L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di ieri del DDL sull’Autonomia differenziata segna un salto di qualità concreto mai visto sulla strada della divisione del Paese, della rimessa in causa dei diritti universali uguali per tutti e tutte, dell’esistenza della Repubblica per come è uscita dalla Liberazione e per come è definita nei principi fondamentali della Costituzione.
Dopo anni di discussioni, ipotesi, pre-intese, progetti messi avanti ma mai realizzati, siamo ora di fronte ad un’accelerazione che pone tutte le forze politiche e sindacali che hanno a cuore l’unità della Repubblica e la difesa dei valori costituzionali di fronte ad una nuova responsabilità.
La Meloni e Fratelli d’Italia – la forza politica che, a partire dal suo stesso nome, basa la propria esistenza e il proprio programma su precise rivendicazioni di carattere nazionalistico – hanno abbassato la testa e, pur di mantenere integri gli equilibri del Governo e procedere, con tutti gli alleati, verso il proprio progetto di presidenzialismo – hanno consentito al passaggio del ddl Calderoli, tenendo così fede allo scambio concordato in campagna elettorale.
Da parte sua, il ministro Calderoli ha portato avanti una questione delicatissima – che riguarda l’attribuzione della potestà legislativa esclusiva alle regioni su ben 23 materie, e quindi la violazione palese del principio di uguaglianza tra cittadine e cittadini di questo Paese sulla base del certificato di residenza, e quindi l’aumento esponenziale delle diseguaglianze – in tempi rapidissimi, per tirare la volata al proprio partito – la Lega – alle imminenti elezioni regionali della Lombardia.
Fratelli d’Italia, la Lega, Forza Italia, per calcoli politici elettoralistici e per convinzione, hanno dunque oggi detto chiaramente che intendono andare fino in fondo.
Se qualcuno si illudeva fino a ieri che attraverso il dialogo, facendo leva sulle contraddizioni delle forze di governo, cercando di “limitare i danni”, il governo si potesse fermare, oggi ha la risposta.
E tuttavia, questo governo osa approvare il DDL proprio mentre nel Paese, finalmente, le voci si levano contro l’AD, la gente comincia a prendere coscienza del pericolo – anche se in modo ancora insufficiente – mentre diversi costituzionalisti, esponenti del mondo dell’economia, della cultura, della scienza, dell’arte, del giornalismo lanciano l’allarme.
Benché possa contare sui voti della maggioranza, questo scellerato progetto può essere fermato, ma non certo solo in Parlamento: solo una mobilitazione di massa, che porti in piazza centinaia di migliaia di cittadine e cittadini, può imporre il ritiro di questo DDL, lo stop al governo.
Noi che fin dal 2019 abbiamo lanciato l’allarme, ribadiamo con forza ciò che ci ha portato ad unirci a tante forze associative, politiche e sindacali nel Tavolo NOAD: è responsabilità delle organizzazioni sindacali e politiche, ognuno per la forza che ha e può mettere in campo, unirsi e organizzare questa mobilitazione, fare di tutto per il ritiro del DDL, prima che sia troppo tardi.
Noi ci appelliamo a tutti e tutte: il dibattito che finalmente si è aperto nel Paese crea le condizioni per costruire questa mobilitazione, ma non c’è un minuto da perdere: uniamoci per costruirla, organizziamoci affinché sia la più forte possibile!
Comitati per il ritiro di ogni Autonomia differenziata, 2 febbraio 2023
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Nota. Sorprendentemente oggi, Stefano Bonaccini, dopo aver per quattro anni richiesto a gran voce (unendosi al coro di Zaia e Fontana) autonomia su 16 materie per la propria regione; dopo aver concordato intese sostanzialmente sovrapponibili insieme alle regioni leghiste; dopo aver rifiutato di esaminare in commissione consiliare ER la petizione popolare firmata da 3500 cittadine/i , con la quale si chiedeva il ritiro della pre-intesa; essendo quindi ancora oggi il firmatario di una delle tre preintese già concordate e pur rivendicando tuttora la validità di quelle preintese, si è scoperto improvvisamente contrario, dichiarando il ddl Calderoli: “Irricevibile. Pronti alla mobilitazione”.
Noi diciamo a Stefano Bonaccini: non è tardi per cambiare idea, persino per chiedere scusa, anche per le responsabilità enormi che il PD ha, dalla riforma del Titolo V ad oggi.
Ma dopo quanto è successo oggi in Consiglio dei ministri, non è più il momento delle parole, né si può continuare a parlare di una presunta “altra AD possibile”, la cui evocazione continua non ha fatto altro che contribuire a portarci al punto gravissimo di oggi. L’Ad che abbiamo di fronte è questa, quella di Calderoli: si può solo dire sì o no e organizzarsi di conseguenza. Tertium non datur.
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