Dopo che il ministro dell’Istruzione e del “merito” Giuseppe Valditara ha deciso di riportare per i maturandi di quest’anno l’esame di Stato alla forma in cui era prima della pandemia, è necessario un ragionamento sulla nuova (anzi, vecchia, per meglio dire) Maturità, per costruire un’opposizione consapevole e conflittuale ai piani ulteriormente regressivi di questo governo sulla scuola, e non solo.
Problemi nuovi ed esami vecchi
L’esame si compone di tre prove: la prima è lo scritto d’italiano, la seconda è la prova con le materie d’indirizzo e la terza è la prova orale. Nei licei la seconda prova comprenderà: Latino al classico; Matematica allo scientifico; Lingua straniera 1 al linguistico; Discipline progettuali d’indirizzo agli artistici e Scienze umane per l’indirizzo scienze umane.
Negli istituti tecnici, invece, le materie saranno: Economia aziendale per i tecnici commerciali; Turismo per il turistico; Disegno, progettazione e organizzazione industriale per l’indirizzo meccanico, meccatronico e energia; Navigazione, struttura, costruzione del mezzo per l’indirizzo trasporti e logistica (nautici e aeronautici); Elettronica, Elettrotecnica, Informatica e Telecomunicazioni per i rispettivi indirizzi; Progettazione per il grafico; Tecnologie chimiche industriali per il chimico; Produzioni vegetali per l’agrario e Progettazione per l’indirizzo moda.
Negli istituti professionali invece le materie sono: Scienza dell’alimentazione per l’alberghiero; Economia agraria per l’indirizzo servizi per l’agricoltura; Tecniche dei servizi commerciali per l’indirizzo servizi commerciali; Tecnologie installazione e manutenzione per l’indirizzo manutenzione e assistenza; Igiene per il sociosanitario.
Ogni prova può valere un massimo di 20 punti a testa, necessari per decretare il voto finale complessivo che può essere massimo di 100 e per cui viene tenuto in conto anche il famigerato credito scolastico (che si calcola con la media dei voti della pagella di fine anno di ognuno degli ultimi 3 anni), che vale massimo 40 punti.
La commissione torna mista, indicata dal MIUR, con 3 membri interni e 3 esterni a cui si aggiunge il presidente esterno. Le Invalsi per la prima volta diventano necessarie – cioè obbligatorie – per poter accedere all’esame.
Sulle modalità dell’orale, sebbene non sarà requisito necessario completare le ore di alternanza per essere ammessi all’esame, sarà comunque oggetto di relazione dello studente durante l’orale.
Sempre nella terza prova si terrà conto del Curriculum dello Studente, il famigerato documento che ogni studente ha e che contiene le informazioni relative al percorso scolastico, le certificazioni conseguite e le attività extrascolastiche svolte nel corso degli anni.
Una sorta di carta d’identità per permettere alle aziende di selezionare meglio la propria manodopera, uno strumento che divarica pesantemente le differenze all’interno di questa scuola, sempre meno ascensore sociale e sempre più gabbia.
È utile ricordare che nel 2020 è stata fatta soltanto la prova orale, idem nel 2021 con una maxi-prova orale con commissione interna e un presidente esterno, mentre lo scorso anno sono tornate le 3 prove ma con solo la prova d’italiano scelta a livello nazionale dal MIUR (mentre quest’anno lo è anche la seconda, l’altro anno scelta dal singolo istituto) e con una commissione interna e il solo presidente come membro esterno.
Lungi dall’essere esami perfetti, anzi tutt’altro (sono facilmente reperibili online le critiche e mobilitazioni di OSA degli scorsi anni), quantomeno questi avevano come elemento in comune quello di dover tenere conto della drammatica situazione degli studenti, non in chiave rivoluzionaria o “di sinistra” ma in quanto elemento con cui si sapeva che si doveva mediare.
Ecco, oggi quest’elemento scompare completamente dal dibattito e dall’impostazione dell’esame.
Con un colpo di spugna il governo ha cancellato tre anni di pandemia che i maturandi di quest’anno hanno vissuto senza sconti, fra Dad, chiusure e aperture, didattica mista etc. in particolare nel secondo e terzo anno di scuola, cioè nell’ultimo anno di biennio (in cui si formano le basi del proprio indirizzo) e nel primo del triennio, in cui si comincia la parte “specialistica” del proprio indirizzo.
Parliamo di un momento delicatissimo in cui gli studenti hanno vissuto non solo la pandemia e la Dad, ma anche i mali atavici della scuola italiana, dalla mancanza di organico e continuità scolastica alla chiusura dei laboratori e all’assenza di materiali per quest’ultimi, dalle classi pollaio ai problemi di edilizia scolastica e via dicendo.
A tutto questo si somma la crisi generazionale e l’aumento di problemi psicologici fra noi studenti. E non parliamo anche della crisi economica e del carovita e di tutte le conseguenze nocive che questi hanno sul diritto allo studio. Come è possibile non tener conto di tutto ciò?
