Scorrendo il report Ocse nel quale vengono analizzate le cause delle criticità emerse durante la pandemia da Covid 19 e le misure necessarie per evitare che in futuro si ripetano scenari potenzialmente catastrofici, o tali da mettere a dura prova la “comunità globale“, sembra di ripercorrere quanto ripetiamo da sempre.
Tagli continui al finanziamento della sanità pubblica, mancanza di personale sanitario, assenza di sistemi efficaci di prevenzione – in Italia addirittura la spesa per la prevenzione, che si attesta nei paesi Ocse al 2,7% della spesa sanitaria totale, non raggiunge l’1,5% -, la mancanza di una visione complessiva che porti a considerare la spesa sanitaria non un costo ma un investimento, sono le cause dell’impreparazione del sistema sanitario che l’Ocse individua.
Le conseguenze sono state devastanti sia dal punto di vista economico, con una diminuzione del PIL del 4,7%, sia dal punto di vista dell’aspettativa di vita che è diminuita sensibilmente, ed anche per le conseguenze sul personale medico e infermieristico stremato dai carichi di lavoro e dalle precarie condizioni di sicurezza e che, sempre più spesso, decide di lasciare il servizio sanitario pubblico per svolgere l’attività nel privato.
Il peggioramento dei determinanti sociali della salute – livello del reddito, dell’occupazione, delle condizioni di di lavoro e della qualità della vita e dell’ambiente – conseguenza del continuo impoverimento delle classi più deboli e svantaggiate, ha provocato il raddoppio del rischio relativo di morte per chi vive nelle aree socialmente più svantaggiate, anche a causa delle centinaia di migliaia di prestazioni che non sono state effettuate e che, ancora oggi, non si riesce a recuperare. È facile quante e quali conseguenze potrebbe avere il surplus di autonomia richiesto dalle regioni del nord nei confronti di quelle del sud che, oramai stabilmente, compaiono agli ultimi posti nella classifica per l’erogazione dei LEA.
La conclusione che trae l’Ocse dall’analisi di quanto accaduto durante la pandemia è assolutamente chiara e, per certi versi, sorprendente, in quanto proveniente da un organismo che fa del rigore economico e della stabilità dei conti un mantra imprescindibile: occorre ed è essenziale, per potenziare la sanità pubblica, imparare la lezione che il Covid ha impartito e potenziare il personale, aumentare gli investimenti con un finanziamento di almeno l’1,4% annuo – per l’Italia significherebbe investire per la sanità e la salute pubblica circa 25 miliardi all’anno – aumentare il numero dei posti letto, reali e non teorici, di terapia intensiva, rivedere e potenziare i servizi di prevenzione.
Di fatto, la scoperta dell’acqua calda perché sono tutte azioni che USB richiede da prima della pandemia e che continuerà a sollecitare con forza e determinazione, opponendosi al tentativo di cancellare definitivamente il diritto alla salute perché, come ripetiamo da tempo, senza investimenti e assunzioni stabili il servizio sanitario pubblico muore.
Il rapporto Ocse (testo in inglese)
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