Entro il prossimo 31 dicembre il decreto che consente l’invio delle armi italiane nella guerra in Ucraina dovrà essere rinnovato o sospeso. La decisione sarà uno spartiacque politico sul coinvolgimento militare dell’Italia nel conflitto in corso.
Non è superfluo sottolineare come la convergenza bipartisan sulla partecipazione del nostro paese allo sforzo bellico della Nato e dell’Ucraina contro la Russia sia un tema “divisivo”, soprattutto tra i partiti dell’opposizione al governo Meloni. Ma non è un tema evitabile, né passibile di essere tenuto sottotraccia in nome di altre priorità.
La guerra e il coinvolgimento del nostro paese nella guerra, sono questioni dirimenti. Sia per le loro conseguenze sul piano della collocazione internazionale dell’Italia (sarebbe ora di rimettere in discussione una obsoleta e controproducente subalternità alla Nato), sia per le pesanti conseguenze economiche e sociali dovute all’economia di guerra che è venuta imponendosi negli ultimi anni.
E’ per questa ragione che una coalizione in via di allargamento di organizzazioni politiche, sociali, pacifiste ha lanciato ai primi di settembre la proposta di una mobilitazione nazionale con manifestazione a Roma per sabato 4 Novembre.
Questa giornata verrà preceduta da un’altra giornata di mobilitazione contro le basi militari convocata per il 21 ottobre a Pisa.
Il senso e l’esigenza di queste mobilitazioni autunnali contro il coinvolgimento dell’Italia nella guerra, verranno discusse domenica 8 ottobre in una assemblea nazionale a Roma al cinema Aquila.
Nato con esigenze diverse ma sostanzialmente sulla stessa priorità, c’è poi l’appello lanciato da Michele Santoro e Raniero La Valle ha chiamato un incontro pubblico il prossimo 30 settembre a Roma.
In sostanza le reticenze e l’inerzia della sinistra parlamentare sulla questione della guerra – sulla quale il governo dovrebbe essere incalzato seriamente e duramente invece di essere lasciato tranquillo – non corrispondono all’esigenza, mai sopita, di uno scatto di dignità nel nostro paese contro ogni complicità dell’Italia nella guerra in Ucraina e l’economia di guerra che sta devastando le condizioni sociali di vita di milioni di persone.
Ma sul 4 Novembre è emerso un altro aspetto che merita di essere denunciato ed affrontato politicamente.
Il Senato, infatti, ad agosto ha approvato a stragrande maggioranza un disegno di legge che prevede il ritorno del 4 Novembre a festa nazionale e non solo come festa delle forze armate. Non è un dettaglio irrilevante.
Il governo della destra mira infatti a fare del 4 Novembre la “vera” festa della nazione, celebrando la vittoria nella Prima Guerra Mondiale e la riconquista di Trento e Trieste. La “Nazione” che ha in testa la destra dunque è quella nata il 4 novembre – ancora con la monarchia – e non quella nata con la Repubblica e la Costituzione ispirate dal 25 Aprile e dalla liberazione dal nazifascismo. Quest’ultima, per la destra, è una “data divisiva”, da sempre detestata e osteggiata e che va via via messa in naftalina, mentre il 4 novembre per i neofascisti dovrebbe diventare la vera Festa della Nazione.
E’ una operazione ideologica decisamente insidiosa che, facendo ridiventare il 4 novembre festa nazionale, agirà soprattutto nelle scuole e nei luoghi della formazione, per permeare così il paese di quel nazionalismo sciovinista e militarista che è il punto identitario del governo Meloni. Nelle scuole, come denunciato dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dalle organizzazioni studentesche – tale processo è in corso già da tempo.
Il contesto di guerra in cui hanno trascinato l’Italia fornisce poi una cornice ideale per veicolare contenuti bellicisti e consenso alle avventure militari contro altri paesi.
Riportare l’opposizione alla guerra nell’agenda politica, mettere fine all’invio di armi e al coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Ucraina, sventare una pericolosa operazione ideologica della destra al governo, appaiono ottimi motivi per costruire una efficace mobilitazione sulla data del 4 Novembre. Al lavoro.
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