La cauzione di 5mila euro che i richiedenti asilo dovrebbero garantire per evitare il trattenimento è stata pensata dal governo italiano come una trappola senza vie d’uscita. Anche per questo rischia di essere bocciata dall’Europa, nonostante l’esecutivo sostenga che sia il recepimento di una direttiva Ue.
Vediamo perché. Il decreto interministeriale Interno-Giustizia-Economia pubblicato venerdì scorso, che dà attuazione alla «legge Cutro», stabilisce che: «La garanzia finanziaria è prestata in un’unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata in conto terzi».
Non basta dunque avere 5mila euro, è necessaria una fideiussione «che deve essere prestata entro il termine in cui sono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico». Al momento non si ha notizia dell’apertura di sportelli bancari o filiali assicurative negli hotspot.
Non solo, se anche ci fossero il richiedente asilo in possesso del denaro o persino di un conto-deposito valido nel circuito internazionale dovrebbe comunque avere un documento di identità valido per stipulare la fideiussione.
Se avesse quel documento, però, la fideiussione sarebbe inutile. Infatti il trattenimento «può essere disposto qualora il richiedente non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, ovvero non presti idonea garanzia finanziaria».
Lo stabilisce l’articolo 6 bis del decreto legislativo 142/2015, cui quello interministeriale dello scorso fine settimana si rifà, che disciplina la detenzione dei richiedenti asilo provenienti dai paesi che l’Italia considera sicuri o di quelli che hanno tentato di eludere i controlli in frontiera.
Cioè i due casi in cui si applica la nuova misura del governo Meloni. Riassumendo: se hai il passaporto non serve la garanzia finanziaria, ma se non ce l’hai non puoi stipulare la fideiussione richiesta. Anche perché il governo ha esplicitamente escluso che questa possa essere versata da terzi.
Appena 24 ore dopo la pubblicazione del decreto interministeriale e l’esplosione del caso la destra ha scaricato tutta la colpa sull’Ue. «È il recepimento di una direttiva europea», ha dichiarato sabato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Lo stesso giorno il presidente del gruppo Fratelli d’Italia al Senato Lucio Malan, rispondendo alle opposizioni, ha scritto su X: «È l’applicazione della direttiva Ue 2013/33/UE articolo 8 comma 4».
Proprio lì bisogna andare a guardare per capire perché l’unica responsabilità di questa misura è del governo. In quel punto la norma tratta le «disposizioni alternative al trattenimento», ma ne prevede tre: «l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato».
Sono stati i ministri italiani, dunque, a scegliere di prevedere solo la possibilità più restrittiva e lontana dagli ordinamenti giuridici diversi da quelli anglosassoni di Common Law (dove esiste la cauzione, ma può anche essere pagata da terzi).
La norma del governo, poi, è estremamente generica e tradisce lo spirito della direttiva europea secondo cui la privazione della libertà personale del richiedente asilo deve essere l’extrema ratio.
Infatti ieri la portavoce della Commissione Anita Hipper ha comunicato che la misura del governo Meloni sarà valutata a livello comunitario. Perché se è vero che il diritto Ue prevede la garanzia finanziaria questa possibilità, ha detto Hipper, deve valere «sulla base di una valutazione individuale» e «superare la verifica di proporzionalità»
«Mi meraviglio che non abbiano neanche il coraggio delle loro scelte e scarichino la responsabilità sulla Commissione – afferma il senatore Pd Antonio Nicita – Il senso della direttiva è stato capovolto perché il governo italiano ha previsto il trattenimento in modo estremamente ampio, mentre la norma Ue stabilisce che si può applicare solo nei casi estremi».
Questa vicenda, in ogni caso, va separata da quella dei Cpr: il contemporaneo aumento del periodo massimo di detenzione a 18 mesi e l’appalto alla Difesa per la costruzione di nuovi centri ha confuso le acque, ma si tratta di questioni distinte.
La cauzione, infatti, riguarda le cosiddette «procedure d’asilo accelerate in frontiera». Queste erano già previste dall’ordinamento italiano, ma il dl Cutro ha introdotto una grossa novità che prima non era contemplata: «la possibilità di trattenere i richiedenti asilo durante questo tipo di iter», spiega Loredana Leo, avvocata dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).
Obiettivo del governo è rinchiudere i richiedenti asilo provenienti dai paesi che l’Italia ritiene sicuri e con cui ha accordi bilaterali di rimpatrio per rispedirli a casa a tempo di record.
* da il manifesto
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Andrea Vannini
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