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Dall’Africa al “Mediterraneo allargato” al Pacifico. Sono 40 le missioni militari italiane all’estero

Il Consiglio dei Ministri lo scorso 1 Maggio non ha messo le mani solo sulle questioni del lavoro ma anche sulle missioni militari italiane all’estero.

Oltre a inzeppare di armamenti l’Ucraina e trascinarci dentro una guerra, il governo ha in cantiere il rafforzamento delle missioni militari in alcuni paesi strategici del continente africano, in particolare Libia, Niger e Burkina Faso.

E’ stata infatti istituita una nuova missione – la EU Military Partnership Mission in Niger – dove è già presente un consistente contingente  militare italiano. La EUMPM Niger si aggiunge alla Missione Italiana Bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger (MISIN) dove ufficialmente i militari italiani sono impegnati a “contrastare la minaccia alla stabilità e alla convivenza civile”.

In realtà il contingente militare italiano in Niger, insieme a quelli francese e tedesco, è lì a presidiare le materie prime strategiche di cui il paese (poverissimo) è invece ricco.

Anche in Libia, con la nuova missione europea, l’Italia rafforzerà la propria presenza militare oltre a quella già operativa “a protezione dell’ospedale di Misurata”.. La EU Border Assistance Mission in Libia si somma infatti alla Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia. Il contingente militare italiano è in Libia dal 2017, quando l’allora Governo Gentiloni sottoscrisse un Memorandum con Tripoli, recentemente rinnovato dall’attuale esecutivo.

Il comunicato diffuso dal Consiglio dei Ministri recita che “la strategia di impiego dello strumento militare continua a basarsi sulla tradizionale adesione alle iniziative delle Organizzazioni Internazionali di riferimento per il nostro Paese”. In pratica Nato e Unione Europea, sempre meno l’Onu.

Una prima dimostrazione di tale funzione è l’assunzione del comando italiano della missione militare della Nato in Iraq, dove sono già impegnati circa 610 soldati italiani e 100 veicoli. Una conferma della presenza militare italiana in quello che viene definito come “Mediterraneo allargato” dove l’Italia vuole assumere una leadership crescente.

Ma le ambizioni di un governo guerrafondaio come l’attuale si allargano ancora di più. Tanto da aver assunto impegni militari anche “all’esterno del Mediterraneo allargato” dove “permane l’esigenza di mantenere una presenza navale nell’area indopacifica.

Poche settimane fa il pattugliatore militare Morosini è salpato verso est. Nella prima fase verrà impegnato a supporto dell’ Operazione Agenor che è parte della missione europea nello Stretto di Hormuz. La Morosini poi si sposterà verso l’Indo-Pacifico, dove è previsto che arriverà a toccare Giappone e Corea del Sud. All’operazione della Morosini seguirà l’invio di una formazione che comprenderà la portaerei Cavour un cacciatorpediniere, una fregata e un rifornitore di squadra. Una operazione militare in funzione apertamente anticinese.

L’Italia adesso è praticamente impegnata in oltre 40 missioni militari internazionali.

La newsletter Affari Internazionali ricorda che durante un’audizione parlamentare riguardo le linee programmatiche della Difesa italiana nel 2022, il Ministro Crosetto aveva toccato anche il tema delle missioni internazionali, manifestando l’intenzione di cambiare radicalmente l’approccio nazionale.

Durante la sua audizione, Crosetto aveva messo in guardia rispetto alla necessità di deliberare sulle missioni internazionali in tempi celeri, pena un’insufficiente copertura politica delle missioni sul fronte interno e un’insufficiente credibilità dell’Italia all’estero.

Secondo fonti della Difesa, i militari italiani sono dispiegati in 24 nazioni che spaziano dalla regione Artica e dal Baltico verso sud attraverso il Fianco Est dell’Alleanza, dal Golfo Persico verso Ovest attraverso il Corno d’Africa e il Medio Oriente, il Mediterraneo, il Nord Africa, il Sahel fino al Golfo di Guinea e in Antartide.

Sul Fianco Est – quello oggi più vicino al fronte di guerra – ci sono oltre 1.250 militari italiani in Lettonia, Ungheria e in Bulgaria, in quest’ultima l’Italia ha la lead, con reparti dell’Esercito nell’ambito delle misure di enhanced Forward Presence (eFP) e di enhanced Vigilance Activity (eVA) della NATO. In Romania una Task Force dell’Aeronautica è impegnata con i velivoli EF-2000 “Typhoon” nell’ambito della NATO enhanced Air Policing per la sorveglianza degli spazi aerei aderenti alla NATO.

Sono ormai una netta minoranza le missioni militari all’estero in ambito Onu. La mistificazione del “Peace keeping” è andata a farsi benedire da un pezzo. Possiamo dire che l’Italia guidata da queste classi dirigenti la guerra se la va proprio a cercare, non da oggi ma oggi più di ieri.

 

 

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