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Seppellita dalla Cassazione la trattativa tra Stato e mafia

Il colpo di spugna alla fine è arrivato e la sentenza che condannava uomini dello stato, politici e mafiosi  per la trattativa Stato-mafia del 1993 viene così definitivamente seppellita.

I giudici della Corte di Cassazione hanno infatti annullato senza rinvio la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Palermo il 23 settembre 2021.

Sono stati così definitivamente assolti dalla sesta sezione penale della Corte di Cassazione “per non aver commesso il fatto” gli ex ufficiali del Ros dei Carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, il boss mafioso Leoluca Bagarella e il medico Antonio Cinà.

L’indagine per la trattativa tra Stato e mafia nel 1993 nasce nel 1996, quando il pentito di mafia Giovanni Brusca  (oggi libero), disse di averne sentito parlare da Totò Riina, all’epoca degli attentati mortali a Falcone e Borsellino. Nel frattempo arrivarono le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. Ciancimino junior dichiarò di aver fatto da tramite tra il padre e il Ros dei Carabinieri per giungere ad un “accordo con lo Stato” per fare cessare la strategia stragista di Cosa nostra e arrivare alla consegna dei latitanti.

La prima udienza del processo ebbe luogo il 29 ottobre 2012, nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Sul banco degli imputati cinque membri di Cosa Nostra, cioè Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà, e cinque rappresentanti delle istituzioni, cioè il generale Antonio Subranni, il generale Mario Mori, il colonnello Giuseppe De Donno e l’ex senatore Marcello dell’Utri, per il reato di violenza a Corpo politico, amministrativo o giudiziario. Massimo Ciancimino è invece imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia nei confronti di Giovanni De Gennaro, mentre Nicola Mancino per falsa testimonianza. La posizione dell’ex ministro Calogero Mannino viene invece stralciata. E l’ex politico verrà assolto sia in primo che in secondo grado.

Il verdetto di primo grado vide condannati a 12 anni di carcere, oltre a Dell’Utri, i generali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni e il boss Antonino Cinà; a 28 anni Leoluca Bagarella, la pena più pesante.

Otto anni al colonnello Giuseppe De Donno. Stessa pena per Massimo Ciancimino, accusato di calunnia nei confronti dell’allora capo della polizia Gianni De Gennaro, mentre fu assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Prescrizione per Giovanni Brusca. Assolto l’ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza.

La sentenza d’appello, giunnge il 23 settembre del 2021 e ribalta il verdetto. Dopo tre giorni di camera di consiglio, nell’aula bunker di Palermo, la Corte manda assolto Dell’Utri, “per non avere commesso il fatto” e gli ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, “perche’ il fatto non costituisce reato”. Pena leggermente ridotta a 27 anni al boss Leoluca Bagarella; ma vengono confermati solo i 12 anni al medico mafioso Antonino Cina’, fedelissimo di Bernardo Provenzano.

Il momento più critico del processo fu quando nell’inchiesta finirono anche 4 intercettazioni di telefonate tra l’ex ministro Mancino e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che però venneri distrutte per decisione della Corte Costituzionale. Vennero intercettate varie telefonate tra Loris D’Ambrosio, l’allora consigliere giuridico del presidente Napolitano, e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, telefonate che hanno portato il conflitto istituzionale tra il Quirinale e la Procura di Palermo. Loris D’Ambrosio, ex magistrato e consigliere del Quirinale morì improvvisamente d’infarto nel 2012 dopo aver dichiarato di aver ascoltato “indicibili accordi”.

La cattura dell’ultimo boss della vecchia mafia, Matteo Messina Denaro ormai in fin di vita, si porterà nella tomba anche l’ultimo testimone di quella stagione.

Adesso la Corte di Cassazione non solo ha assolto tutti gli imputati ma ha anche decretato che la Trattativa Stato-mafia non c’è mai stata, quindi inutile parlarne. Ancora una volta la verità giudiziaria stride con la verità storica e politica.

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2 Commenti


  • Giuseppe

    Devo correggere l’ultimo capoverso del tuo intervento. “per non aver commesso il fatto” vuol dire che “il fatto” c’è stato. Ovvero la trattativa Stato-mafia c’è stata. Ma lo Stato si autoassolve da ogni responsabilità penale dalla partecipazione ad essa dei suoi uomini. Ovvero dei carabinieri rinviati a giudizio e in primo grado condannati. Se ci rifletti la fattispecie è ancor più grave. Non si nega il “fatto” ma si assolve ogni responsabilità. Una impunità che stride con il principio dello Stato di diritto e con il principio di legalità sostanziale.


    • Redazione Roma

      E’ scritto nell’articolo di commento alla sentenza del 2021 e al quale si rimanda con un link nell’articolo di oggi: “tutti adesso affermano di dover leggere le motivazioni, ma quelle esposte in aula ieri una cosa la dicono chiaramente: la trattativa Stato-mafia c’è stata ma non è da considerarsi un reato penalmente rilevante”

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