Ad una settimana esatta dal “suicidio accademico” avvenuto alla Iulm di Milano, si è chiusa con una conferenza stampa davanti all’ateneo milanese la tre giorni di agitazione universitaria nazionale che ha visto mobilitarsi gli studenti e le studentesse da Torino a Bari, contro un modello di università che ha palesato nel modo più cruento possibile di non essere veicolo di emancipazione sociale e collettiva ma di essere parte integrante di un sistema che schiaccia le giovani generazioni condannandole ad una crisi di prospettive permanente.
Nei numerosi interventi che si sono succeduti nel corso della conferenza stampa, dove hanno preso parola anche alcuni studenti e alcune studentesse della Iulm, è emerso come il fallimento non sia degli studenti ma di un modello di università basato su competizione, arrivismo e meritocrazia, le stesse logiche che permeano l’intera società a partire dalla competizione tra gli atenei fino ad arrivare alla ricerca del profitto ad ogni costo, a dimostrazione che una trasformazione dell’università non può prescindere da una radicale messa in discussione dei paradigmi regressivi su cui si fonda la società intera.
Davanti ad un gesto estremo che non costituisce un caso isolato ma è espressione di un malessere profondo e generalizzato, la risposta non può essere restare in silenzio ma prendere parola e ribaltare il tavolo, organizzandosi collettivamente per rendere questa rabbia un motore di cambiamento per il riscatto di un’intera generazione.
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