sarebbero potuti evitare migliaia di morti, né ad aprile, quando tutta l’Italia era in zona rossa ma, nella sola provincia di Bergamo, vennero chieste 2255 deroghe prefettizie (Francesca Nava, Il Focolaio).

Quanto pesarono le pressioni del comparto industriale è ormai evidente anche se probabilmente ciò non avrà un risvolto processuale.

Lo stesso Presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti il 9 aprile 2020 dichiarava al Fatto Quotidiano: “Nelle riunioni che abbiamo avuto con cadenza quasi quotidiana tra fine febbraio e i primi giorni di marzo, anche in sede di Patto di sviluppo con artigiani, commercianti, lega delle cooperative e sindacati, la Regione è sempre stata d’accordo con noi nel non ritenere utile, ma anzi dannosa, una eventuale zona rossa sul modello Codogno per chiudere i comuni di Alzano e Nembro”.

Ora si attendono dalla Procura di Bergamo, che sta chiuderà con certezza entro fine anno la maxi inchiesta che tratta anche la mancata zona rossa, le risposte sulle responsabilità che sono da individuare a livello politico e tecnico.

Ormai è acclarato – commenta Consuelo Locati – che ci siano responsabilità politiche e che queste siano responsabilità civili, le stesse che abbiamo contestato davanti al tribunale di Roma nell’interesse di oltre 630 familiari delle vittime provenienti da tutta Italia. La politica deve pagare per le omissioni e le violazioni di legge, nazionale e sovranazionale, che non possono più essere contestate proprio dalla politica sia a fronte della documentazione che abbiamo trovato in questi anni, nonostante l’omertà ed il tentativo di nascondere tutto sotto il tappeto anche dell’oblio, sia a fronte delle loro stesse dichiarazioni”.

Tutti sapevano ma nessuno ne lasciò traccia

E mentre ci si attendono le risposte, è proprio tornando nei due comuni al centro della questione che la risposta risulta più sconvolgente: non esistono infatti documenti relativi alla zona rossa agli atti, né del Comune di Alzano (come ottenuto nel 2020 da una richiesta della minoranza Alzano Viva), né – sappiamo oggi – protocollati alla Polizia Locale dell’Unione, cioè inerenti a Nembro e ai comuni limitrofi. Così scrive infatti il Comandante Marco Moro: “Si comunica che agli atti dell’Unione non risulta nulla in merito all’istituzione della zona rossa nei territori di riferimento”.

Possibile che, con i militari alle porte di Bergamo a inizio marzo, (su cui è calata la censura sotto il diktat della ragione di sicurezza per lo stato) non ci sia stata alcuna informativa ai Comuni e alle forze dell’ordine?

Nessuna comunicazione ufficiale infatti c’è stata tra Governo, Regione, Prefettura, Provincia, ospedali e comuni su quella che era data per una misura certa. Come se la zona rossa non riguardasse questi territori.

Viene da pensare che nessuno ne lasciò coscientemente traccia perché consapevole del fatto che le responsabilità della mancata decisione sarebbero pesate migliaia di morti: ciò che di fatto è accaduto.

* da ValSerianaNews

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1 Commento


  • Mauro

    Migliaia di morti e nessuna dico nessuna autopsia…Strano…

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