Maturità insostenibile per i tecnici
Il fatto che la seconda prova scritta, quella d’indirizzo, venga decisa a livello nazionale rende la situazione piuttosto problematica e potenzialmente insostenibile, nel senso che agli studenti di questi istituti viene chiesto di eseguire esercizi specifici, sulle competenze specifiche (moduli, sistemi, etc.), insostenibili da svolgere se non ci si è arrivati col programma con la propria classe.
Se ad esempio al classico viene richiesta una versione di latino di un autore particolarmente difficile e non svolto, sicuramente questo creerà problemi agli studenti ma comunque sia si tratta della stessa competenza richiesta (la traduzione), stesse regole, stessa grammatica etc. su cui gli studenti hanno avuto modo di esercitarsi.
Se in un istituto tecnico chimico invece appare un problema su impianto di estrazione o di sintesi oppure in un tecnico economico viene richiesto il budget degli investimenti fissi e non ci si è arrivati col programma, non si è studiato, non si sono imparate le formule, svolgere l’esercizio non rischia di essere solo più difficile ma addirittura impossibile. Ognuno tragga le proprie conseguenze…
Maturità, esclusione, scuola-gabbia
L’esame di Stato di quest’anno conferma la tendenza al blackout pedagogico globale (nei termini in cui l’ha descritta il pedagogista Luis Molina), l’involuzione regressiva/reazionaria attuata da questo governo e il carattere classista ed escludente del nostro modello scolastico.
Ad emergere è la questione dell’esclusione: per come è strutturata, a questa maturità andrà meglio chi potrà permettersi le ripetizioni, chi frequenta le scuole migliori con più fondi e organico stabile, chi dispone di strumenti culturali a casa, insomma chi potrà recuperare le basi perse; e andrà peggio la parte svantaggiata della scuola (gli studenti delle classi popolari, delle periferie, degli istituti di serie B, del Meridione) a cui questo sistema in crisi, questo modello scolastico e questo Stato antisociale negano le possibilità oggettive (oltre che i tempi, e gli spazi) per un recupero delle basi e un’emancipazione.
La scuola si mostra così come odiosa gabbia, riproduttrice della propria condizione di partenza e non più ascensore sociale. Il “merito” non basta più.
Noi: reclamare l’ascensore
Tutto questo va preso estremamente sul serio. Negli scorsi anni le mobilitazioni contro la maturità hanno saputo dare continuità a quelle di ottobre, novembre e dicembre e spezzare l’idea diffusa per cui le manifestazioni siano un rito autunnale, coinvolgendo migliaia e migliaia di studenti oltre a quelli già politicizzati.
È da verificare se quest’anno ci saranno le condizioni, ma fondamentale sarà far capire che il problema non è solo l’esame, il problema è la maturità nella scuola-gabbia. Questi sono i presupposti per l’allargamento a tutti gli studenti e non solo ai maturandi; insomma, per una mobilitazione realmente di massa e con una prospettiva complessiva.
Centrali saranno le rivendicazioni di abolizione dell’alternanza scuola-lavoro, delle Invalsi e del Curriculum dello Studente, non solo dall’esame, ma da tutto il nostro modello formativo in quanto perni di una scuola che ci insegna lo sfruttamento e la morte, che ci tratta come numeri, che è classista ed escludente fino al midollo.
Va aperta una battaglia per il ritorno delle commissioni interne come garanzia per gli studenti, con professori che conoscono meglio ognuno di noi e il percorso della nostra classe.
E va aperto un ragionamento serio sulla seconda prova scritta per gli istituti tecnici, per cui una delega alla singola commissione sembra la scelta più opportuna.
Sono queste due rivendicazioni da affiancare irriducibilmente alla lotta per l’Abolizione dell’Autonomia Scolastica, non intesa come autonomia di azione delle scuole in casi come questi, ma intesa come quel processo di aziendalizzazione delle scuole che da vent’anni a questa parte le ha private di fondi statali, gettate in una competizione che ha fatto emergere istituti di serie A e di serie B e le ha legate alle aziende, stravolto la funzione sociale della formazione.
Insomma, che ci ha portato nella situazione drammatica in cui siamo oggi.
Bisogna lottare per un esame orale che stimoli lo spirito critico degli studenti e l’elaborazione di un loro pensiero autonomo, con profonda attenzione alle nostre necessità pedagogiche oggi.
Queste rivendicazioni devono essere ricondotte alla battaglia contro la scuola gabbia che oggi più che mai si manifesta in questa “Maturità per pochi”, classista ed escludente.
Reclamare l’ascensore sociale, dire che da questa scuola vogliamo uscirne meglio e non peggio, significa partire dall’esame per sollevare il problema del modello di scuola e del sistema sociale in cui viviamo.
Sta a noi costruire l’Alternativa.
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